Ombra

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-Megan-

-Io e Fred ci siamo conosciuti quando siamo nati.- comincio, tentando di non creare quell'atmosfera triste da film a cui molti aspirano -Avevamo le stesse tutine, gli stessi ciucci. Strano da credere, ma ci vestivano uguali, con colori neutri, come il giallo o il verde. Nacque dieci giorni prima di me, poi nacqui io. Le nostre madri erano molto amiche, di conseguenza noi stavamo tutto il giorno insieme. Passarono gli anni, e in questi crescemmo insieme. La prima parola che disse fu "Mean", il mio nome. Ricordo che, quando le nostre madri ci portavano a passeggiare per le strade, noi eravamo nelle carrozzine e ci stuzzicavamo. Ridevamo, eravamo molto vivaci. Iniziammo a camminare insieme, senza aiuto altrui fuorché dell'altro di noi due. Lui giocava con le bambole per me, e quando cominciammo a parlare, faceva la voce femminile, facendomi ridere come mai. Cominciarono a crescermi i capelli e ricordo che Fred me li intrecciava mentre guardavamo la televisione insieme, a casa sua. A Carnevale ci mascheravamo insieme; una volta facemmo Barbie e Ken. Il giorno del mio compleanno e il giorno del suo compleanno, nessuno dei due aveva bisogno di feste o regali o altro. Perché ognuno sapeva di avere l'altro, e questo bastava. Crescemmo. Imparammo a conoscere il mondo, insieme. Giunse la terza "media", come la chiamano in Italia. Mia sorella morì, tutti sapete tutto, credo. Mia madre diventò impossibile... Era in crisi, impazziva, non era sostenibile. Mio padre anche. Mi dispregiavano, insultavano, senza probabilmente rendersene conto. Un giorno raccontai tutto a Freddy, che, alle mie spalle, cercò su Google un istituto decente, il più lontano possibile, dove continuare la nostra vita. Lui era disposto ad abbandonare la sua famiglia per non soffocare me. Per me ha lasciato Margaret, sua madre, James, suo padre, e Maggie... Oh, Maggie. Era una bimba adorabile. Amavo quella bambina, e lei amava me... Era sua sorella. Parlò con i suoi genitori ed essi gli dissero che oramai egli aveva quindici anni, e poteva far ciò che voleva, ma che gli sarebbe mancato. Ricordo nitidamente quel giorno. Quella sera. Io e Freddy avevamo nuove carte d'identità, nuove residenze, eccetera. Le mostrammo ai suoi genitori che sapevano la mia situazione e che, piangendo, gli dicevano che erano felici. Li abbracciammo e ce ne andammo. L'ultima cosa che feci, lì ad Edinburgh, fu di salutare mia sorella. Frederick, però, aveva tralasciato un particolare, con i suoi genitori: niente aereo, boschi e pistola carica. Partimmo il dieci di agosto. Un viaggio di trentatré giorni nella foresta. Tutto ben programmato. Furono tante le volte in cui Fred fu costretto a difendermi e sparare per evitare di lasciarmi senza protezione. Non posso neanche immaginare cosa ha provato in quelle settimane. Orrore, paura, distruzione, stanchezza, rabbia. Desiderio. Mi ama, è sicuro. Come io amo lui. Da sempre. Però tranquillo, amore- dico a Theo che diventa inquieto -Capisci il senso, no?- Sì, certo, amore. Va' avanti.- proseguii. -Eh niente, giungemmo qui e andammo in albergo. Ci demmo una sistemata per non far sembrare che venivamo da più di trenta giorni di boscaglia e dormimmo. Il giorno dopo, me ne andai prima, lasciandogli un biglietto dove dicevo che ero andata a comprare la colazione e che lo aspettavo a scuola. Ci siamo ritrovati, e poi beh... Sapete il resto.-

Due ore dopo

-Salgo a prendere i giacconi, Theo. Ce ne andiamo.- Va bene, amore.-

Salgo le scale, e incontro Roxanne. -M-Megan.- dice, tra i singhiozzi -La tua storia è commovente. Volevo solo chiederti un favore... Se per caso lo incontrassi... Se potessi dirgli che... Beh, i-io l-lo a-a-mo. Diglielo, ti prego.- conclude -Certo, Rox. Stai tranquilla, glielo dirai tu stessa.- e vado di sotto.

Esco con Theo nella fredda notte del 15 gennaio e vedo un'ombra dietro la siepe.

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