Capitolo 30

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Devastata. Ecco com'ero.
Come un villaggio bellissimo, pieno di vita e di pace, di gioia e di allegria, che viene distrutto da un terremoto, trasformando tutto in polvere.

Io mi sentivo esattamente così.

Ero stata al culmine della felicità per tutti quei mesi, avevo imparato a sorridere di nuovo, a vivere.
E ora ero di nuovo sola, senza un punto fisso, un appiglio.
Sola, con me stessa, con i demoni che mi tormentavano dentro.

Non avevo la forza di reagire, di ricominciare.
Ma ricominciare cosa?
Io non valevo la pena. Non valevo davvero la pena.

Malika e Aiden mi furono vicini, ed era grazie a loro se le mie giornate non erano solo un tunnel nero senza fine.

Persi l'appetito, il sonno, la concentrazione.
Tutto a causa sua.

I giorni passavano lenti, tra la scuola, la costante presenza del mio ex-ragazzo e il desiderio disperato di non vederlo mai più.

Le notti erano agitate, tra il sonno che tardava ad arrivare e gli incubi che mi coglievano di sorpresa quando scivolavo tra le braccia di Morfeo.

La mia vita non era più degna di essere chiamata "vita".
Solo vuoto, infinito e illimitato.

<<Adesso basta!>> esclamò Malika sbattendo il libro sul banco.
Eravamo in classe e io ero assente, come al solito.
Non pensavo a nulla, solo al grigio più totale.

Mi riscossi al suono della sua voce. <<Che cosa c'è?>> chiesi, sorpresa.
<<Te lo dico io!>> sbottò lei. <<Devi reagire, Sarah! Non può andare avanti così!>>

Abbassai lo sguardo. <<Lo so>> sussurrai.

<<E allora perché non lo fai?>>

<<Perché non ci riesco!>> urlai esasperata.
Alcuni ragazzi si girarono a guardarci e io abbassai il tono.
<<Non ci riesco>> sussurrai. <<Perché ogni dannata volta che ci provo, che provo a dimenticarlo, ripenso a tutti i bei momenti con lui, e diamine come vorrei potermi dimenticare di tutto! Come vorrei potermi dimenticare di lui!>>

Malika mi osservò in silenzio. <<Lo ami ancora, è evidente.>>

<<No, io...>>

<<Lo ami. Si vede perché soffri ancora molto!>> continuò lei.

<<Ma lui non ama me.>> Il sussurrò fu smorzato dalle lacrime che cominciarono a scendere sul viso.

<<Hey, ti ricordi quando ero in ospedale? Tu mi dicesti che non dovevo sprecare la mia vita per qualcuno che non mi voleva. Io ci sono riuscita, lo vedi? Adesso tocca a te>> mi consolò Mal.

Scossi la testa. <<Ci proverò.>>

Ma era dannatamente difficile, eccome se lo era.
A scuola lo incrociavo nei corridoi, e anche se abbassavo prontamente lo sguardo, sentivo il suo fisso su di me.

David mi attraeva e respingeva al tempo stesso.
Volevo che venisse a parlarmi, a chiarire, ma dall'altro lato lo temevo.
Lui mi aveva illusa, io non ero niente per lui.
Dovevo evitarlo, dimenticarlo e rifarmi una vita, lo dovevo a me stessa.

Ma i suoi occhi verdi mi balenavano nella mente, e mi perseguitavano come un'ossessione.
David era un'ossessione.

In fondo a questo tunnel senza fine, vedevo un piccolo barlume, una temporanea via d'uscita: Natale era alle porte così come il nostro viaggio in America.

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