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                                     ~                              𝑲𝒆𝒏𝒂𝒏

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            𝑲𝒆𝒏𝒂𝒏

Il suono della sveglia mi arrivò in modo confuso, quella mattina, come se qualcuno avesse cercato di strappare il mio sonno.

Ancora assonnato, mi stesi un po' di più sul letto, cercando di rimandare il momento in cui avrei dovuto affrontare la giornata.

Sapevo che non sarebbe stata come le altre.Lo sentivo nell'aria, come una tensione sottile che stava crescendo, pronta a esplodere.

Mi alzai di scatto e, come al solito, mi diressi in cucina.

Vasilije era già lì, seduto al tavolo con un'espressione che non riuscivo a leggere.

Non disse nulla quando entrai, ma quel suo silenzio pesava più di mille parole.

Vasilije era il mio migliore amico, lo conoscevo da un po' ,eppure quel giorno c'era qualcosa di diverso nel suo comportamento.

Lo guardai, aspettandomi una battuta, un qualcosa che mi rassicurasse.

Invece, mi offrì un piccolo sorriso forzato prima di alzarsi e, senza dire una parola, prendere il suo telefono.

Mi avvicinai alla macchina del caffè, cercando di ignorare quel peso nello stomaco.

La caffettiera iniziò a fischiare, il suono avvolgeva la stanza come un sottile filo di normalità.

Vasilije non si mosse, ma continuava a fissarmi.Poi, con un gesto lento e quasi teatrale, mi mostrò il telefono.

Il suo volto non era quello di chi si preoccupava per un amico, ma di chi aveva bisogno di risposte.

Mi sentii gelare.Vidi la foto.

Quella che aveva messo me ed Eva sotto il mirino di tutti.

«Ehi» disse,con la voce che sembrava un sussurro. «Kenan, cos'è successo?»

Non avevo bisogno di rispondere subito, sapevo cosa pensava.Lo conoscevo troppo bene.E, soprattutto, sapevo che non c'era nessuna sorpresa per lui.

Sapeva che quella foto avrebbe avuto delle conseguenze.

Non avevo mai voluto che accadesse, ma ormai era troppo tardi.

Eppure, non riuscivo a fare a meno di guardarla, come se potesse dirmi qualcosa che non avevo capito.

Era la nostra vita, messa su un piatto d'argento, senza che ne avessimo dato il permesso.

Mi lasciai andare un attimo, con la faccia rassegnata.Presi un bicchiere d'acqua, ma la sete sembrava lontana.Non riuscivo a concentrarmi.C'era troppo rumore dentro la mia testa, troppe cose a cui pensare.

«Stai tranquillo» risposi infine, con un tono che cercava di sembrare calmo.«Ieri sono andato a parlare con Eva.Le ho spiegato tutto, le ho fatto capire che non volevo diventasse un problema.Le ho detto che la proteggerò e che non permetterò mai che questa pressione ci schiacci»

Semaforo rosso | Kenan YıldızDove le storie prendono vita. Scoprilo ora