Lotta alla sopravvivenza

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-E' stato due anni fa-comincia a raccontare-Brutto periodo, sai. Ma non so se saresti pronta per ascoltare tutta la storia senza giudicare, è molto complessa.-I suoi occhi color del cioccolato fissano i miei color nocciola, supplicandomi di non giudicarla.-Tranquilla, se te la senti di raccontarmi tutto bene, io sono disposta ad ascoltarti. Sarebbe un buon inizio.-

-Okay, uffh... Come ti ho detto è stato due anni fa. Considerati privilegiata, quasi nessuno conosce questa storia e se te la sto raccontando significa che so che posso fidarmi di te. E so che anche tu vuoi fidarti di me, me lo hanno detto i tuoi occhi prima. Cominciamo dall'inizio. Partiamo dal fatto che non sono mai stata una persona simpatica e apprezzata. Mi hanno sempre odiata, dalle elementari, fino ad ora. Ma le medie sono state le peggiori in assoluto. Sono arrivata in prima media allegra, solare e vivace. Basta guardarmi ora per capire. Mi hanno sempre giudicata, non facevano altro. Anzi, forse si.                                                                                                            Sai il significato della parola "agonia"? Beh, io si. Non avevo amici. Non mi voleva nessuno. Merda, merda ovunque. Volevo scappare via, da tutto. Fuori scuola ero sempre sola, semmai la gente mi puntava il dito e insultava, giudicava, rideva di me. In classe ero sola, a casa ero sola, per i corridoi ero sola, al bagno ero sola. Sola. Io continuavo a guardarmi ma, ti giuro, non ho mai trovato qualcosa che non andava in me. Ero assolutamente normale. Il problema è che le persone usano la violenza perché la trovano appagante. Una decina di mesi così, ma io resistei, nonostante fosse una lotta continua. Ho lottato fino all'ultimo. Poi accade.                                                                                                                                                    Era una brutta giornata, quella in cui mi sono fatta questo-indica il polso-All'uscita da scuola, analizzo l'asfalto mentre giungo alla fine del marciapiede per attraversare la strada. Improvvisamente sento delle voci dietro di me, una mano, anzi, almeno dieci, che mi spinge in mezzo alla strada. Io mi giro, vedo due fari accesi, poi più nulla.-

-Sono stata investita per colpa di cinque infami, ed ora sono qui per grazia di Dio. Questa è la mia storia, ora vorrei sentire la tua.-fissa un punto inesistente, impaziente di ascoltarmi.

-Io e Frederick abbiamo avuto più o meno la stessa storia... Abbiamo deciso di scappare. Abbiamo lasciato i nostri genitori. Ma non c'è alcun problema, non ci volevano. Abbiamo fatto i bagagli, cominciato a camminare. Nessun ripensamento: eravamo soli. Io, lui e nessun'altro. Lui mi difendeva e io difendevo lui. Paura? Tanta. Siamo passati per posti molto pericolosi. Boschi inesplorati, mari rabbiosi. Ma siamo ancora qui. Non vedo l'ora di rifarmi una vita. Da oggi una casa, che è quella dove vivrà anche una di noi insieme a me, qui, al college. E sono felice così.-

-Evans! Clarke! Cosa state facendo?!- come urla questa professoressa.-Niente, prof. Socializzavamo-le risponde Fleur per entrambe, e mi fa l'occhiolino.


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