Capitolo 23: Colpa

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Il colloquio con i Sommi mi aveva decisamente scombussolato, onestamente non era piacevole essere minacciati di morte. Subito dopo l'uscita di grande effetto del Sommo Paul, i suoi due colleghi lo avevano seguito senza dire una parola e mi avevano lasciata sola nell'ufficio del signor Loi.

– Stai bene?– mi chiese Christian entrando nella stanza e chiudendosi la porta alle spalle.

– Tu che dici? Mi hanno accusata ingiustamente e poi minacciata di morte. Perché l'hai permesso?–

Ero furiosa. Christian avrebbe dovuto credermi, avrebbe dovuto supportarmi e difendermi. Ero il suo Guardiano, la sua amica... mi aveva baciata dannazione!

– Mi dispiace – confessò lui con lo sguardo duro e fisso – non posso interferire con quello che fanno o decidono i Sommi, soprattutto ora che sono il sostituto del Direttore. –

– Oh, fantastico! Quindi se dovessero decidere che sono troppo pericolosa per rimanere in vita non muoveresti un dito?!–

– Non ho detto questo. Non gli permetterei mai di...–

– Come non hai permesso a Jena di accusarmi o al Sommo Paul di guardarmi come se fossi un abominio?– sbottai infuriata – Christian Loi ma io che cosa sono per te?–

Non ricevendo risposta continuai mostrandogli la mano sinistra – tu non lo puoi vedere ma intorno a questo dito c'è un filo che mi collega a te. Tu mi hai dato un Legame, il primo che potessi vedere, quello che mi ha dimostrato che non sono poi così diversa dagli altri e che non sono sola. È questo che mi fa alzare dal letto la mattina desiderosa di vedere il tuo viso e passare le mie giornate con te. Ogni altra cosa– dissi fissando il filo rosso che mi legava a Damian – ogni altra stupida cosa, non ha alcuna importanza per me. Mi basta che ci sia tu, sempre. Mi basta che tu abbia fiducia in me, che tu creda in me e che tu faccia affidamento su di me. Perciò ti domando di nuovo: io cosa sono per te?–

Vidi Christian abbassare lo sguardo incapace di sorreggere il mio. Passarono interminabili minuti di silenzio, poi alzò nuovamente il viso. Qualcosa in lui era cambiato in un certo senso, aveva preso una decisione.

– Quando ti ho vista la prima volta ero solo un bambino e mio padre mi disse che dovevo essere paziente perché tu non eri pronta ad incontrarmi. Ti ho aspetta per anni durante i quali non ho fatto altro che impegnarmi per essere pronto una volta che fossi arrivata, per essere alla tua altezza. Poi, quando mi sei caduta addosso con i tuoi libri e il tuo singolare modo di essere, tutto quello a cui sono riuscito a pensare è stato "finalmente". Ti ho conosciuto e ogni giorno, ogni istante, ti vedevo sempre più chiaramente. Eri molto più di quello che mi ero immaginato. –

Sorrisi colma di speranza.

– Ma – disse fissando un punto dietro di me mentre il mio cuore sprofondava nell'abisso – la mia famiglia, questa base e la nostra missione vengono prima di ogni cosa. Mio padre e il suo ruolo vengono prima di ogni cosa. La lotta ai Predoni e l'Organizzazione sono ciò che conta di più, sono la mia vita. Tu sei la mia Guardiana, tu sei una parte fondamentale di tutto questo, Nina, ho bisogno di te e voglio esserci sempre ma prima ho bisogno di sapere: sei stata tu a far entrare qui quel Predone? Sono il tuo Cavaliere, devo saperlo. –

Il mio cuore si fermò. Per la prima volta da quando ero nata sentii che non volevo piangere, non sarebbe servito a nulla. Abbassai lo sguardo sulle mie mani vedendo il nostro legame sbiadire lentamente fino a scomparire.

– Tranquillo – dissi con freddezza – adesso non sono più un problema tuo. –

Corsi fuori dallo studio in preda al panico. Chris non era più il mio Cavaliere, non era più nulla per me.

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