Capitolo 46

6.1K 206 20
                                    

Dopo pranzo, quell'alone di serenità che ci aveva accompagnati fino a poco prima, scomparve.

Roy doveva andare al lavoro, Susan si ritirò in camera sua per studiare, e i gemelli nella loro per giocare alla play station.

Io e Dave salimmo in camera sua, tutta in ordine dopo la notte precedente, e per un istante credetti che avremmo rifatto l'amore.

Infatti cominciammo a baciarci dapprima teneramente, poi Dave approfondì il bacio e nel mentre mi trovai di nuovo stesa sul letto, come la mattina.

Un deja-vu che avrei potuto ripetere all'infinito, tanto sarebbe stato sempre perfetto ed estatico come la prima volta.

Ma presto Dave si staccò da me. <<Vieni>> mi disse, prendendomi per mano e facendomi alzare. <<Ho intenzione di farti conoscere una persona.>>

Conoscere una persona a quell'ora della domenica?!

<<Chi è?>> chiesi, incuriosita.
Dave sorrise enigmatico. <<Una sorpresa.>>

Mi sistemai bene i capelli, che Dave mi aveva scompigliato poco prima e lo seguii al piano di sotto, fino al box auto, dove c'erano tre motorini.

Dave salì sul suo e mi tese una mano per farmi salire dietro di lui; come al solito, mi strinsi attorno ai suoi fianchi, rabbrividendo per il freddo e per il piacere di stare a stretto contatto con lui.

<<Non mi stringere così o rischio di saltarti addosso>> ammiccò Dave, dando vita al motore.

Sfrecciammo per alcune strade di Londra che non avevo mai visto e intanto mi chiedevo chi volesse farmi conoscere e perché sembrava tenerci così tanto.

Alla periferia di Londra, cominciò a rallentare, fino a fermarsi completamente davanti ad una struttura immensa e imponente.

Senza dire una parola, mi prese per mano e si avviò verso l'ingresso di quel palazzo, e man mano che ci avvicinavamo all'entrata, potei riconoscere che struttura fosse.

Infatti, una scritta sovrastava il portone di ingresso, vergata a lettere cubitali e grigie:
CASA DI CURA E COMPLESSO OSPEDALIERO "QUEEN MARY".

Dunque era sua madre che voleva farmi conoscere.
Quella casa di cura era la casa dove era ricoverata sua madre.

Strinsi ancor più forte la mano di Dave, e lui guardò avanti con determinazione, poi entrammo.

L'interno era tutto bianco. Bianche le pareti, bianche le piastrelle, bianca la scalinata che si apriva davanti a noi, bianche le divise delle infermiere.

Era troppo spazioso, troppo ordinato e silenzioso.
Ma il silenzio era solo apparente, perché io avvertivo, dentro di me, le urla mute che lanciavano i ricoverati.

Urla di dolore, di sofferenza, di supplica.
Urla di chi aveva perso tutto, anche la voglia di vivere.

La tristezza mi piombò addosso in quel luogo freddo e dall'aria austera, e sentii il mio cuore raffreddarsi.
Come era possibile che ci vivessero delle persone?

Dave si avvicinò al bancone, dove erano sedute alcune infermiere che scrivevano qualcosa, e si schiarì la gola.

<<Desidero andare a trovare mia madre>> dichiarò, rivolgendosi ad una donna di mezz'età, dall'aria composta e severa.

La donna alzò lo sguardo e ci penetrò con i suoi freddi occhi azzurri.
<<L'orario di visite comincia fra mezz'ora>> annunciò, impassibile.

<<Ma so che a mia madre fa piacere ricevermi prima, per passare un po' più di tempo con me>> proseguì Dave imperterrito.

La signora sorrise falsamente. <<Tua madre è la signora Grant, dico bene? Non dovrebbe ricevere visite in teoria, non dopo essere scappata.>>

ObsessionDove le storie prendono vita. Scoprilo ora