Capitolo 31: Distruzione

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L'aria riecheggiava dei suoni della battaglia, come se gli stessi muri fossero impregnati di tensione. Io mi muovevo velocemente, cercando di evitare gli attacchi del mio nemico. Con un arco teso nelle mani e una faretra piena di frecce sulla schiena, scrutavo con attenzione l'uomo dai capelli bianchi e dal mantello nero che mi sfidava con lo sguardo. Cercavo un modo per raggiungerlo, per ucciderlo. Ma non avevo idee.

Accanto a me Lorenzo si ergeva fiero, con lo scudo saldato al braccio sinistro e la spada nella mano destra. Ci proteggeva dai colpi, mentre io combattevo. Accanto a noi Aqua e Ignis cercavano in tutti i modi di sfruttare i loro elementi per combattere al nostro fianco. Eppure sembrava che tentassero di lottare contro di me. Ogni loro colpo che mancava il bersaglio si riversava sul mio corpo, rallentando i miei movimenti. Obscurity, invece, con rapidissimi movimenti delle mani lanciava dardi affilati come lame, con una precisione letale. Estrassi una freccia che scivolò nell'aria, ormai calda della stanza, sfiorando le punte dei capelli bianchi dell'uomo.

Il frastuono metallico dei colpi echeggiò nell'ambiente, mescolandosi con il suono delle frecce che si scagliavano e delle lame che si scontravano. I due Guardiani, intanto, continuavano a sprigionare i loro poteri, cercando di indebolire l'avversario. Richiamavano l'acqua tentando di rinchiudere il nemico in una bolla, o di intrappolarlo nei rampicanti, ma niente riusciva. Sembrava che non avessimo possibilità di vittoria.

Io presi la mira un'ultima volta, tirando con forza il mio arco e scagliando una freccia verso Obscurity. Ma la mia mira fu, tuttavia, disturbata dagli attacchi avversari, e la freccia conficcandosi nel muro. Percorsi la traiettoria del mio dardo. Gli occhi erano fissi sulla velocità con cui essa attraversava quel luogo, tentando di raggiungere il bersaglio. Lo sguardo, invece era perso, tra pensieri, immagini, ricordi, realtà. Non mi accorsi degli attacchi nemici che, colpendomi, mi ferirono tutto il corpo. 

Caddi a terra. 

Lorenzo si piazzò di fronte a me, per proteggermi, ma non disse nulla. Non c'era alcuna parola, solo sguardi, armi, e il riecheggiare della battaglia. Neppure i grilli cantavano nella natura incontaminata, perché essa era dormiente. L'atmosfera era inquietante, tanto da spaventarmi. I miei sentimenti erano inesistenti in quel momento. Non riuscivo a ragionare. Avevo visto la verità, perdendo ogni mia certezza. Avevo ritenuto che mio padre non fosse responsabile, pensando di aver ritrovato un pilastro a cui appoggiarmi. A cosa dovevo credere? All'Agenzia o a Obscurity, mio padre? Era tutto vero ciò che avevo visto e sentito?

Nel frattempo, Lorenzo si gettò in avanti con la sua spada sguainata, cercando di colpire l'uomo prima che potesse contrattaccare. Ma lui schivò i suoi colpi e rispose scagliando le sue ombre verso di me. Non ebbi il tempo di muovere i miei muscoli. Fui gettata contro un muro e il ragazzo corse da me, coprendomi, ancora una volta, con la sua arma.

«Ginevra, stai bene?» Non risposi. Ero sdraiata a terra e avevo la vista annebbiata. La voce del ragazzo mi giungeva lontana. Non riuscivo a muovermi, così rimasi lì. Dalla mia nuca usciva sangue, ed il pavimento andava macchiandosi. Iniziai a perdere i sensi, mentre il mio respiro si faceva sempre più lento e i pensieri si dileguavano.

Sbattei gli occhi, e vidi Lorenzo gettarsi nel mezzo del combattimento. Non riuscii a parlargli, ad avvertirlo. Poi chiusi gli occhi stanchi, e sentii il rumore della battaglia affievolirsi. Nel silenzio che seguì, svenni, lasciando che il destino della battaglia fosse scritto dal tempo.

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