Capitolo 56

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Sarah

Aprii gli occhi e per un attimo pensai di essere morta.
Non vedevo altro che buio, un buio denso, per nulla rassicurante.

Dove sono?

Pian piano però gli occhi cominciarono ad abituarsi e intorno a me si delinearono i confini di una stanza vuota e senza finestre.

Prima che il vecchio panico si impossessasse di me, feci mente locale: dove mi trovavo? Perché non ricordavo nulla? Da quanto tempo ero lì?

Un solo flashback mi balenò nella mente: un paio di occhi di ghiaccio, occhi di un assassino, occhi di un pazzo.

E allora ricordai cosa era successo: Victoria che mi colpiva, la botta alla testa, e infine lui nello spogliatoio delle ragazze, che mi guardava con lo sguardo del cacciatore.
Un cacciatore che cerca la sua preda.

E che l'ha trovata, pensai, guardandomi intorno.

Come avevo potuto essere così stupida? Avrei dovuto gridare, correre via...e invece ero solamente indietreggiata spalle al muro, la cosa più insensata che potessi fare.

Geniale, Sarah, ecco cosa sei. Geniale.

<<Okay, basta autocommiserazione>> mormorai a bassa voce.
Chissà come erano preoccupati gli altri ora. Mal doveva essere nel panico perché non mi aveva tenuta d'occhio come doveva fare.
Dave sarebbe stato fuori di se'.

Dave...sapevo come agiva lui quando perdeva il controllo, speravo solo non si facesse del male.
Quanto avrei voluto poterlo chiamare, tranquillizzarlo, dirgli che ero ancora viva...perlomeno quello, ma chissà per quanto.

Riflettei: cosa potevo fare? Chiedere aiuto? Ma a chi?
Urlare non mi sembrava la scelta migliore, l'uomo che mi aveva rapita doveva essere sicuramente nei paraggi e se si fosse accorto che ero sveglia non immaginavo cosa avrebbe potuto farmi.

Eppure qualcosa dovevo fare se non volevo restare a marcire in quel buco senza finestre.

Tesi le orecchie allo spasimo e tutto quello che riuscii a sentire fu il debole ronzio della TV in lontananza.
Poi un ticchettare di passi, che si avvicinavano sempre di più.

È qui, pensai in preda al panico.
Mi stesi sul pavimento e finsi di dormire ancora mentre qualcuno si avvicinava a me.

Non urlare, Sarah, non urlare. Non muoverti. Non respirare, mi ripetevo, mentre quello controllava che io fossi ancora viva.
La sensazione delle sue ruvide mani sulla pelle mi disgustava, però dovevo rimanere immobile e sopportare finché non se ne fosse andato.

<<È ancora viva, ma dorme, maledizione!>> sbottò. Il suo tono di voce era diverso da quello che aveva usato con me l'ultima volta.

Qualcuno, non sapevo chi, si avvicinò e controllò il battito del cuore.
Il suo tocco era più fresco e delicato, ma io lo stesso ebbi paura.

<<Andiamo a controllare le altre>> disse di nuovo l'uomo al suo assistente.
I due si allontanarono e chiusero la porta a chiave.

Tirai un sospiro di sollievo e mi rialzai. Comunque, non potevo fingere ancora a lungo e presto si sarebbero accorti che ero sveglia.

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