Capitolo 4: Tired and soaked

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Da quando il signor Tomlinson è venuto nel mio appartamento per portarci in macchina con lui, Steven non ha fatto altro che di parlargli di quanto fossi gentile e divertente con lui ieri. Mi sentivo un po’ in imbarazzo perché eravamo tutti nella stessa macchina e il signor Tomlinson sorrideva mentre suo figlio parlava di quando ha corso per casa nudo e bagnato, mentre io cercavo di riprenderlo con l'asciugamano.

«Ecco, ora vai a scuola e vedi di non cacciarti nei guai» gli raccomanda il padre quando scendono dall'auto per accompagnarlo fino l'ingresso della scuola.

«Va bene» annuisce e suo padre gli da un bacio sulla testa prima che lui possa correre dentro la scuola insieme ai suoi amici.

Il signor Tomlinson torna in macchina e comanda all'autista di portarci verso la casa editrice.

«Spero non ti abbia fatta impazzire» mi dice ridacchiando e io mi unisco a lui.

«No... almeno, non del tutto ma mi sono divertita con Steven» faccio spallucce. «Ieri sera, però, si è messo a piangere dopo che gli ho fatto il bagno» mormoro. «Mi aveva chiesto se sua moglie sarabbe andata via di casa»

«Oh.»

«Io gli ho chiesto perché me lo avesse chiesto e lui ha iniziato a piangere dicendo che vi sente sempre litigare ogni sera e aveva sentito sua moglie dire che se ne sarebbe andata via» mi mordo il labbro. Dovevo andare avanti?

«E... tu cosa gli hai detto?» mi chiede un po’ rattristito dal fatto che suo figlio ha pianto per queste ragioni.

«Gli ho detto che, a volte, i grandi dicono cose di cui poi se ne pentono alla fine perché non ci hanno riflettuto prima di parlare e di non credere subito alla prima cosa che sente» dico. «E gli ho anche detto che c'è sempre lei a proteggerlo» aggiungo.

Alla mia frase lui sorride e io arrossisco un po’. Ammetto che il signor Tomlinson è un uomo molto attraente. Se non fosse sposato e io non la sua assistente personale, sarei uscita con lui volentieri.

«Grazie, Chelsea»

«È stato un piacere, signore»

«Facciamo un patto» dice e vedo la casa editrice avvicinarsi sempre di più. «Tu mi chiami Louis e io ti prendo e ti riporto a casa tutti i giorni quando lavori»

Resto a bocca aperta per la sua proposta, ma mi ricompongo subito scuotendo la testa. «No, no, signore. A me va bene anche chiamarla per nome senza avere il bisogno di prendermi e riportarmi a casa tutti i giorni»

«Ne sei sicura? Prendi il taxi tutti i giorni e a me dispiace lasciarti in mezzo al freddo quando piove o nevica. Oppure, quando fa tanto caldo e sei lì ad aspettare sotto il sole»

«Sì, sono sicura. A me va bene così, sign- cioè... Louis» annuisco.

«Okay, se è così che preferisci. Ma non esitare a chiedermi un passaggio quando ti serve, va bene?»

«Va bene»

La macchina si ferma e l'autista ci dice che siamo arrivati.

«Benissimo, ora andiamo a lavorare»

***

Ed ecco che la pioggia si presenta proprio il giorno in cui io non mi sono portata dietro l'ombrellino.
Una delle mie più grandi sfortune è non avere la macchina per andare a lavoro, devo sempre prendere il taxi al mattino e al pomeriggio. Sono stanchissima e ho la schiena e i piedi a pezzi. Mia madre mi ha consigliato di prendere il suo maggiolino argentato, ma se lo scorda seriamente che io vada in giro con un maggiolino.
Oggi piove e posso osservare dalla grande vetrata di fronte la mia scrivania e mi schiaffeggio da sola mentalmente per non essermi portata dietro l'ombrello.

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