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                                    ~La notte del 26 settembre non riuscii a chiudere occhio

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La notte del 26 settembre non riuscii a chiudere occhio.

Il mattino seguente avrei lasciato il mio posto sicuro per sempre e mi sarei catapultata in un'altra città.

Avevo molta paura ma allo stesso tempo sentivo che ne avevo bisogno.

Mi sarei trasferita a Torino,per studiare lingue all'università.

Sarei andata a vivere in un piccolo appartamento,vicino al centro.

L'unica cosa che mi rasserenò quella notte e che poi è riuscita a farmi addormentare,era la consapevolezza che non sarei stata del tutto sola,mio cugino Edoardo abitava proprio lì,si stava per laureare al Politecnico.

Così,anche se con fatica,riuscii finalmente ad addormentarmi.

☀️

Dopo neanche quattro ore di sonno,sentii dei passi farsi sempre più vicini alla mia camera e poi una mano accarezzarmi i capelli.

«Eva amore sono le cinque» disse mia madre.
Io aprii gli occhi ancora assonata.

«Il treno parte alle sette e tu ci metti sempre un'ora a prepararti,su dai»

Io la guardai e le sorrisi,sapendo,in cuor mio,che questi momenti mi sarebbero mancati.

«Sì hai ragione,ora mi alzo»riuscii a dire,strofinandomi gli occhi,prima di alzarmi in piedi.

Mentre percorrevo il piccolo corridoio di casa,salutai mio padre e mio fratello,intenti a fare colazione,poi entrai in bagno e feci una doccia veloce.

Alle sei e trenta eravamo tutti pronti per partire.

Avevo deciso di vestirmi pesante,questo perché il meteo di Torino prometteva pioggia.

Avevo fatto una coda ben tirata,così i capelli non si sarebbero gonfiati ed indossavo una felpa grigia ed un jeans.

Il tragitto per arrivare alla stazione fu,all'inizio,silenzioso,io e la mia famiglia siamo sempre stati molto uniti,quindi è stato difficile per tutti,poter parlare,quella mattina.

«Allora hai scritto ad Edoardo?» mio padre ruppe quel tacito all'improvviso.

«Sì,stasera esco per conoscere i suoi amici»risposi,anche se l'idea non mi entusiasmava.

Sono sempre stata una ragazza molto riservata e conoscere persone nuove,non mi è mai piaciuto,ma in qualche modo dovevo pur uscire dalla mia comfort zone.

«Ah bene» disse mio padre.

«Mi raccomando però concentrati sempre sugli studi» si aggiunse mia madre.

«Certo mamma» le risposi,rassicurandola.

«Ma lasciatela stare,ha diciotto anni,se si vuole divertire può farlo» intervenne mio fratello,guardandomi con aria divertita.

Semaforo rosso | Kenan YıldızDove le storie prendono vita. Scoprilo ora