24-uno in meno

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ALESSANDRO

Si alzò un polverone, da cui ne uscì Matteo -Era un lavoro sporco ma qualcuno doveva pur farlo- mi guardò con il martello sporco di sangue e un sorriso insopportabile stampato sul volto; glielo avrei fatto passare.

Non riuscivo a provare rimpianto, ero offuscato dai fumi della rabbia, non ero più padrone di me stesso. Feci apparire l'Exacore, con la nuova incisione "proteggerò tutti" e mi scaraventai contro quel boia.

-Così! Avanti! Questo volevo!- si mise a gridare lui, euforico. Quando le nostre armi si incrociarono la prima volta lui non fece in tempo ad impugnare la sua con entrambe le mani e lo scaraventai indietro, poi con un'altro fendente lo disarmai e conficcai la mia lama nel pavimento.

-Questo è ciò che io chiamo un comportamento da uomo- scoppiò nell'ennesima risata.

-Piantala di ridere!- ero di fronte a lui e ne approfittai per tirargli un gancio dritto sopra l'occhio destro, infatti gli aprii una ferita sul sopracciglio.

Lui si abbassò, pensai fosse dovuto al colpo, ma si alzò immediatamente con un montante che mi colpì dritto alla mandibola; per un attimo mi sembrò che me l'avesse rotta. Indietreggiai dolorante.

Attirò a sé il martello, che si trovava alle mie spalle, e io feci lo stesso con la mia spada per parare il colpo, poi mi si avvicinò dalle spalle, così mi voltai per trafiggerlo con l'altra arma, ma qualcosa mi bloccò, e ricevetti un gancio nella medesima posizione dove io colpii prima il mio avversario, con relativa ferita.

-Perché non mi hai ucciso? Avresti potuto- mi guardò sdegnato. Non risposi.

-Fino a poco fa non desideravi che la mia morte, e ora?- la verità era che la rabbia stava lentamente venendo sostituita dal rimpianto e dal dolore.

-Ho ucciso la tua amica!- gridò.

L'incisione sulla mia spada smise di brillare e io caddi in ginocchio stremato.

-Pensavo che fossi diverso, invece sei come tutti gli altri esseri umani; nessuno che abbia la forza di perseguire il proprio obiettivo; nessuno che abbia la forza di lottare senza il sostegno di altri - poggiò il martello sulla spalla.

Venni avvolto da una miriade di luci viola che roteando intorno a me mi trascinarono sul lago dove mi trasportò il Rashamdir.

-E così smetti di combattere?- riconobbi la voce di khy.

-Che senso ha lottare se non riesco a proteggere le persone che amo?- l'intero specchio d'acqua rifletté la scena in corso su Olairon, ovvero quel demone che caricava un colpo per me mortale.

-Quindi preferisci condannare la Terra e le persone a te ancora care a questo mondo?- mi fece voltare e mi spinse violentemente, facendomi indietreggiare.

-A te cosa importa? Dov'è il tuo guadagno nello spingermi a vivere?- alzai la voce.

-Non ho intenzione di perdere questo gioco!- mi urlò contro, prima di farmi uscire da quella dimensione.

-Addio- proferì il demone. Con una semplice mossa lo atterrai, e gli puntai una spada al collo.

-Hai abbassato la guardia- lo guardai composto.

-Da dove viene questo desiderio di lottare?- la scritta sull'Exacore si illuminò nuovamente -Stavi parlando con Khy? Non riesci a fare nulla da solo?- mi chiese a raffica.

-Nonostante abbia cercato di spingermi a combattere le sue parole erano vuote, non hanno significato nulla per me. Tu come sai di lei?- gli posi diversi quesiti.

-Tutti noi sappiamo di lei. Il tuo sguardo è così divertente, cerchi di nascondere il tuo dolore, ma in realtà sappiamo entrambi che vorresti solamente scomparire- ribatté lui senza timore.

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