Vita o morte?
Mi svegliai tutta indolenzita sul pavimento freddo, mi facevano moltissimo dolore la spalla e i polsi. Quella notte avevo dormito pochissimo, tutto il tempo ero rimasta in dormiveglia e solo la mattina presto ero riuscita a prendere sonno. Mi guardai intorno, Peter non c'era.
Mi tirai su e riuscii a sedermi a gambe incrociate, sapevo che non sarei riuscita a resistere altri cinque giorni con quello psicopatico. Mi tornò in mente ciò che mi aveva detto la sera precedente: "lui non deve conoscere la sua vendetta adesso ma quando tornerà, quando crederà di averti uccisa con le proprie mani". Quindi ciò significava che, in un modo o nell'altro, prima o dopo, sarei morta. La cosa peggiore era che i giorni che precedevano la mia fine dovevano essere lunghi e sofferti; comunque avevo deciso, li avrei affrontati con dignità.
Appoggiai la testa al mobile e chiusi gli occhi, in quel momento mi venne in mente che avevo ancora il coltello con me, non era finita lì. Se pur avendo i polsi legati, cercai di sfilato dalla custodia. Tagliare le corde fu complicato e faticoso, finalmente però ero libera. Mi alzai velocemente e raggiunsi la porta, non avevo una destinazione precisa, ovunque nella società sarei stata in pericolo, per adesso, però, tutti i posti erano più sicuri di quella stanza. Arrivai alla maniglia e la abbassai, la porta non si aprì, era chiusa dall'esterno. Battei forte un pugno sulla porta per la rabbia. La fortuna doveva essere tutta contro di me? Rassegnata mi sedetti a terra, appoggiata alla porta. Ripensai al mio ultimo saluto con Justin, non l'avrei mai più rivisto, anche se lui non teneva a me, io gli avrei voluto dare almeno in ultimo addio. Quando stava per partire io ero preoccupata per lui, invece avrei dovuto esserlo per me. Lui, invece, aveva capito che poteva essere pericoloso e mi aveva fatto tantissime raccomandazioni, come da una madre a un figlio quando lo deve lasciare all'asilo da solo per la prima volta. Sorrisi, io avevo sempre pensato di comportarmi come una madre per Justin perché gli insegnavo come relazionarsi con gli altri, ma la verità era che anche lui poteva essere considerato lo stesso per me, perché mi insegnava come sopravvivere in quel posto, che era ugualmente importante.Improvvisamente mi venne in mente ciò che mi aveva raccomandato. Mi catapultai davanti al comodino e aprii il cassetto, c'erano un paio di preservativi. Arrossii pensando a ciò che avrebbe voluto fare se fossi rimasta viva, lui mi dava una ragione in più per combattere fino alla fine.
Non potevo sempre pensare che la gente doveva venire a soccorrermi, adesso non c'era nessuno e io dovevo diventare la salvatrice di me stessa.
Mossi la mano sul fondo, così tanto intenta a cercare l'arma che mi aveva lasciato Justin, che non mi accorsi della presenza alle mie spalle. Qualcosa di freddo mi toccò la tempia, lentamente mi voltai.
-Cercavi questa?
Chiese Peter puntandomi alla fronte una pistola. Le mani iniziarono a tremarmi e, improvvisamente, mi sentii la testa girare, ma sapevo di poter essere di più di un coniglio.
Lentamente mi alzai, mentre lui continuava a puntarmi la pistola alla fronte. Cercai i suoi occhi verdi e gli lanciai uno sguardo minaccioso, non so dire se fossi convincente, ma cercai di fare del mio meglio. Lui sembrò meravigliato, ma non sembrò spaventato neanche un momento.
-Posa il coltello a terra.
Rispose lentamente.
-O sparo.
Avrei potuto lanciarglielo addosso ma lui mi avrebbe sparato sicuramente. Non volevo, comunque, rimanere disarmata, quindi esitai.
-Posalo a terra.
Ripeté lui. La pressione era alle stelle e la pistola puntata alla mia fronte non aiutava.
Lanciai il coltello sul letto. Lentamente lui abbassò la pistola di Justin e se la mise nella cinta dei pantaloni.
-Com'è? Oggi ti piace scherzare?
Sorrise e fece un passo verso di me, io mi misi alla sua sinistra, costringendolo a ruotare verso di me. Stavo cercando di prendere il suo posto, così che sarei riuscita a raggiungere la porta e scappare.
-Già, è la mia specialità.
Sorrisi, mi sentivo potente, avrei potuto metterlo ko se non fosse stato armato, me lo sentivo.
-Comodo il pavimento?
Che bastardo.
-Molto meglio che stare accanto a te sul letto.
Continuai a muovermi e a ruotare attorno a lui per raggiungere la porta.
-Questo mi ferisce, sai?
Fece una smorfia e, forse capendo la mia intenzione, fece un passo verso di me.
-Comunque, davvero. Non capisco perché mi odi tanto. Io non ho fatto nulla, io sono quello buono.
-Si, un confetto.
Lui credeva di essere buono perché mi aveva violentata per vendetta, non perché ci tenesse a farlo; anzi, da come aveva parlato, lui aveva avuto altri rapporti con altre ragazze, anche se finiti male per colpa di Justin.
-Credimi, se potessi non lo farei ma lui ha rubato il mio amore e io ruberò il suo.
Velocemente si mosse verso di me, ma io, con i riflessi pronti, feci due lunghi passi verso la porta. La aprii e Peter mi prese dai fianchi buttandomi per terra e la richiuse. Mi rialzai velocemente, nonostante il costante dolore al braccio che provavo dalla notte precedente, e corsi dall'altra parte della stanza. Non avevo vie di fuga ma avrei dovuto trovare una soluzione e anche in fretta.
-Allora Quinn, facciamo un patto.
Disse Peter venendomi incontro, io indietreggiai.
-Il tempo stringe e io devo portare a termine il mio piano, va bene?
-No, hai ancora 5 giorni prima che arrivi il capo. Il tempo non stringe.
Nel caso della morte, era meglio dopo che prima.
-Cambio di programma.
Significava che Justin sarebbe tornato prima?
Sorrise e corse verso di me, io salii sul letto e camminandoci sopra raggiunsi l'altro lato della stanza, ero di nuovo vicino la porta. Feci un passo in avanti, ma mi ritrovai Peter davanti. Indietreggiai, sorpresa. Era velocissimo.
-Ti giuro che se non fosse per il fatto che dobbiamo fare in fretta a quest'ora staresti alla mensa, in pasta agli altri soci.
Mi prese per i polsi.
-Non so se arriverai a dirglielo tu stessa, ma racconterò al capo come ti sei battuta gloriosamente per la tua libertà.
Mi sbatté con la schiena al muro. Era la fine, io ci avevo provato e almeno non ero morta da coniglio. Avevo ancora la mia dignità.
Peter mi prese per i fianchi e,bloccandomi i polsi, mi sfilò la maglia. Io di rimando gli pestai un piede, ma non gli feci nulla. Mi ignorò e mi abbassò i pantaloni, cominciai a dimenarmi, ma lui mi mise l'altra mano sulla bocca per non farmi parlare.
-Ehy, non voglio farti nulla, credimi.
Portò una mano dietro la mia schiena, allontanandola dai miei polsi, e mi slacciò il reggiseno. Non volevo che finisse come il giorno precedente. Cercai di allontanarlo con le braccia, ma fu inutile, nessuno lo avrebbe smosso.
-Rilassati.
Sì, e magari prendevamo anche una buona tazza di te? Tanto era la fine, lo sapevo. Tanto valeva sdrammatizzare.
-Non ti farò male.
Sussurrò, mi prese per i polsi e con l'altra mano mi abbassò anche le mutande.
-Si, come ieri?
Urlai di rimando e gli sputai un un occhio, lui mi tenne ancora più stretta e mi tappò la bocca.
-Ascoltami, tutto questo serve solo per fare scena. Non voglio davvero violentarti. Ammetto che ieri l'ho fatto perché prima di morire avrei voluto provare almeno una volta, ma non accadrà di nuovo perché non mi è piaciuto.
Peter mi tirò un pugno in pancia fortissimo, sentii un dolore allucinante e un fiotto di sangue uscì dalla mia bocca; mi diede una gomitata all'orecchio, che iniziò a fischiare, e caddi per terra; infine cominciò a darmi calci in tutte le parti del corpo, anche la faccia.
-Basta.
Sussurrai ansimando, facevo fatica a tenere gli occhi aperti, così li chiusi. Sarebbe stato più facile per me morire.
-Scusami ancora, è solo per vendetta. Non farei mai del male a una donna, credimi.
Stranamente mi sembrò sincero, sapeva cosa era l'amore.
-Non durerà tanto la sofferenza, giusto qualche oretta.
Continuò. Qualche oretta in quell'agonia? Io non ce la facevo, aprii gli occhi.
-V-veloce, per favore.
Sussurrai, mi accorsi come anche le labbra mi tremavano.
Peter mi puntò una pistola al braccio, usai tutte le forze che avevo per girare il mio corpo in modo che mi colpisse al cuore, ma lui spostò nuovamente la pistola.
-No.
Sussurrò, caricò l'arma e io sbarrai gli occhi. Silenzio per quei secondi che mi sembrarono un'eternità, dopo un botto e il rumore allucinante alla spalla. Istintivamente mi portai una mano sulla ferita e cominciai a muovere i piedi per distrarmi dal dolore. Il mio respiro si fece sempre più affannoso, aprì gli occhi per vedere la ferita, ma non ebbi la forza per abbassare la testa; vedevo solo le scarpe del mio assalitore e sentivo la mano bagnata da quello che doveva essere sangue. Le orecchie continuavano a fischiarmi e la vista ad appannarsi.Chiusi gli occhi per il tempo che credevo sarebbe stata l'eternità.
**
Sentii qualcuno, delicatamente, sollevarmi dal pavimento. Forse ero morta e, come un angelo, riuscivo a volare. Era tutto confuso nella mia mente, mi sforzavo di aprire gli occhi ma non ci riuscivo, provavo qualcosa di sgradevole, ma non sentivo di appartenere al mio corpo, non sentivo dolore e non capivo cosa stesse succedendo. Mi accorsi di quanto il mio cuore batteva velocemente solo quando cominciò a rallentare, calmato da una voce lontana che mi invita a stare tranquilla e a restare con lei. Non sapevo di chi era, avrei voluto dirgli "ehy, sono qui! Non ti lascio" per tranquillizzarla, ma anche se provavo ad aprire bocca non riuscivo a comandare il cervello di farlo. Mi sentii ancora meglio quando qualcosa si fresco mi toccò le ferite. Riuscivo a percepire il cambiamento di temperatura, ma ero così tanto sconnessa che non riuscivo a figurare il mio corpo nella mia mente per capire dove quel qualcosa di fresco era poggiato. Mi sentivo come se animo e corpo fossero divisi, non convivevano più insieme. Percepii, quelle che mi sembravano mani, massaggiare delicatamente il mio corpo. Questo mi diede sollievo, nonostante non provassi più dolore, o perché ormai ne provavo così tanto che era impossibile sentirlo o perché la mia mente era troppo stanca a anche per trasportare l'impulso al cervello.
Sentivo che il sottilissimo filo che collegava ancora l'anima con il corpo, si sarebbe spezzato da un momento all'altro, mi sentivo a un passo dalla morte e ancora non avevo deciso quale delle due parti dell'esistenza umana avrei dovuto scegliere: combattere per la vita o rinunciare e morire?

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These Four Walls
Fanfiction-Sono gli ordini, non si discute. -Ma il capo.. -Ma il capo niente. Valla a prendere. Ovviamente parlavano di me. La parola "capo" mi fece sussultare. Lui, molto probabilmente, avrebbe potuto decidere di uccidermi o sarebbe potuto essere la mia anco...