Chapter 18

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Cominciammo a ballare insieme con gli occhi delle ragazze che non si staccavano da noi. Continuava a dirmi cose dolci, a farmi complimenti, ma io non riuscivo a sciogliermi come avrei dovuto. Non riuscivo a lasciarmi andare perché sentivo un senso di colpa che mi frenava. Come se tradissi qualcuno, o semplicemente come se mentissi a me stessa. Provai per tutta la sera a rilassarmi, a lasciarmi andare e per un po' di tempo ci riuscii e questo bastò ad acconsentire alla sua richiesta di un appuntamento per la settimana dopo.

"Oddio davvero?!" Erano le quattro di notte e nonostante questo e il fatto che lei dovesse partire tra tre ore, mi ordinò di raccontarle tutto ciò che era successo alla festa e qualunque mia affermazione era sevuita da un 'nooo' oppure un 'awww'  ovviamente senza tralasciare il 'cariiiino' o il 'sposatelo'; e quando le dissi dell'appuntamento lei aveva una faccia assurda, credo anche di avere una sua foto da qualche parte. "Devi farti Skype. Adesso. Forza! Prendi il computer!" Detto questo mi impose di farmi Skype per poter decidere insieme cosa avrei indossato quella sera. Sinceramente non avrei mai pensato di diventare così... "femmina". Prima non me ne fregava niente dei ragazzi e tanto meno di come mi vestivo; andavo a fare shopping sì e no quattro volte all'anno. Prima la mia vita era incentrata sui libri e sullo studio, vedevo Cloe una volta ogni due settimane alternando casa mia e casa sua; tra l'altro i suoi genitori mi odiavano perché credevano fossi lesbica. Ma che poi che problema c'è ad essere lesbica? Finalmente qualcosa di nuovo su questo pianeta sempre uguale e noi lo critichiamo. In realtà l'omosessualità non ha niente di nuovo, i più  grandi uomini della storia erano gay e sono diventati famosi. Beh i suoi genitori non la pensavano così e ogni volta che entravo in casa pensando che non me ne accorgessi frugavano nella mia borsa cercando qualche sporco giocattolino probabilmente. Il giorno prima di andarmene andai a casa di Cloe e li salutai con un discorso che li fece rimanere di sasso, assolutamente senza parole; fu il giorno più bello della mia vita (fino ad allora, almeno).
Dopo due ore e 10 caffè la accompagnai all'areoporto dove avrebbe preso il volo per tornare in quella che una volte pensavo fosse 'casa' anche se di 'casa' non aveva niente. Niente (a parte Cloe) mi trattenne dal negare la partenza a mio zio. Volevo andarmene da lì e qualunque posto sarebbe andato bene, direi che sono stata più che fortunata a finire in questo buco di città. Inutile dire che la mattinata a scuola passò a farmi svegliare dai vari professori. Mi sono addormentata in ogni singola ora; per fortuna non finii in presidenza perché spiegai che avevo dovuto accompagnare mia sorella all'areoporto perché non conosceva la strada e, facendo pena, avevo scampato la punizione. In cambio incontrai Theo che provò di nuovo a baciarmi e io, di nuovo, mi voltai. Questa cosa mi dispiaceva da morire per lui però non volevo baciare una persona solo perché mi sentivo in dovere di farlo. Lui era dolce, gentile e non mi contraddiceva mai, cosa che non lo rendeva vero. Mi pareva impossibile che una persona così esistesse in questo mondo corrotto e mi lusingava il fatto che lui ci provasse con me. Adoravo il suo carattere così "ammaestrato" ma in qualche modo mi sembrava sospetto. Io non conoscevo nulla sul suo conto e la curiosità di scoprire cosa si nascondesse dietro quella maschera candida mi infondeva il coraggio si cui avevo bisogno per uscire con lui.
I giorni si avvicinavano all'appuntamento e ogni minuto che passava mi metteva un pochino d'ansia. Il mio (secondo) vero appuntamento in tutta la mia vita. Il fatto che il primo (anche se non è stato un vero e proprio appuntamento) fosse finito male, mi metteva un po' di timore ma comunque ero in fibrillazione.
Il giorno prima dell'appuntamento andai a fare shopping e mi comprai un vestito nero con le maniche semitrasparenti e la gonna morbida. Avrei indossato delle paperine nere e una borsa azzurra abbinata alla cintura che avrei messo in vita. Probabilmente non mi ero mai vestita così elegante prima di allora. Era tutto nuovo per me e si stava insinuando in me l'idea di permettergli di baciarmi; non che lo volessi veramente, ma ci provava da una settimana e mi sembrava giusto dargli ciò per cui aveva lavorato tanto. Non potevo farlo soffrire così tanto, mi sentivo crudele. Quindi andai all'appuntamento con la convinzione che quel giorno avrei baciato il secondo uomo della mia vita.

"È tutto così... romantico. Grazie Theo. È davvero stupendo" dissi mentre assaggiavo il favoloso secondo che ci aveva offerto il ristorantino in cui eravamo. I tavoli erano posizionati in un patio illuminato da fili con delle lampadine che passavano su tutto il patio illuminando anche la piattaforma di legno su cui probabilmente si doveva ballare. Una melodia Jazz risuonava nell'aria e noi continuavamo a farci domande, ma lui non mi sembrava molto convinto nelle sue risposte, ci pensava tanto come se non dicesse la verità. I miei pensieri si entinsero nel gusto della menta con il cioccolato del semifreddo che mi era stato servito. Theo mi piaceva, davvero, ma aveva qualcosa che mi frenava dall'impazzire per lui. Qualcosa che non capivo.
Dopo la cena andammo a fare una passeggiata nel parco continuando a parlare dei nostri gusti musicali, dei nostri hobbies. Lui era sempre più adorabile e verso la fine della serata riuscì pure a donarmi una rosa colta da un rovo. La mia idea di baciarlo non se n'era ancora andata del tutto e probabilmente lui non aspettava altro che sentire le mie labbra sulle sue. Dopo il parco mi accompagnò a casa e io lo invitai ad entrare cosicché potessi fargli un caffè e magari dargli una maglietta pulita chè la sua era sporca di terra. Ovviamente non ci pensò due volte e mentre la macchinetta faceva il caffè andai a prendergli una maglietta. Mentre la stavo tirando fuori dalla cassettiera due mani mi attirarono verso un corpo caldo e verso un petto nudo. Aveva i muscoli tonici ma ancora di un adolescente, si vedeva che doveva crescere ancora. Mi contrinse verso la porta chiusa della camera e si avvicinò piano. "Sai - disse mentre avanzava di un passo - sto aspettando questo momento da una settimana - un altro passo e il mio cuore accellerò - mi hai fatto proprio dannare - un altro passo e io cominciai a sentire di nuovo un senso di colpa - ma finalmente il momento è arrivato - le sue mani sui miei fianchi e il mio senso di colpa che aumentava - dio, sei così bella - praticamente i nostri nasi si sfioravano e io stavo cercando di trovare la forza di non voltarmi per l'ennesima volta. Farlo o non farlo? - così dolce - la voce era in un sussurro e mi resi conto che non lo avrei baciato - così innocente" non lo avrei baciato. E ne ero certa. Non lo volevo, non veramente. Non volevo lui. Non volevo le sue mani che non erano abbastanza grandi nè abbastanza forti, non volevo le sue labbra che non erano abbastanza carnose; non volevo il suo corpo che non era abbastanza maturo, non era abbastanza protettivo; non volevo la sua anima che pareva troppo candida, troppo luminosa, quasi non vera; io non volevo lui. Non lo volevo perché il suo corpo non era abbastanza caldo e perché mi dava sempre ragione, non lo volevo perché non avevamo mai litigato e non avevamo niente in comune. Ma soprattutto non volevo lui perché aveva tanti pregi, ma aveva un difetto enorme. Lui era gentile, generoso, dolce, romantico, mi dava sempre ragione e avrebbe fatto di tutto per me, ma c'era solo un problema: lui... lui non era Derek. E questa consapevolezza accese in me la scintilla che mi diede la forza di scansarlo. "Mi dispiace Theo. Non posso. Non ci riesco" "sei fidanzata?" "No." "E allora che c'è?" "Non sei tu quello che voglio. Sono innamoorata di qualcun'altro e sperare che tu possa prendere il suo posto sarebbe come fotografare il sole e sperare che la notte ci possa scaldare. Mi dispiace" gli dissi e poi lo lasciai andare via. Era meglio così. Non lo avrei fatto soffrire troppo; perché io so che può far davvero male sperare in qualcosa che non c'è. Può fare male illudersi e poi venire a conoscenza di qualcosa che cambia le carte in tavola. Le mie carte erano cambiate davvero una miriade di volte e se avessi saputo che il fatto di quella sera le avrebbe cambiate di nuovo, probabilmente non avrei fatto ciò che ho fatto.
Sarebbe stato un vero disastro.

Il girasole che girava al contrario. #Wattys2019Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora