7.

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Il marchio

-Questo è per te.

Luke mi passò un telefonino touch screen. Mi si illuminarono gli occhi, forse potevo chiamare qualcuno per dirgli che stavo bene e che ero ancora viva.

-Questo ti serve per chiamare noi della società e per imparare il codice, dentro c'è tutto ciò che ti serve.. Ah e se lo stessi pensando, non puoi chiamare nessuno che non sia un membro della società, il telefono è bloccato per le altre chiamate.

-Non ci stavo pensando.

Mentii cercando di nascondere la delusione.


-So che lo stavi facendo.

Sorrise.

-Lui capisce se una persona mente o no, è la sua dote. Attraverso un piccolo gesto o una piccola espressione capisce tutto, è pazzesco.

Era stato qualcun altro dietro di lui a parlare, un ragazzo biondo dagli occhi chiari che era appena entrato nella stanza.

-Ciao, Stivie.

Disse freddo Luke, senza neanche girarsi.


-Tutti qui abbiamo qualcosa di particolare. -continuò Stivie- Ad esempio Alice era brava negli affari, lei guidava il traffico. Adesso questo compito sarà tuo.

-Grazie Stivie, è mio compito istruirla, vai via.

-Quanta fretta Luke. Sono qui per il marchio.

-Q-quale marchio?

Ero spaventata, cosa volevano farmi?

-Niente di che. Dammi il braccio. Farà un po' male.

Glielo porsi e chiusi gli occhi.

Dopo un po' che sentii armeggiare Stivie, sul braccio qualcosa iniziò a pizzicarmi e a bruciare allo stesso tempo, ma cosa era? Aprii gli occhi, non avrei voluto vederlo.

-No, assolutamente no.


Ritirai il braccio.


-Devi. È solo un tatuaggio.


Mi rassicurò Stivie.

Se mai fossi uscita da lì non avrei voluto vedere quel tatuaggio per il resto della mia vita, avrei cercato in tutti i modi di dimenticare e quello non mi avrebbe aiutato.

-Se stai pensando che non vuoi il tatuaggio perché una volta uscita da qui vuoi dimenticare tutto, ti sbagli.

Era stato sempre Stivie a parlare. Era più un'affermazione da Luke, visto che sembrava leggere il pensiero.

-Anche tu leggi nella mente?


Stivie si mise a ridere.

-No ma è quello a cui abbiamo pensato tutti quando ce l'hanno fatto.


Questo significava che lì tutti o quasi avevano la mia stessa storia, erano stati rapiti e costretti a stare lì. Ma allora perché non si ribellavano e scappavano?

-Adesso però abbiamo capito che vivere qui è la cosa migliore, è il mondo esterno che fa schifo.


Ecco la risposta.

Gli avevano fatto il lavaggio del cervello.

Io non volevo fare quella stessa fine. Dovevo liberarmi o comunque restare lucida.

These Four WallsDove le storie prendono vita. Scoprilo ora