Capitolo 15: Domande

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Era, ormai, l'alba quando riuscii a recarmi nella mia camera. Entrai nella stanza e chiusi la porta, tirando un sospiro di sollievo. Ero viva, salva, e, perlomeno, messa meglio del mio collega. Non avevo ancora incontrato gli altri, nella corsa caotica verso la sala medica li avevano bloccati, forse anche sotto comando della Lion. Quanto ero fortunata ad averla come superiore, perché lei, in confronto agli altri, mi rispettava e mi appoggiava.

Mi buttai sul letto esausta e ancora dolorante, pronta a farmi una bella dormita. Sentivo la morbidezza dei cuscini, e l'umidità ancora persistente di quella notte. Mi misi sdraiata sul fianco destro e fissai il muro, ripensando a tutti gli eventi accaduti da quel 19 maggio. Il cuore ancora mi si stringeva al ricordo di Vì, ma l'aver combattuto mi aveva fatto bene. Mi aveva permesso, dopo tanto tempo, di sentirmi più vicina al mio amico, che a lungo aveva servito nell'Agenzia: era come vedere con i suoi stessi occhi.

D'improvviso sentii bussare. Velocemente mi misi seduta, pensando fossero gli altri Guardiani. La maniglia venne tirata giù lentamente, quasi con paura. Io rimasi lì a osservarla per diversi secondi, prima che, da uno spiraglio, sbucasse Lorenzo. Senza fare domande entrò, chiudendo di fretta la porta, facendo, però, attenzione a non sbatterla.

«Gli altri ti stanno cercando, dicono che vogliono parlarti. Ma stai tranquilla, se mi chiedono tu non ci sei, ho la bocca cucita.» disse mentre faceva il segno di chiudersi il becco.

Lo guardai con uno sguardo che avrebbe spaventato persino un leone, poi ritornai stesa nel letto a fissare il muro. Mentre pensavo riuscivo a sentire le urla degli altri due che correvano per il corridoio ansiosi, agitati e impazienti di trovarmi. 

«Stai tranquilla, qua non verranno mai, la Lion ha detto che ti ha dato una stanza dall'altra parte dell'ala, e se non ti troveranno lì diremo che sei scappata.» 

«Cosa ci fai qui? Cosa vuoi?» gli chiesi scocciata della sua presenza, e irritata dalla sua voce. Volevo stare da sola, pensare, ragionare, riflettere e dormire, se possibile.
«Vedere come stai.» rispose con voce decisa. «Allora dimmi, come stai?» continuò con insistenza.
«Di sicuro meglio di Terra» dissi con disinvoltura.

«Sì, ma tu come ti senti? Sei scossa?» insistette lui.

Non aspettai a rispondergli: «Cosa ti potrebbe mai interessare?» scocciata, arrabbiata e dolorante non sopportavo più la sua presenza. Mi girai verso di lui e lo guardai con occhi da leonessa, e labbra tremolanti. Lui alzò le mani verso il suo petto, cambiando atteggiamento.
«Perché mi dici così?» la sua voce da vittima era insopportabile, frustrante. Non ressi. Esternai tutta la rabbia repressa che provavo. Tutti i miei sentimenti uscirono dagli argini come un fiume in piena. Per un attimo il dolore fisico fu superato da quello emotivo e psicologico. Mi alzai velocemente in piedi e mi avvicinai a lui. Sentivo il battito del cuore che accelerava. Era infuocato dal furore. Il mio tono di voce si fece più alto, e minaccioso, stridulo e quasi sibilante. La pelle mi sembrò bollente.

«Perché sei qui? Perché sei loro amico?» 

«Ti sbagli, io non sono loro amico, ma solo alleato.» cercava di difendersi, ancora con quella voce calma, che mi irrigidiva ulteriormente. Gli occhi da cucciolo indifeso, lo rendevano una preda facile.

«Ah sì? Allora ti stanno usando contro di me, come un'inutile pedina sacrificabile.» Fissai i miei occhi sul suo sguardo, e serrai le labbra, aspettando la sua reazione. Mi aspettavo se ne andasse, deluso, senza continuare quel discorso. E invece vidi accendersi il suo volto. Le pupille si dilatarono, e volsero la loro attenzione a me. Con la testa ancora abbassata mi fissava. Inutile dire quanto fossi sorpresa del suo cambiamento.

«Io non sto mentendo, sei tu che ti rifugi dietro una corazza, sperando che il tuo cuore si risani da solo. Ma sai che ti dico? Non succederà mai. E se continui così rimarrai sola, e affogherai nel tuo stesso dolore.» alzò la testa e continuò a guardarmi con quegli occhi. Non sbatteva le palpebre. Il suo tono di voce aumentò di intensità, sorprendendomi. Ci fissammo alcuni secondi, con sguardo di sfida.  

«Quindi sei qui per questo? O per scoprire i miei punti deboli?» chiesi decisa, e sempre più intenda a vincere quell'affronto.

«Non te lo dirò, perché tanto è inutile parlare con te.» le sue parole erano, ormai, rassegnate. Il suo tono si stava calmando. Si diresse verso la porta, pronto ad andarsene. Ma io, stupidamente, non accettai la sua ritirata.

«E io trovo inutile la tua presenza qui. Sei in mezzo a un conflitto, e hai scelto la fazione sbagliata. Più cerchi di nascondere che sei coinvolto in tutto questo, più dimostri di stare mentendo a me e a te stesso.» il corpo mi seguì con un movimento a ogni singola parola. Una lacrima cadde dai miei occhi stanchi, distrutti da quell'onda di sentimenti che mi aveva travolto e mi stava annegando, allora più velocemente di prima. Se chiudevo gli occhi sentivo dei brividi corrermi sulla schiena, la mia mente che si oscurava, mentre il mio sguardo si faceva sempre più iracondo.

«Sei tu che stai mentendo a te stessa, ti stai ripetendo di star facendo le scelte giuste, mentre in realtà fai quelle sbagliate. E non sono loro gli egoisti, ma tu, che, per la tua perdita e il tuo rancore, porterai alla rovina il mondo intero, se non collabori con noi» quelle parole giunsero dritte al cuore, come una freccia, e centrarono il loro bersaglio. Quella ferita in più aumentò il dolore. Vivevo una sconfitta, e, ora, ero io a fuggire. 

Le mani tremarono, così come l'espressione sul mio volto. Distrutta la mia maschera, mi sentivo indifesa, esposta. Tirai un lungo sospiro, pronta a tenere ancora per pochi secondi la mia copertura. Indicai con l'indice la porta, e con gli occhi distrutti, ma ancora decisi sicuri urlai. 

«Io non collaboro con dei bugiardi. Ora vattene, esci dalla mia camera!» Le parole uscirono dalla mia bocca, senza neanche che potessi pensarle. 

Ormai era fatta. 

Lo guardai attentamente mentre usciva, aspettando il momento opportuno per crollare. La porta si chiuse lentamente, e la maniglia ci mise secondi prima di tornare alla sua posizione iniziale. Rimasi alcuni istanti a metabolizzare quanto appena successo. Poi trascinai le gambe verso l'ingresso e, seduta, mi appoggiai lì. Mi presi le ginocchia tra le braccia e, mentre le tenevo strette, scoppiai in lacrime. Mi sembrava di soffocare tra quei singhiozzi. Le labbra erano tremanti, il mio sguardo incerto. 

Me ne stavo lì, ferita all'altra ala, a compiangere la mia vita. 

Reclinai la testa e inzuppai di lacrime le mie bende. Dopo alcuni minuti, ancora in lacrime, mi alzai. Cercavo, inutilmente, conforto in quella parte del mio animo che era morta quel 19 maggio. In preda alla frustrazione, e dalla disperazione, feci un respiro profondo, prima di lanciare un forte urlo acuto e prolungato. Gridai così forte che mi sentii mancare la voce. Mi sentivo liberare da un peso, mentre le mie emozioni esplodevano. Era uno stridio pieno di dolore. Diedi un pugno allo specchio appeso al muro, poi caddi a terra priva di forze. L'oggetto cadde e si distrusse, dividendosi in schegge. Abbassai lo sguardo. Vedevo il mio riflesso tormentato, segmentato, distrutto, come il mio animo. Avvicinai le mani al volto, e mi lasciai andare alla disperazione. 

Quel posto mi stava uccidendo. 

Io stessa mi stavo demolendo dall'interno. Mi stavo riducendo in fumo, come il mio nemico mi stavo lentamente sgretolando nell'aria. Ero ferma sospesa su una corda, costretta a stare in equilibrio, con il vento che mi soffiava contro. Ero ferma in mare, durante una tempesta, mentre le acque mi spingevano verso il fondale. Avevo un fuoco ardente dentro di me, e stava distruggendo ogni fiore del mio giardino. Stavo perdendo il controllo del mio carro, anche se non volevo e non dovevo.

Quel sonno fu accompagnato da incubi, pieni di domande senza risposta: se avessi fatto scelte diverse cosa sarebbe accaduto? 

Vì sarebbe morto? 

Sarei giunta a combattere quella sera? 

Che mistero avvolge la morte di Vento? 

Quell'uomo ne era responsabile? E chi era? Cosa voleva? 

Ma, soprattutto, cosa mi attendeva? In quel momento remavo contro corrente nel mio subconscio, combattendo contro me stessa. 

Volevo solo fuggire, di nuovo.

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