Eren (7)

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Era passata già una settimana.
Sospirò.
Dopo la sfuriata dai suoi era corso a rifugiarsi a casa di Armin, che per fortuna abitava da solo già da qualche giorno.
La voglia di tornare a casa non c'era, significava affrontare quell'altro problema: il vicino!
Non aveva voglia di affrontare proprio nulla, era riuscito a chiamare Marco per dirgli che non sarebbe andato a lavoro quella settimana e stranamente, o quasi, non aveva minimamente fiatato, evidentemente a conoscenza delle ultime vicende familiari.
Lo studio poi era proprio l'ultimissimo dei suoi pensieri.
Quella settimana aveva semplicemente preso tempo, per non fare assolutamente nulla.
A volte serve anche quello.
«Guarda che per me puoi rimanere quanto vuoi, potremmo andare a lavoro insieme la mattina, così non faresti tardi» gli propose l'amico vedendolo molto abbattuto.
L'incanto temporale però era già concluso, stava infilando roba nel borsone che aveva sempre di riserva nel bagagliaio dell'auto in caso di emergenza. Doveva tornare, andare a lavoro, riprendere a studiare e prima o poi...
Sospirò di nuovo.
Forse fermarsi non era stata proprio un'idea brillante, il suo tempo scorreva trasmettendo in loop alcune scene recenti della sua vita: lui che mandava a quel paese il padre; Ackerman che lo baciava.
Oddio, era stato lui ad averlo baciato, ma il vicino aveva riprovato con un bacio a stampo.
Cosa cavolo voleva dire? Come si doveva comportare? Cosa stava a significare?
Cosa avrebbe dovuto dirgli?
Se voleva solo provarci?
Era vergine! Come avrebbe dovuto dirglielo.
Ad un tratto decise che ci sarebbe morto in casa di Armin.
Le sensazioni ancora molto vivide sul corpo...
Stava impazzendo, la sera prima di dormire cominciava a sentire delle mani fantasma toccargli la pelle e una strana pressione sulle labbra.
Come poteva il corpo registrare così tanto?
No, doveva rimettere la sua vita a posto.
Avrebbe dovuto scusarsi a casa? Chiedere consigli d'amore alla mamma? Chiarire tutto con il vicino? Con cosa cominciava?
Sicuramente il vicino era la priorità assoluta poiché lo vedeva spesso e non poteva continuare ad ignorarlo per sempre.
Si sentiva molto scoraggiato, più rivedeva quel momento nella sua mente e più avrebbe voluto non averlo mai vissuto. Perché diamine si era alzato e se ne era andato senza dire assolutamente nulla? Lo aveva lasciato lì come uno stoccafisso, confuso, impaurito...
Non avrebbe mai potuto immaginare che il suo primo bacio potesse essere tanto destabilizzante, lo aveva immaginato molto più romantico.
...Patetico.
Aveva ragione il padre, ma che razza di persona era?
Probabilmente se la sarebbe cavata da solo, se avesse raccontato alla mamma la sua confusione mentale l'avrebbe fatta preoccupare, oltretutto non voleva certo parlare di un qualcuno che aveva baciato e basta, come minimo doveva esserci fidanzato e sicuro di averlo scelto con criterio.
Aveva detto che per i prossimi tre anni non avrebbe più voluto vedere il padre, ma quello implicava vari problemi, uno vedere la madre che non si staccava mai dal marito, due vedere Mikasa, avrebbe dovuto cominciare a vedersi da solo con lei per poterle raccontare qualcosa.
«Okay resto qui» disse ironico buttandosi sul divano di Armin.
«Guarda che andrebbe bene, puoi studiare anche qui, e al lavoro andiamo insieme» gli sorrise gentile.
Probabilmente stava passando un brutto periodo e anche se ancora non era pronto a parlargliene avrebbe aspettato e nel frattempo lo avrebbe aiutato.
Era gentile come sempre ma per suo sfortuna lui adorava la solitudine, lo scoprì quando iniziò a vivere da solo, forse perché era cresciuto con una sorella e dei genitori molto presenti quindi la privacy e la solitudine erano cose che gli mancavano.
Non poteva rimanere lì, doveva ritrovare i suoi spazi senza sentirsi ospite, in dovere di fare, comportarsi ecc ecc.
Oltretutto era una persona molto disordinata, cosa che Armin odiava.
«Ti ringrazio, ma devo sistemare alcune cose» gli sorrise e sospirò ancora «Ci vediamo domani a lavoro?»
«Puntuale! Poi mi racconti com'è andata a casa» chiese discretamente.
«Mh niente di bello, si, poi ti spiego»
«Si, ora vai, hai qualcuno che ti aspetta»
Si accigliò non capendo bene le sue ultime parole, quando arrivò sulla porta di girò a guardarlo interrogativo.
«Il signor Ackerman»
A quelle parole si irrigidì, Armin sapeva? Cosa? Come? Ma poi in che senso??
«Ieri sera è venuto al bar» si interruppe.
«COSA?»
«Voleva sapere dov'eri finito perché doveva parlarti di persona»
Se avesse potuto descriversi, l'immagine sarebbe stata un intreccio tra l'urlo di Munch, la dea della disperazione e la morte.
Adesso voleva davvero rimanere lì!
«Oh Dio» è l'unica cosa che riuscì a dire.
«Lo so che sei venuto qui chiedendomi di non farti domande, ma c'entra qualcosa lui in ciò?»
Ancora una volta sospirò avvilito.
Si portò le dita negli occhi e li strizzò cercando di concentrarsi su Armin senza scadere in ansie ridicole.
A volte era troppo tragico.
«In parte, si» parlò in fine.
Voleva sprofondare.
Forse parlarne era più difficile di quel che pensava.
«Sicuro di non volerne parlare?»
Tornò indietro al divano e si sedette, probabilmente le gamme avrebbero ceduto dalla fifa.
Non aveva paura di Armin, ma di ammettere la sua deficienza!!
«Beh ormai... Non è che non te lo volevo dire è che... è strana, tutta la situazione, io...»
"Su forza Eren, 1,2 e 3"
«Ho baciato il mio vicino!» disse d'un fiato.
Armin all'inizio sembrò non aver capito, poi lo guardò bene e spalancò gli occhi.
«Ma è... È FANTASTICO!» lo abbracciò subito stritolandolo forte e ridendo felice.
«Cioè, sul serio, come!?» lo allontanò per le spalle.
Sembrava più felice e confuso di lui.
«Beh ecco, è una storia lunga...»
«Voglio sapere tutto! Come vi siete ritrovati insieme? Lo hai baciato tu o è stato lui? Che ti ha detto? Vi state frequentando ora? Allora perché sei qui!?? Devi assolutamen...»
«Armin!!» bloccò bruscamente quel flusso di domande assurde.
«Oh mio dio scusa!! Me lo dici così?»
«E come diavolo avrei dovuto dirtelo? Lanciando petali di rosa per creare il giusto effetto?» sbuffò e affondò ancora di più nel divano.
Certo che chi aveva inventato letto e divano aveva ben in mente la concezione di amicizia: reciproco affetto, costante e operoso, tra persona e persona, nato da una scelta che tiene conto della forma dei voleri o dei caratteri.
Beh, non solo tra persona e persona, loro non parlavano o respiravano, ma tenevano conto dei tuoi voleri e bisogni, dandoti affetto costante senza mai lasciarti insoddisfatto.
Geni!
«Non era una cattiva idea sai?» ridacchiò per prenderlo in giro.
Mugugnò qualcosa di incomprensibile e ridacchiò anche lui «Immahino di doverti raccontare proprio tutto ora»
«Ma come minimo, vuoi tornare a casa lasciandomi sulle spine?»
«Sia mai!»
«Ecco appunto, su»
Cercò di spiegare bene tutta la situazione, si soffermò su i dettagli e alla fine introdusse anche la questione familiaria, fino a quando non ne potette più.
«Penso di averti detto tutto»
«O.mio.dio!»
«Lo avrai detto almeno un centinaio di volte da quando ho cominciato a parlare!» gli fece notare.
«Ma chi sei tu? Eren? Sicuro? No scusa, come hai risposto a tuo padre? Io non posso crederci
«Davvero ti interessa?»
«Ma è epico. Comunque è inammissibile che tu sia ancora qui, cosa aspetti a tornare a casa, quel povero acaro burbero ti sta aspettando a casa!»
«Acaro burbero?» iniziò a ridere come un pazzo per quello strano nomignolo.
«Non ti soffermare sulle stronzate, prendi quella borsa ed esci da qui!» sbraitò l'amico.
«Ma come stronzate, ti rendi conto di come lo hai chiamato?» continuò a ridere.
«Si ridi ridi, nel frattempo quello lì quando ha chiesto a Marco dove fossi, voleva anche sapere vita morte e miracoli di questa settimana.
Vuole parlarti di persona e se si è sprecato tanto vuol dire che quello che ha da dirti è importante» ammise.
Si augurava come minimo che Marco avesse tenuto la bocca chiusa, certo neanche lui sapeva cosa o dove fosse stato però una delle motivazioni dell'allontanamento la sapeva.
«Ho paura di ciò che mi dirà, se dovesse semplicemente dirmi che è stato un errore?»
«Ma se ti ha ribaciato!»
«Sul momento, può essersi pentito»
«Sei un deficiente e non avrei mai pensato di potertelo dire»
Si passò una mano sul volto e sospirò «Che devo fare?»
«Andare a casa e affrontarlo, ora!»
«Ma ho paura!»
«Lo hai già ripetuto un centinaio di volte mentre ne parlavamo» lo scimmiottò.
«Molto simpatico, ti ringrazio»
«Fuori da casa mia» ordinò subito.
«No aspetta, devo prepararmi mentalmente» scattò come una molla e lo pregò con uno sguardo supplichevole.
Ad un tratto si sentiva impanicato.
«Non trovare scuse con me, avanti»
«Non è una scusa, devo parlare con il vicino più scorbutico del mondo!» cercò di prenderla a ridere... Non ci riuscì.
«Che ti ha baciato...» lo stuzzicò ancora l'amico.
Eren gli tappò velocemente la bocca, non voleva ripercorrere ancora e ancora e ancora quella scena, non voleva affrontare tanto imbarazzo.
Volevo sparire.
Si era anche tremendamente drammatico.
Prese il borsone e se ne andò, si diede la spinta per uscire da quella casa, altrimenti ci sarebbe morto sepolto, salutò Armin e corse in strada per prendere una grossa boccata d'aria.
Da un lato si sentiva più rilassato dopo aver raccontato la situazione ad Armin, lui era saggio, sapeva sempre cosa fare e come comportarsi.
Dall'altro però aveva quella vocina nella testa che gli stava consigliando di andarsi a nascondere per la vita, piuttosto che rivedere il vicino.
Salì in auto, mise in moto e partì pieno di pensieri a fluttuargli per la testa.

Prossima puntata

Ce la farà Eren?

Levi: Quanto sei tragico, mica ti avrei mangiato!
Eren: Senti, tu eri una persona orribile prima di incontrare me, non mi avresti mangiato, ma potevi sempre uccidermi!
Levi: Sei serio?
Eren: Mi avresti spezzato il cuore! Non è un omicidio questo?
Levi: Dopo questa veramente... chiedo il divorzio!

Chu~💙

Il mio primo amore Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora