01-Il nuovo mondo

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ALESSANDRO

E fu così, che come in un sogno, mi ritrovai in un mondo che non era il mio; in una foresta con alberi tanto imponenti da far impallidire il più grande dei giganti. I fusti erano così spessi che neppure una catena di dieci uomini sarebbe riuscita a cingerne uno, mentre le chiome formavano una barriera naturale impenetrabile per qualunque raggio solare. Ad illuminare l'ambiente vi erano degli insetti, simili a lucciole, che giacevano sui tronchi degli alberi, quasi ricoprendoli. Le bestioline emanavano una luce bianca e pura, immergendo la foresta in un'atmosfera surreale e magica. Ogni minuto, ogni secondo, in quello strano bosco mi si presentavano delle nuove creature davanti agli occhi; uniche nel loro genere e non appartenenti al mio mondo, eppure non riuscivo a pensare a null'altro che ad ammirarle. Domande come "Perché sono qui? Che posto è questo?" non mi avevano ancora sfiorato la mente. Nonostante fossero passate un paio di ore era come se avessi un obiettivo prestabilito, una meta di cui non avevo idea, ma a cui mi stavo avvicinando, come se il mio unico pensiero fosse: "Devo trovarlo", come se nient'altro avesse alcun valore. Era la stessa sensazione che mi spinse ad andare al boschetto e che mi fece toccare quell'oggetto precipitato da chissà dove. Il mio viaggio mi portò fino ad una radura, al centro della quale vi era ciò che pensai essere l'ennesimo abitante della foresta. Era seduto a terra e aveva le sembianze di un uomo. Indossava un'armatura blu, di cui non avrei saputo sollevarne neppure un guanto, ed ogni pezzo era contornato da un orlo dorato. L'armatura era palesemente rovinata da tagli e ammaccature, aveva persino perso lucentezza, apparendo come avvolta da un velo nero. Alcuni pezzi mancavano all'appello. La spada non aveva neppure una lama affilata, anzi ad essere sincero era spezzata a metà. L'uomo, rivolto verso di me, aveva il sorriso più naturale e sincero che avessi mai visto. I suoi occhi, celesti, risplendevano di speranza; gli avrei affidato la mia vita ad occhi chiusi senza temere il tradimento, anche se avesse dovuto affrontare diecimila soldati da solo. Era più alto e robusto di me. Non aveva un filo di barba, e i capelli neri e scompigliati, gli finivano su di un occhio che teneva chiuso, con una cicatrice evidente. Di punto in bianco si alzò e si diresse verso di me; io rimasi immobile come pietrificato di fronte a quel nobile guerriero, finché non decisi di arretrare un poco, anche se quando lo feci, vista la poca distanza che mi separava da lui, non esitò a poggiarmi la mano destra sulla spalla, per poi aggiungere: -Fidati-. Seguì un suo gesto. Poggiò l'altra mano sul mio petto, in corrispondenza del cuore. Nell'istante in cui lo fece iniziarono a presentarmisi una dopo l'altra una successione di immagini. Deserti aridi e sabbiosi in cui nuotavano giganti di pietra, con mascelle enormi e una bocca che sembrava un tritacarne. Montagne interamente composte di cristallo, abitate da golem composti dal medesimo materiale. Intere città in movimento, al di sopra delle nuvole. Spiagge con mari limpidi di come non ne avevo mai visti, inoltre vi erano flussi di magia che pervadevano ogni oggetto, ogni elemento, ogni essere vivente. Tutti questi circuiti magici confluivano in un albero, che superava le nuvole stesse e che era situato al centro della foresta in cui mi trovavo. In un istante mi sembrava di aver imparato ogni cosa che c'era da sapere su quel mondo e di aver letto tutti i ricordi appartenenti a quel cavaliere; le sue battaglie, le sue vittorie e ancora battaglie su battaglie. Era un mercenario, ma contrariamente da quanto ci si sarebbe aspettati non combatteva né per soldi né per fama. L'unica cosa che chiedeva dopo un duro scontro era se fosse stato utile, se la sua partecipazione alla lotta avesse contribuito a salvare delle vite, per poi andarsene come se nulla fosse stato. Come ho già detto ha partecipato a numerose battaglie, tutte a causa della stessa guerra, quella tra angeli e demoni. I demoni vivevano in un terzo mondo, chiamato Nadir, la cui superficie era ricoperta da vulcani e terra bruciata. Noi umani avremmo detto che era l'inferno, quando per i demoni non era altro che una casa accogliente in cui far ritorno; fino a pochi anni fa almeno, quando un temibile demone, il più potente mai esistito, non salì al trono come dittatore, cosa che in realtà era normale routine per la loro rudimentale forma di governo, in cui vigeva, e vige tuttora, la regola del più forte. L'unico requisito necessario per diventare "re" è vincere un duello con il leader al comando in quel momento. A collegare Nadir, Terra e Zenit (il mondo dove mi trovo) vi sono tre varchi dimensionali, che permettono il passaggio da un mondo all'altro; ed è proprio usando questi varchi che il demone decise di attaccare il mondo degli angeli, dando inizio ad una lotta dal futuro incerto. Il cavaliere, anzi l'angelo, mi tolse la mano dal cuore e la successione di immagini terminò. Mi ritrovai sdraiato a terra, con un emicrania talmente forte da non riuscire neppure a sentire i miei pensieri. Dopo qualche minuto mi rialzai.

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