Capitolo 32: Risveglio

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Mi risvegliai a fatica, scossa e ferita, poi mi misi in ginocchio. Non ricordavo gli ultimi istanti, e mi guardavo attorno confusa. In primo piano vidi del pulviscolo grigio che mi passò davanti posandosi a terra, e sulle mie ciglia. Abbassai lo sguardo. L'oscurità mi stava consumando le braccia e mi stavo trasformando in cenere. Le mani nere si discioglievano nell'aria: era quello che avevo sempre temuto, eppure non era il lutto a uccidermi, ma un mio simile, il mio capostipite. Girai lo sguardo osservando la stanza. Seguii il fiume di sangue che si allargava in grandi pozze sul pavimento. Il rosso vivo sembrava volersi avvicinare a me, e a contatto con esso i miei fiocchi si discioglievano. Non sentivo alcun dolore fisico, ma nel cuore avevo una tempesta. Gli altri Guardiani erano immobili ai lati della stanza, ormai vinti, mentre Lorenzo era lì a fianco a me. Il suo corpo toccava il mio, ma era freddo. Il ragazzo giaceva immobile, ferito gravemente nel tentativo di aiutarmi e salvarmi. 

Era colpa mia. 

Io lo avevo condotto all'Agenzia, io lo avevo tenuto a distanza, lo avevo ignorato, temuto, e in fondo amato come amico. Allora era tardi. Non c'era via di uscita. Non dovevo aspettarmi di essere risparmiata da Obscurity. Lui era fuori controllo, guidato dal giogo della pazzia, consumato dal dolore e dal risentimento. Avrebbe ucciso anche me, sua figlia. Come aveva fatto con sua madre e sua sorella. Come avrebbe fatto con la Lion, mia madre. Quel pensiero continuava ad essere in primo piano nella mia mente. La verità bruciava, faceva male. Portava con sé molte domande. Ma non avevo tempo. Lorenzo era ferito gravemente, e la vita di innocenti era a rischio. Per colpa mia. Perché non riuscivo a reagire? Qualcosa ancora mi frenava dal combattere. Qualcosa di profondo e umano. Qualcosa che era sempre stato lì, sepolto tra gli ingranaggi di quella menzogna. Ma non avevo tempo per i sentimenti: l'amore verso mio padre, la disperazione, e neanche il dolore.   Sapevo che la distruzione avrebbe raggiunto il mio cuore, e gli avrebbe dato il colpo di grazia, che avrebbe fermato per sempre quel battito artificiale che mi aveva tenuto in vita fino ad allora. Con la coda dell'occhio intravedevo i miei capelli spezzarsi e farsi trasportare nell'aria fino ad estinguersi, come una fiamma. A dissiparsi erano anche le mie gambe, e le spalle, ed io sentivo che ben presto la testa avrebbe iniziato a ridursi in polvere. 

Chiamavo il nome di Lorenzo, non avevo quasi voce in gola ma cercavo di destarlo, inutilmente. Ero rimasta sola a lottare. Tutti erano morti a causa mia, anche il ragazzo. Per salvare me si era dimenticato, ancora una volta, di sé stesso. Per offrirmi il suo aiuto si era messo in pericolo, ero io la causa di tutto ciò. Gli occhi mi si riempirono di lacrime, ma non cadevano: si stavano dissolvendo anche loro. I miei occhi non vedevano più nitidamente, intravedevo solo il contorno di Obscurity che mi stava di fronte e mi guardava immobile e impassibile. Stava osservando il mio dolore con un sorriso appena accennato, aspettando che l'unica speranza morisse davanti ai suoi occhi, lasciandolo così vittorioso. Che stupida che ero stata a rendermi così debole, solo per soffrire, perché il lutto, la solitudine, il desiderio di vendetta mi stavano portando alla morte; solo perché non riuscivo a ucciderlo, non allora. Ma cosa era cambiato? Le circostanze, le informazioni: tutto e niente. Ero cambiata solo io, ma la realtà era rimasta immutata. Ed io non mi ero solo autodistrutta, ma avevo portato con me un ragazzo innocente, una stirpe, il mondo intero.

Spalancai la bocca così tanto che sentii la pelle tirare, e lanciai un ultimo acutissimo grido di dolore. La voce usciva appena, e quasi mi si fermava in gola. Intanto il volto di Obscurity era sempre più tranquillo, e il sorriso si faceva sempre più largo, mentre io continuavo a piangere. Chiusi gli occhi e mi rassegnai. 

D'un tratto, però, sentii un rumore leggero sul pavimento, abbassai lo sguardo e vidi una goccia, una lacrima. Continuavo a piangere ma ora riuscivo a sentire qualcosa scorrere sul mio viso. Ripresi a urlare. Le grida si facevano sempre più forti e chiare, percepivo il mio cuore tremare di fronte a quella sicurezza che sentivo crescere dentro di me. All'ultimo urlo la mia vista si rischiarò, e uno scenario nuovo si palesò davanti ai miei occhi. Dal mio petto nacque una leggera luce, che si fece sempre più vivida. Una pallina grande quanto un granello di polvere che andava crescendo, risucchiando l'oscurità notturna, si alzò in aria e si pose sopra la mia testa. La fissai diversi secondi, poi mi rivolsi ad Obscurity, il suo sguardo era cambiato. Era spaventato. Prima che potessi rendermene conto scagliò le ombre verso di me. 

Chiusi gli occhi. 

Quando li riaprii vidi che il chiarore si era trasformato in ali di gufo che mi stavano proteggendo, facendomi da scudo. Iniziarono a vorticare velocemente nell'aria creando un turbinio che si fece sempre più violento. Vedevo il mantello scuro e i capelli bianchi di Obscurity risucchiati nel vortice, ma le gambe non cedevano, ed i suoi occhi mi fissavano ancora. L'animale si arrestò di colpo, si diresse verso l'uomo e violentemente lo gettò a terra. Poi la civetta divenne polvere di stelle, la quale rimase ferma in aria. La luce continuava a scaturire dal mio petto e si faceva sempre più nitida. Il mio nemico tentò di difendersi ancora una volta, ma le ombre si disciolsero come cenere. Io, al contrario, ero di nuovo intera, solida, e bianca. Anzi più che bianca, le mie mani rischiaravano come il mio petto e le ali di quel gufo. Le girai più volte osservandole, con orgoglio. Erano mie, erano davvero mie quelle braccia lucenti, potenti, e migliori di quanto io fossi mai stata in quei mesi. Non meritavo un simile potere, anche se era artificiale, non meritavo di essere ciò che ero, perché mi ero comportata proprio come Obscurity. Mi ero lasciata consumare dai sentimenti umani, dal desiderio, dal rimpianto, ero stata logorata proprio come lui. Eppure in me c'era qualcosa di diverso. Io me ne ero resa conto in tempo per risalire, anche se a fatica, perché avevo visto con i miei occhi cosa sarei diventata: l'oscurità in persona, un essere senza cuore che avrebbe ucciso perfino sua figlia, sangue del suo sangue.

Mi alzai e mi diressi verso il mio nemico. Mi parve di camminare in un cielo stellato, ma l'attimo fu breve e fugace. Obscurity non aveva più difese, la sua corazza, apparentemente impenetrabile, era stata distrutta. Eravamo solo più io e lui. Allora ero io la volpe, e lui l'uccello in gabbia, ed io lo avrei divorato. Gli giunsi di fianco e mi chinai. Vedevo la mia mano rispecchiarsi nei suoi occhi scuri, il terrore invadergli lo sguardo nero, proprio come quella notte lui lo aveva visto nel mio. Stavo attendendo il momento giusto per ucciderlo lentamente e dolorosamente. Eravamo molto simili, eppure opposti: lui creato per egoismo, io per dare speranza, lui per distruggere, io per salvare; lui era mio padre, oscuro e guidato dalla pazzia, io sua figlia, altruista, coraggiosa, dominata dai sentimenti.

Poggiai il mio palmo sul suo petto. Sentii il freddo del suo corpo, e il suo cuore fermo ormai da tempo, poi dalla mia mano iniziarono a crescere venature, che, come radici, si espandevano molto velocemente. La sua voce distrutta e metallica risuonava nell'aria, ma non mi smossi. In pochi secondi iniziò a trasformarsi in cenere, ed evaporò disperdendosi nell'aria.

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