Capitolo 1: Libri

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Stavo scendendo le scale con una lentezza disarmante, quasi totalmente alla cieca a causa della pila infinita di libri che tenevo tra le braccia.

Appena suonata la campanella dell'intervallo, quella schiavista della professoressa di letteratura mi aveva praticamente imposto di portare una marea di volumi in biblioteca, tre piani più sotto. Avrei davvero dovuto fare due viaggi ma volevo evitare di perdere troppo tempo, l'intervallo era sempre troppo breve. Mentre tentavo di non perdere l'equilibrio ad ogni gradino il mio stomaco rimpiangeva la merenda rimasta nello zaino e mi rimproverava con grossi gorgoglii di non aver fatto colazione quella mattina.

Finalmente l'ultima rampa era davanti a me. Con cautela iniziai a scendere gli scalini fulminando con sguardo furioso due "primini" che stavano correndo su per le scale e costringendomi a fermare per evitare che mi cadesse tutto per terra. In quel momento un altro ragazzo mi passò di fianco urtandomi ma con un movimento improvviso riuscii a salvare la torre traballante che stavo trasportando. Non potei fare a meno di notare che dal suo mignolo sinistro si propagavano in tutte le direzioni diversi fili gialli, due fili rosa e uno rosso sangue. Era sicuramente un tipo molto popolare. Guardai con tristezza la mia mano sinistra appoggiata sui libri: nemmeno un filo, come sempre.

Rincominciai a scendere insultando mentalmente tutti gli insensibili che mi stavano passando accanto e che non avrebbero mai sprecato il loro tempo per aiutare, almeno non me. Mancavano pochi gradini e il traguardo sembrava vicino quando, d'un tratto, inciampai goffamente e caddi rovinosamente a terra circondata dai numerosi volumi, uno dei quali mi colpì in testa.

– Ahi ma cos'è? – chiese con tono seccato una voce profonda a poca distanza da me.

Non me ne ero resa conto ma la valanga di libri doveva aver colpito qualcuno che ora se ne stava per terra come me completamente sommerso.

Un ragazzo dai capelli color del caramello sedeva sul pavimento con "i viaggi di Gulliver" in mano mentre un gruppo di studenti intorno a noi guardava la scena, alcuni divertiti e altri attoniti. Non avevo mai visto quel ragazzo ma il suo sguardo mi sembrava conosciuto, come se per tutta la vita io non avessi fatto altro che perdermi in esso. I suoi occhi facevano immediatamente pensare a un cielo invernale di un grigio profondo, quasi infinito, fatto di molteplici riflessi che rendevano il suo sguardo sveglio e in movimento. Erano occhi freddi ma anche pieni di un qualcosa, di un tutto, che si poteva intuire ma che restava ben nascosto. Erano occhi che avevano molto da dire, erano occhi che provenivano da una qualche sorta di sogno, erano occhi che avrei voluto saper leggere.

Il suono della campanella disperse gran parte degli osservatori e mi riscosse da quella sorta di torpore che mi aveva completamente avvolto e di cui non mi ero nemmeno resa conto.
Il ragazzo che mi stava di fronte mi fissava sorpreso e spaesato, come se mi conoscesse e allo stesso tempo come se io fossi l'ultima persona che si aspettava di trovarsi di fronte. In quel momento mi accorsi della sua mano sinistra: nessun filo, iniziai ad agitarmi.

– Chris ti sei fatto male?– chiese uno studente dagli occhi scuri al ragazzo che avevo investito. Lui i fili li aveva.

– No tranquillo. Inizia ad andare in classe, io ti raggiungo subito – rispose lui con un sorriso.

– Ma lei...– iniziò l'altro indicandomi senza curarsi di nascondere il disgusto.

– Tranquillo. Vai. –

Lo studente, un po' riluttante, si allontanò lungo il corridoio con passo lento.

– Ti chiedo scusa – sussurrai piano mentre iniziavo a raccogliere velocemente tutto quello che mi circondava, dovevo andare via di lì, dovevo pensare con calma.

– Come? – chiese lui avvicinandosi.

– Scusa – ripetei un po' più forte.

– Non ti preoccupare. Ma posso sapere come mai trasportavi tutta questa roba da sola?– mi chiese mentre mi aiutava a raccogliere i libri.

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