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«Claire, per amore del cielo, vuoi dire qualcosa?» esclama Chase spazientito dopo che da parte mia continua a non esserci alcuna reazione.

Voglio dire tante cose, in realtà, ne sono sicura, ma le mie corde vocali sono accartocciate in maniera imbarazzante e sono strette intorno alla mia gola impedendomi di parlare. Ho il cuore a mille per tante ragioni tranne che per la più importante: non amo Chase e di questo sono consapevole e sicura e mai come ora ho bisogno di questa certezza. Mi guarda probabilmente aspettandosi un 'anche io' o, comunque, una parola di qualsiasi tipo; Noah, invece, continua a rimanere di pietra senza staccare gli occhi da me, morbosamente ansioso di sapere che cosa risponderò. I puntini cominciano ad unirsi formando un disegno più ampio ma resto ferma, peggio di una mummia imbalsamata con la bocca semiaperta e le braccia lungo i fianchi; il cervello tarda a darmi una risposta.
Noah si passa una mano tra i capelli e se ne va senza dire una parola. Chase solleva leggermente lo sguardo e mi dice: «Se le cose stanno così...» e si dirige nella direzione opposta.
Nel silenzio più assoluto rimango in quella stessa posizione fissando la parete scrostata davanti a me, fino a che il mio corpo non mi costringe ad appiattirmi contro il muro scivolando a terra; mi rifugio in me stessa con la testa sulle gambe. Ho involontariamente combinato un disastro, senza nemmeno rendermene conto, ed ora, dall'avere due persone fondamentali nella mia vita sono rimasta sola.

Tornando a casa non faccio altro che meditare silenziosamente, dannandomi per essere stata tanto cieca e atroce, per aver illuso un ragazzo tanto dolce come Chase. Per non parlare di Noah che, mi pare di aver capito, è protettivo e tiene a me molto più di quanto avessi voluto ammettere. Una volta nella mia stanza sbatto tanto forte la porta di camera mia che il rimprovero di mia madre risuona per tutto il quartiere. Nessuno dei due risponde alle mie chiamate o ai miei messaggi, non che me lo aspettassi naturalmente; ed è frustrante non poter sistemare la situazione ora che ne sono a conoscenza.

Mi sento impotente e lo odio.

«Ne vuoi parlare?» domanda discretamente mia madre.

«Non c'è nulla da dire».
La stanza, scura per il temporale che si sta scatenando fuori, rispecchia il buio che si propaga tra i miei pensieri.

«A volte le cose sfuggono al nostro controllo» dice accarezzando la mia silhouette di lenzuola e piume, «ma devi sapere che nulla rimane irrisolto. Sei una ragazza sveglia e in gamba e sono sicura che saprai far fronte alle difficoltà, come hai sempre fatto fin da quando eri piccola». 

A quelle parole tanto benefiche faccio spuntare gli occhi dal piumone.

«Sai, quando a San Diego la mattina ti svegliavo per accompagnarti a scuola, sapevo sempre quanto faceva freddo fuori» Io la guardo curiosa. «Se ti trovavo immersa nelle coperte e spuntava solo il naso, dovevo prendere la giacca a vento; se invece ti facevi trovare scoperta e con il pigiama a maniche corte, allora potevo star tranquilla perché ero sicuro che non non avrei sentito freddo».

Fa per uscire dalla camera quando aggiunge: «Saprai sempre come abituarti alle condizioni, bambina mia. Lo hai sempre saputo e vedrai che lo saprai anche questa volta. È questione di istinto e tu ce lo hai nel sangue».

***

So che questa giornata sarà una delle più imbarazzanti perché devo provare il passo a quattro con Chase. Dalle parole di mia madre però ho colto ciò di cui ho bisogno: gestirò la situazione in maniera assolutamente professionale e, senz'ombra di dubbio, non mi farò sovrastare dai sentimenti e dalle passioni. Mi reco in palestra con il sorriso, sicura di me e pronta a ballare. Quando incontro Chase lo saluto cordialmente, da collega a collega.

«Direi di provare dal lift in spaccata» propone Jenny.

Hank avvia la canzone. Mi lancio di corsa nella direzione di Chase pronto con le mani in avanti. Uso lo stesso slancio che adopero sempre in questo genere di salti: poggio le mani sulle spalle del ragazzo e tento di eseguire una spaccata frontale, ma non ci riesco. Con la sensazione di sbilanciarsi, nell'afferrarmi per i fianchi, Chase ha rallentato la mia velocità, non permettendomi di completare il lift.

«Mettimi giù» ordino amareggiata. Lui mi guarda con occhi apatici e non risponde.

«Qualche problema?» chiede Hank facendo atterrare Jenny ed interrompendo la musica.

«Dobbiamo solo coordinarci meglio» giustifico la cosa. «Riproviamo».

Andiamo avanti così per tutto il pomeriggio ma il lift rimane ancora imperfetto: chiaramente le nostre emozioni stanno invadendo  il nostro spazio lavorativo.

«Non la stai prendendo per il verso giusto» gli sussurro quando le prove terminano.

«E come dovrei prenderla, sentiamo? Pensavo che ci fosse chimica tra noi...»

«C'è chimica, ma non è la stessa combinazione di elementi che intendi tu! Siamo sempre stati buoni amici, Chase, e non voglio che finisca tutto. Io ti voglio bene ma non posso mentirti e non ho intenzione di farlo».

«Forse hai solo bisogno di tempo per pensare». La sua spavalderia nel pronunciare quelle parole mi infastidisce: non sono un personaggio di una teen fiction americana dai coloriti drammi adolescenziali!

«Mi dispiace, Chase, ma forse non mi sono spiegata: tra noi non c'è nulla. Io non posso darti ciò che vuoi perché non sarebbe giusto nei tuoi confronti e nei miei. Posso essere tua amica ma, se questo non ti basta, direi di cominciare a considerarci solo come colleghi e non di più. Fa la tua scelta».

È la prima volta che mi trovo ad affrontare una situazione come questa e, a differenza di quello che pensa Chase, le mie idee sono molto chiare e combatterò per esse, può starne certo.

Balla con meDove le storie prendono vita. Scoprilo ora