34-epilogo

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ALESSANDRO

Buio. Una strada rocciosa, in salita, si mostra rapidamente, bianca. Un cancello in profondità, dorato, di diversi metri in altezza e larghezza.

-Per ottenere questo potere dovrai rinunciare a ciò che ti è rimasto di più caro- ecco di nuovo la voce che udii nella stanza del saggio, sotto Arem.

Lentamente la strada inizia a sgretolarsi, il percorso si fa più fine, fino a diventare impraticabile, per poi sparire, insieme alla piattaforma su cui mi trovo, così cado nel vuoto.

Mi sveglio.

Questo sogno mi tormenta da giorni ormai, da quando Alekas ha salvato la reliquia della profezia e ho iniziato a portarla sempre con me.

Mi alzo e vado sul balcone, passando per una porta a due ante, di vetro.

Noto, un po' grazie all'illuminazione pubblica, un po' grazie alle flebili luci che provengo da alcune case, diverse scritte per i muri della città:

"Aremial è con noi"

"Arem è degli angeli! Fuori gli umani!"

Vi è questo clima al limite della tolleranza da quando ho annunciato chi fosse il nostro memico. Molti angeli hanno reagito con un disprezzo incondizionato nei confronti del loro ex imperatore, altri hanno incolpato me. Se non molto tempo fa Arem era vicina alla rivolta ora lo è ancora di più.

Alla fine decido di tornare dentro e rimettermi a letto.

La mattina seguente. 6:32.

Un fragoroso e invasivo allarme riecheggia per la città, facendomi cadere dal mio giaciglio.

Vi sono diversi gradi di allerta in base alla cantilena che viene emanata dai vari ripetitori, questa è quella che indica un pericolo tale da minacciare l'esistenza di Arem.

Ordino a Danton e Colbert di riunire l'esercito, almeno quella parte ancora fedele mentre vado da Dhome.

ALEKAS

Ospedale di Arem. Stanza numero 256. 6:35.

Stringo con forza quella specie di bastone con le rotelle a cui ho attaccata la flebo e cerco di tirarmi su dal letto. Riesco a mettermi seduto. Poggio un piede a terra, inizio a spingere per alzarmi; sembra andare tutto bene. Il primo passo. Cado.

-Che triste spettacolo, un nobile guerriero che non teme la morte che non riesce neppure a muovere un passo, quasi fosse handicappato- una ragazza si affaccia da dietro la porta della mia stanza.

-I tuoi genitori dovrebbero insegnarti un po' di educazione- borbotto tentando di rialzarmi.

-Un tono piuttosto sfrontato per rivolgersi ad una dea- mi si avvicina e mi stringe la mano, così un tenue calore si diffonde nell'aria candida.

-Chi sei?- quasi balbetto incredulo.

-Il tuo miglior sogno o il tuo peggior incubo- ride di gusto -Devi fare una cosa per me- continua con un sorriso gentile.

DANTON

6:40. Arem, verso l'entrata principale.

Sto correndo più veloce che posso verso il campo di battaglia, sono rimasto indietro.

-Aspetta!- riconosco immediatamente la voce della mia amata e mi congelo sul posto.

-Nami...- cerco delle parole, che strozzate da un nodo in gola, si rifiutano di uscire.

-So che non riuscirò a convincerti a non combattere...- si prende un attimo, mentre la sua voce si fa più fragile e tremante.

Mi volto verso di lei.

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