10.

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Teorie


Justin si precipitò alla porta infuriato, parlò a qualcuno e poco dopo tornò dentro. Io mi inginocchiai e, facendomi forza appoggiandomi alla sedia e alla scrivania, mi alzai.

Non riuscivo a stare in piedi perché mi girava la testa e ancora sentivo rimbombare nelle orecchie lo schiocco della frusta. Mi toccai il collo e sussultai, mi bruciava, riuscivo a sentire un solco profondo.

Justin mi stava ignorando e guardava la porta con aria autoritaria, stava spettando Mike.

Stava fermo, con un ghigno sulle labbra e gli occhi bassi, teneva i pugni chiusi e le braccia incrociate. Mentre lo osservavo, mi mordevo il labbro per trattenere le lacrime e non urlare per il dolore. Dopo circa cinque minuti qualcuno bussò con tocco indeciso ed entrò dalla porta. Alzai lo sguardo, era Mike. Aveva paura e guardava in basso per evitare lo sguardo di Justin.

-C'è qualcosa che vorresti dirmi?

Chiese duro il capo.

Mike scosse la testa, alzò il viso e mi guardò in faccia, non riuscii a sostenere il suo sguardo accusatorio e spostai il mio verso la parete.

-Sicuro?

Mike lo guardò quasi supplicando, Justin in risposta si precipitò verso di lui e lo spinse a terra.

-Perché l'hai fatto?

Mi indicò. A quel punto sembrava quasi che Justin gli stesse ringhiando contro.

-Mi dispiace, non lo farò mai più.

-Certo che non lo farai.

Disse a denti stretti lui.
Non l'avevo mai visto così infuriato, se mi faceva paura già quando era "normale", in questo stato mi terrorizzava. Si abbassò e tirò fuori dalle sue scarpe da ginnastica alte un coltellino.

Chi teneva un coltello nelle scarpe?

Solo una persona che aveva paura di poter essere aggredita o una che poteva incorrere in pericoli molto spesso.

-Non lo farò mai più, ti prego non mi farr male. Ti prego.

Mike cominciò a piangere, mi ricordò Fred, anche lui aveva inziato a piangere perdendo la sua dignità qualce tempo prima. Non volevo che Justin uccidesse un'altra persona ancora, era già abbastanza aver assistito al massacro di Alice e Fred.

-Mi dispiace.

Justin sorrise, anche se per un secondo, sembrò davvero divertito di fargli male e vederlo soffrire. Conoscevo quell'espressione, era la stessa che mi aveva rivolto Mike prima, era vendetta.

-Sai che giorno è oggi vero?

Era stato Mike a parlare.

Justin lo ignorò e avvicinò il coltello al suo torace.

-Era il suo compleanno, so che tenevi a lei quanto lei teneva a te.

Justin rimase fermo poi aggiunse ancora più infastidito:

-Cosa c'entra questo?

-Sei pentito di averla uccisa e te la vuoi prendere con qualcuno.

Justin non si mosse e non disse niente.

Il capo pentito di aver ucciso qualcuno? Sicuramente no.

These Four WallsDove le storie prendono vita. Scoprilo ora