Dubbi
Aprii gli occhi, la luce forte mi accecò; non ricordavo dove mi trovassi o chi fossi. Tutto mi fu più chiaro quando mi guardai in torno, le pareti erano bianche, non c'erano finestre, intorno a me vedevo altri letti vuoti. Ero nella società. Ruotai il volto alla mia sinistra, ai piedi del mio letto, che passeggiava avanti e indietro nervosamente, Justin. Il suo volto era imperturbabile, impassibile, proprio come quando lo avevo appena conosciuto. Mi chiamavo Quinn, avevo 17 anni, mia avevano rapita, vivevo nella società e lì avevo trovato quello che sarebbe diventato l'amore della mia vita; adesso tutto aveva un senso. Aprì la bocca per richiamare la sua attenzione, ma non ne ebbi il coraggio, preferivo che non si accorgesse di me. Solo in quel momento notai di essere legata a dei tubi, flebo forse. Mi agitai, non volevo essere legata, l'ultimo che mi aveva legato era Peter. Il mio cuore iniziò a battere più velocemente al ricordo, avevo paura, ero prigioniera di nuovo. Chissà chi altro mi avrebbe potuto aggredire ora. Sentii il respiro mancarmi, ero nel panico, il sangue mi scorreva nelle vene sempre più velocemente. Improvvisamente uno dei macchinari iniziò a suonare ripetutamente e io mi sentivo sempre più male, sempre più agitata. Vidi Justin voltarsi verso di me e, con un passo, mi raggiunse. Sembrava violento, anche lui mi voleva aggredire, proprio come Peter.
-Vattene!Urlai con le lacrime agli occhi. Sorrideva, proprio come il mio aggressore.
-Vattene!
Urlai di nuovo. Il sorriso sulle labbra di Justin si affievolì, trasformandosi in dubbio, poi indietreggiò.
Dovevo chiamare qualcuno per chiedere aiuto o Justin mi avrebbe attaccato sicuramente, così urlai. Vidi correre verso di me un uomo che mi afferrò per un braccio e mi iniettò qualcosa nella vena. Il rumore della macchina, che era diventato sempre più insistente, adesso si era calmato, tornando regolare, così come il mio respiro e il battito del mio cuore.
-Non ti avvicinare a lei, non ancora.
Dichiarò l'uomo con il camice bianco.
-Lei è mia e posso fare quello che voglio.
Disse Justin strattonandolo e incamminandosi verso di me.
-Non sono di nessuno.
Sussurrai io portandomi la coperta fino al naso con il braccio che avevo libero. Solo il quel momento realizzai di essere completamente nuda sotto il lenzuolo.
-Che stai dicendo Quinn?
Justin mi guardava dubbioso e sofferente.
-E' ancora traumatizzata, la devi lasciare...
-So quello che faccio.
Lo interruppe Justin, poi si mise accanto al mio letto e, lentamente, allungò la sua mano verso di me. Non riuscii a trattenermi e iniziai a piangere spaventata. Voleva picchiarmi? Colpirmi? Scoprirmi?
-La stai facendo piangere, non insistere.
Consigliò il medico.
Justin mi toccò il viso delicatamente, mi portai la coperta fino agli occhi girando il volto dalla parte opposta.
-Lasciami.
Dissi tra un singhiozzo e l'altro.
-Così facendo la perderai per sempre.
Continuò il medico. Mi voltai giusto in tempo per vedere Justin stringere un pugno, girarsi di scatto e colpire sul naso il mio difensore.
-Riusciresti a farti almeno una volta gli affari tuoi? Vattene.

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These Four Walls
Fanfiction-Sono gli ordini, non si discute. -Ma il capo.. -Ma il capo niente. Valla a prendere. Ovviamente parlavano di me. La parola "capo" mi fece sussultare. Lui, molto probabilmente, avrebbe potuto decidere di uccidermi o sarebbe potuto essere la mia anco...