26-uno strano tipo

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ALESSANDRO

Mi accascio sotto le fronde di un albero, in vicinanza di un corso d'acqua che mitiga leggermente l'arida aria del deserto; vi è una pietra tombale davanti a me, c'è scritto: "ti sono piaciute le stelle?" Mi chiedo cosa significhino quelle parole. Aspetto l'arrivo di Ray, mentre Arika, in viaggio su Arem, si dirige alla prossima città demoniaca.

Fragili montagne di sabbia si creano e distruggono in una perpetua danza, come marionette alla stregua del vento, il quale intreccia come un ragno i fili che detteranno il fato di ogni granello. È comune a molte menti il pensiero: "Faber est suae quisque fortunae", che in italiano si traduce "ciascuno è artefice del proprio destino" e io sono della medesima scuola di pensiero, o almeno lo ero prima di conoscere khy, un vero dio, il quale detta le proprie leggi sul mondo e sceglie il destino dei suoi abitanti. È possibile opporsi ad una divinità?

Getto un sguardo verso quella nascosta linea d'orizzonte che timidamente separa la sabbia bollente dal candido cielo e noto una figura nera, come la pece, in lontananza,  avvicinarsi con passo lento. Non mi muovo di un millimetro e osservo meglio quel misterioso individuo; sembra zoppicare, sorreggendosi su una specie di lancia che ancora lucente riflette i raggi del sole. La persona indossa un lungo mantello nero con un cappuccio.

A circa una quarantina di passi dall'uscita di quella trappola incandescente il viaggiatore sviene.

-Alzati! Mancano pochi metri!- grido.

-So già che me ne pentirò- mi inoltro cauto su quella rovente distesa di polvere tastando il terreno con un ramo spezzato dall'albero che mi offrì rifugio.

-Come stai?- scuoto per la spalla quell'afflitto vagabondo.

-Vai Briciola!- urla quel tipo, alzandosi immediatamente in piedi. Non faccio in tempo a guardare in volto il bugiardo che il terreno cede sotto ai miei piedi, così si apre una voragine che finisce con l'ingoiarmi.

Mi ritrovo in una grotta sotterranea a sputare e togliermi di dosso sabbia.

-Sempre fantastica- acclama una voce squillante ma rauca.

Alzando la testa noto un verme enorme coperto di scaglie di pietra, dove con ritmo regolare si ripetono alcune serie di aculei ritratti. L'animale sta secernendo una sostanza viscosa, color ocra, dalla sua coda, appoggiata ad un buco presente sul soffitto, probabilmente da cui sono caduto. Rimango affascinato a guardare quel gigante, senza occhi, e con una mandibola circolare pari per dimensioni al suo corpo, con diverse file di denti perlati.

-Vediamo un po' chi abbiamo qui- si mostra in groppa al mangiaterra, dopo aver scalato la sua schiena, un nanetto verde, con naso e orecchie a punta, senza capelli, con piccoli occhi neri e un sorriso a trentadue denti...meno quelli persi.

Sotto al mantello indossa un'armatura argentea, splendente come un diamante, anche se segnata da numerose battaglie, come la sua lancia, con una lama ormai non più affilata e impregnata di sangue, con una gemma rossa incastonata.

-Tu non sei un demone, e non sembri neppure un angelo, non hai nessuna armatura bislacca o stravagante- scende aggrappandosi alle varie scaglie dell'animale e si avvicina. Claudica con la gamba sinistra.

-Ce ne sbarazziamo?- quella specie di goblin si taglia qualche pelo di barba, di alcuni centimetri, con l'arma.

Il suo alleato inizia ad agitarsi facendo versi incomprensibili e scuotendo la coda ovunque; aveva pietrificato il foro da cui ero caduto.

-Non sarà il tuo giocattolo! Ne hai rotti fin troppi!- il soldatino sgrida severo quello che sembra a tutti gli effetti il suo cane.

-Io mi chiamo Spyke, tu ce l'hai un nome?- mi interpella il chiacchierone.

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