Capitolo 17: He lied

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RAGAZZE, AVVISO IMPORTANTE DOPO IL CAPITOLO. LEGGETELO, PER FAVORE ♥

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«Harry?» lo guardo impaurita negli occhi e lui mi abbraccia accarezzandomi i capelli. «Non va bene, Harry. Come ha fatto a entrare in casa mia?» inizio a respirare affannosamente.

«Io... io non lo so, piccola. Ma ti giuro che dopo questo non ti perderó più di vista» prende il mio viso fra le sue mani e le lacrime iniziano farsi spazio nei miei occhi e il respiro è sempre più accellerato. «Cazzo, un attacco» impreca. «Tranquilla, piccola. Brittany non ti farà niente.»

«Come puoi dirlo? Harry, non puoi mai sapere se un giorno, quando saró da sola e tu sei da qualche altra parte, mi rapisce e mi uccide. Oddio, Harry puó anche succedere!» vado nel panico e inizio a piangere come una disperata. «Harry, Brittany verrà ad uccidermi. Lo so già.»

«Cazzo, dove le tieni le pillole?»

«No! Non le voglio le pillole! Voglio che quella donna mi stia lontano! Dovete stare tutti lontano da me!» urlo e lo spingo via per correre in bagno e chiudermi dentro a chiave.

Sento i suoi passi e mi copro le orecchie piangendo e sentendo i suoi pugni contro la porta.

Harry's P.O.V.

«Piccola, apri la porta» busso piano e la sento ancora piangere e urlare. «Chelsea, per favore, so che sei molto spaventata e anch'io lo sono. Ma, ti prego, apri questa porta così possiamo parlarne.

La sento urlare un “no” e io sospiro appoggiando la fronte sulla porta. Non è la prima volta in tutta la mia vita che assisto ad un suo attacco, ma mi fa ugualmente male vederla in quello stato.

«Chelsea, i vicini penseranno che ti sto facendo qualcosa. Per favore, apri questa porta o sarò costretto a sfondarla» la avviso, ma con voce dolce per non spaventarla più del dovuto.

«Vattene, Harry» dice in mezzo ai singhiozzi e alle lacrime, prima di riprendere le sue urla.

Sento il campanello della porta e corro subito aprirla. Mi si presenta un uomo di mezza età, ma fortunatamente non è uno dei soliti grassoni sporchi di cibo sulla maglietta. Anzi, è uno molto di classe.

«Mi scusi, continuo a sentire urla dal mio appartamento e vorrei capire cosa sta succedendo» dice con tono autoritario ed io alzo gli occhi al suo tentativo di intimidirmi.

«Senti, la mia rag- migliore amica sta avendo un attacco di panico e non riesco a farla uscire dal bagno. Quindi, invece di stare lì e cercare di farmi paura, cosa che non sta per niente funzionando, se ne vada se non può aiutarmi.»

Le urla si fanno più forti e corro in camera per cercare di aprire la porta del suo bagno.

«Chelsea, piccola, sono io. Sono Harry, non devi aver paura di me, giusto? Siamo migliori amici da quando siamo bambini.» le dico e le sue urla smettono, ma sento che continua a piangere. «Devi aprire questa porta, piccola, e questa è la tua ultima possibilità prima che io la sfondi» e ancora nessuna risposta.

Indietreggio un po’ e assesto dei calci contro la porta prima che possa aprirla completamente. Entro dentro e la vedo lì seduta sulla tazza del gabinetto con le gambe al petto mentre continua a piangere. Mi avvicino a lei inginocchiandomi.

«Piccola» la chiamo, ma lei torna a urlare come prima.

«Vattene, cazzo! Vattene! Vattene!»

«Chelsea» la chiamo appoggiando delicatamente le mani sulle sue spalle. «Chelsea, ascoltami. Io non ti farei del male, anzi, sono qui apposta per proteggerti da quella pazzoide di Brittany. So che ti sta molto spaventando questa situazione, ma che ne dici di me? Ti sto rivedendo in questo stato e mi sto preoccupando. Dove le tieni le pillole, piccola? Voglio solo farti calmare»

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