Capitolo 35: Trasformazione

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Le lucciole si spensero, ed io ritornai con i piedi per terra. Aprii gli occhi, osservando ancora una volta quel pavimento dorato. Però era cambiato, ora c'era una quinta scena. Ero io avvolta in quella luce, che mi stava trasformando, di nuovo. Svelta mi guardai le mani e le vidi chiare, avvolte da dei polsini in pelle. Toccai il mio corpo e mi resi conto che avevo un'armatura come quella che avevo indossato nel primo combattimento con Obscurity, sulla schiena avevo un portafrecce con armi che sembravano fatte di luce pura, nelle mani avevo una lancia, ancora più leggera di quella del Destino. 

Murray Mah di avvicinò, e mi diede tra le mani un libro ancora chiuso. Le sue cuciture erano bellissime e fatte con un filo d'oro, la copertina era fatta in velluto nero, con inserti in metallo dorato.

«Ecco il tuo grimorio» Mi disse. Lasciai che le mie mani accarezzassero l'esterno, poi aprii il suo cinturino e lo sfogliai pagina dopo pagina. Credevo di scoprire un nuovo mondo, che mi sarebbe appartenuto, ma non vidi nulla. Le pagine bianche erano mute, silenziose, e non raccontavano nulla. Alzai gli occhi verso i Fondatori per poi rivolgerli nuovamente al libro.

«Spetta a te riempirlo. Per la prima volta dopo secoli affidiamo a te piena fiducia. Siamo certi che ne farai buon uso» resami conto dell'importanza della nuova missione chiusi il libro, accennai un sorriso sincero, pieno di gratitudine. Il mio sguardo era ancora sicuro, e pronto ad affrontare nuovi poteri.

«Anche se ti abbiamo celato il tuo passato, esso ti ha temprata, ti ha alleviato a rialzarti, ti ha resa più forte. Addolorati siamo per la perdita di tuo padre, speravamo che non fosse necessario»

«Lui non era mio padre. Un genitore non ti usa, non ti abbandona, non tenta di ucciderti. Un padre avrebbe dovuto proteggermi. E lui non l'ha fatto»

«Ben ci rendiamo conto. Ma mai scordar com'abbiam noi fatto. Serba in mente chi tu sei, e che cosa ti ha così fatta»

«Speriamo che tu possa perdonarci, perdonare l'Agenzia, la Lion. Ma soprattutto speriamo che tu non faccia li nostri stessi errori»

«Ci vorrà del tempo» avrei voluto fare tante domande, dire tante cose. Eppure non potevo. Mi sentivo ancora prostrata dalle ferite, dal dolore, dalla loro presenza. Sentivo che fossero ancora i miei superiori, anche se dei bugiardi, degli egoisti. Ma in fondo loro cosa potevano saperne, loro che erano vissuti sette secoli prima, quando il mondo era diverso, quando le donne erano sottomesse, quando i padri di famiglia potevano scegliere la vita o la morte dei loro figli. Io ero solo una figlia loro, una loro discendente che al momento giusto avrebbero sacrificato. Ero stata una pedina, e lo sarei sempre stata. Eppure avevo creduto ciecamente in quella realtà.

«Noi lo savemo, ma l'ASG sarà sempre qua ad aspettarti, ad accoglierti, perché tu sei parte de questo mondo»

«Ora vai. Noi ti abbiam guardata e guidata verso il tuo destino. Un destino che or puoi scegliere tu. Un destino che or è intrecciato al suo.» detto ciò sparirono in una nuvola di nebbia. Ancora scossa da un tale avvenimento mi avvicinai all'uscita. Poco prima di oltrepassare la porta d'ingresso alzai gli occhi. La frase era cambiata, e ora diceva Homo faber ipsius fortunae. 

Dopodiché procedetti, e al mio passaggio la grotta si sigillò. Il suono fu breve e forte, tanto da farmi spaventare, ma non mi voltai e andai avanti. Poco prima di uscire sentii una voce chiamarmi verso la luce, con tono dolce e soave come quello di un bambino. 

Da lì mi resi conto che non avrei più guardato al passato. 

Avrei guardato il futuro con preoccupazione, dolcezza e sospetto, sperando di non diventare la prossima vittima dell'ASG.

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