22. Feelings

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La lezione del professor Monroe era finita da una decina di minuti ed io mi ero appena rifugiata nella mia oasi di tranquillità, con il libro sulle gambe e una leggera pioggerellina tutt'intorno. Fortuna che gli spalti erano coperti dalla malandata tettoia.

Quella mattina, a storia, Claire aveva promesso di raggiungerci per pranzo, assicurandomi che avrebbe portato con sé anche mio fratello; mentre Michael non si era fatto vedere. Non che la cosa mi stupisse o turbasse particolarmente, ma quel ragazzo era davvero strano.

Sbuffando una nuvola di condensa dalla bocca, mi misi a frugare nello zaino alla ricerca delle mie cuffie, trovando invece i cookies che mi aveva regalato Colton. Non ricordavo di averceli messi, ma sicuramente non mi dispiaceva. Aprii il pacchetto con i denti (non una cosa molto aggraziata, ma per i cookies questo ed altro), lo poggiai accanto alle mie gambe alzate e ne presi uno da sgranocchiare durante la lettura.

Non avevo trovato il mio iPod, ma poco importava, dovevo averlo semplicemente lasciato in camera, quella mattina. In fondo, non era essenziale. Aprii il manoscritto nel punto indicato dal segnalibro e iniziai a leggere, scorrendo rapidamente con gli occhi le fitte righe, facendo mia ogni singola parola e vivendo meravigliose avventure senza muovermi di un passo.

- Perché questo posto ti piace così - tanto? -. Sobbalzai, facendo cadere il libro sulle gradinate e portandomi una mano al petto. Ero talmente assorta nella lettura, da non essermi accorta che qualcuno si era appena seduto sui sedili immediatamente sotto a quelli in cui mi trovavo io.

Riconobbi subito la spessa felpa nera, e mi domandai mentalmente se nel suo armadio avesse solo quella, chinandomi, poi, per raccogliere il mio libro e sbuffando per aver perso il segno.

- Che ci fai qui? - borbottai, cercando di ritrovare la pagina giusta.

- Ho un'ora buca. - alzi le spalle Michael, togliendosi il cappuccio dalla testa.

- Non sei venuto a storia. - sentenziai, mordicchiandomi un'unghia che si era rotta la sera precedente.

- Lo so. - replicò, in tono piatto.

- Non hai nemmeno risposto alla mia domanda. - osservai, con tono scocciato, lanciandogli una breve occhiata.

- E tu non hai risposto alla mia. - replicò, allungando una mano ed afferrando uno dei miei biscotti, per poi mettersi a sgranocchiarlo rumorosamente.

- Senti, se bevi il mio cappuccino posso anche tollerarlo, ma se ti azzardi a prendere un altro dei miei cookies, ti taglio una mano. - sibilai, spostando il pacchetto in modo che non potesse più raggiungerlo.

Lui mi rivolse un'occhiata di traverso, dando un ultimo morso al delizioso biscotto. - Sapevo che ti avrei trovata qui. - sussurrò, tenendo lo sguardo fisso davanti a sé e guadagnandosi un'espressione confusa da parte mia, che gli fece leggermente alzare gli occhi al cielo. - È la risposta alla tua domanda. -

Strabuzzai gli occhi e rimasi a fissarlo con la bocca semi-spalancata. - Per... perché cercavi me? - balbettai, dopo qualche minuto.

- Non ti stavo cercando, sapevo benissimo che eri qui. - rimarcò lui, ancora senza guardarmi. Il suono della pioggia era l'unica cosa a farci da sottofondo, creando un'atmosfera quasi surreale.

- Come... come facevi a saperlo? - domandai ancora, senza distogliere lo sguardo dal suo viso.

- Vieni sempre qui quando hai un'ora buca. - mormorò, rivolgendomi una velocissima occhiata. Molte persone avrebbero trovato ciò che aveva detto un po' inquietante e, in normali circostanze, probabilmente l'avrei fatto anche io, ma in quel particolare contesto mi fece sentire... lusingata, in un certo senso.

Shiver || Michael CliffordDove le storie prendono vita. Scoprilo ora