48. Holding On And Letting Go

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It's everything you wanted, it's everything you don't
It's one door swinging open and one door swinging closed
Some prayers find an answer
Some prayers never know
We're holding on and letting go.

[Holding On And Letting Go - Ross Copperman]

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MICHAEL.

Non ero mai stata una persona mattiniera, nemmeno da quando erano iniziati i miei problemi con l'insonnia. La verità era che mi piaceva restarmene per ore nel letto a contemplare il soffitto senza fare nulla, mi trasmetteva un senso di pace e serenità; sensazioni che nella mia vita non erano mai state particolarmente presenti. Ma poltrire fino a tardi era una missione pressoché impossibile quando il tuo coinquilino aveva la capacità di muoversi furtivamente nella stanza pari a quella di un rinoceronte ubriaco in un negozio di cristalleria... E purtroppo, Luke non aveva mai avuto una particolare grazia nei movimenti.

Quella mattina - doveva essere piuttosto presto, dato che i raggi di sole che filtravano dalle persiane delle finestre erano ancora pallidi e deboli -, Luke barcollò nella stanza quasi completamente buia trascinandosi appresso una valigia talmente grande da portarmi a chiedermi se avesse deciso di impacchettare direttamente casa sua e portarsela al college, e per prima cosa inciampò nei suoi stessi piedi, rischiando seriamente di atterrare di faccia sullo spigolo della scrivania. Successivamente, riacquistò parte del suo già precario equilibrio e tirò un sospiro di sollievo, ma nel farlo allentò la presa sulla sua enorme valigia, lasciandola cadere con un tonfo tale da poter svegliare l'intero campus e anche i poveri malcapitati che vivevano nei pressi di esso. Come avevo detto, muoversi silenziosamente non era mai stato nelle capacità del mio migliore amico.

Avrei potuto fargli presente che ormai ero sveglio da parecchi minuti, risparmiandogli così la fatica di dover fare tutto di soppiatto (anche se il modo in cui si stava muovendo poteva essere qualificato in qualunque modo tranne che "di soppiatto"), ma la verità era che vederlo inciampare su qualunque cosa si parasse sul suo cammino e sentirlo imprecare con voce strozzata per paura di svegliarmi... Era uno spettacolo piuttosto divertente. Soltanto quando tirò un calcio epocale contro il piede del suo letto e vi si lasciò cadere sopra in posizione fetale per il dolore mi decisi ad alzarmi e a ridergli in faccia di gusto.

«Hai la coordinazione di un ubriaco con problemi di labirintite.» lo presi in giro, passandomi una mano nei capelli sconvolti e da poco nuovamente tinti.

In tutta risposta, Luke sobbalzò nel sentire l'inaspettato suono della mia voce, poi sospirò profondamente e si mise a sedere a sua volta, brontolando ancora per il dolore al piede e probabilmente insultandomi sottovoce perché non lo avevo avvertito prima del fatto che fossi sveglio. «La stanza è completamente buia, non è colpa mia!» si lamentò, grugnendo molto poco elegantemente. «Di solito ho la grazia di una fata.» concluse, con voce leggermente piccata ma allo stesso tempo ironica.

«Di una fata brutta.» bofonchiai, guadagnandomi un leggero pugno su una spalla e un altro grugnito. «E comunque sei goffo e impacciato anche quando stai camminando alla luce del sole e la strada è talmente liscia che volendo ci si potrebbe giocare a bowling.» lo rimbeccai, accendendo la lampada che vi era sul mio comodino e strizzando immediatamente gli occhi per l'improvvisa luce che si diffuse nella stanza.

«Michael, sei consapevole di avere i capelli verdi?» domandò quasi subito Luke, in tono falsamente sconvolto e leggermente ironico. Non appena fui in grado di vedere il suo volto, mi resi conto della presenza di due profonde occhiaie violacee e anche del fatto che i suoi capelli non erano acconciati nel solito altissimo ciuffo, bensì schiacciati sotto un cappellino da baseball al contrario.

Shiver || Michael CliffordDove le storie prendono vita. Scoprilo ora