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Passo tutta la notte in bianco e riesco a chiudere occhio solo a pochi minuti dal suono della sveglia. Quando mi alzo sono tentata di dare uno sguardo fuori dalla finestra: qualche raggio di sole cerca di farsi strada tra le nuvole opprimenti.

Mi passo una mano tra i capelli, consapevole di essere entrata nel primo dei tre giorni che ho a disposizione per rimettermi in carreggiata; e questo è per me l'ennesimo segnale del fatto che il destino si sta divertendo a remarmi contro.

Quando ne uscirò, se ne uscirò, stapperò una bella bottiglia di Bellini.

«Tesoro, sbrigati! Dobbiamo accompagnare tuo fratello all'aeroporto!» grida mia madre dalla cucina.

«Sto scendendo!»

«Starai bene?» mi domanda Alex silenziosamente. «Lo sai che puoi chiamarmi, vero?»

«Beh, sì. Dispongo di un telefono in effetti». Fingo ironia per mettere da parte la tristezza nel vederlo di nuovo allontanarsi da me ora che ne avrei bisogno qui.

«Sai essere simpatica qualche volta» asserisce scompigliandomi i capelli. Poi mi fissa per qualche secondo e mi stringe a se. «Vieni qui».

Poco prima di raggiungere il check-in della sua compagnia aerea, direzione San Diego, mi ricorda: «Avvertimi quando ti buttano fuori!»

Il solito simpatico.

«Alexander!» urla mia madre rimproverandolo e punendolo con un buffetto sul braccio. «Ti pare questo il modo di incitare tua sorella!?»

«Sta calma, mamma» ribatte lui proteggendosi, «io e Claire ci capiamo al volo».

«Fa' buon viaggio, amore mio» dice poi lei stringendolo forte a sé e trattenendo qualche lacrima di commozione.

Ed è così che lo vedo sparire insieme ai passeggeri in partenza.

***

Lo sto fissando da circa cinque minuti, sorseggiando la mia bevanda verdastra. Noah è lì, una di quelle bellezze nascoste dietro un fascino misterioso.

Ma che pensieri faccio?

Distolgo lo sguardo dal ragazzo che, molto probabilmente, non si è nemmeno accorto della mia presenza. Poi arriva una terza figura, il b-boy capitano della squadra di Street Dance che avanza a passo svelto verso di lui. In pochi secondi focalizzo la scena: Noah che lo scorge da lontano e che, con impeto, si alza pronto alla battaglia, sfoderando la spada mentre Chase si getta con forza su di lui colpendolo con il suo scudo. Due gladiatori, un'arena e decisamente troppa gente a guardare.

Questa volta non permetterò che si insultino davanti a tutti... o peggio. Mi affretto con scatto felino ad avvitare il tappo della bottiglia e mi lancio verso di loro. Afferro di ciascuno un braccio e, quasi con violenza, li trascino fuori dalla Comfort Hall.

Chase tenta di aprir bocca ma prima che lo possa fare parlo io, saettando lo sguardo dall'uno all'altro e atteggiandomi come una madre che rimprovera i due fratellini piccoli.

«Ah, ah!» punto un dito contro di loro. «Non vi azzardate a dire una parola alle mie spalle! Questa volta se dovete litigare o insultarvi, lo farete davanti a me! Dobbiamo risolvere questa situazione una volta per tutte, chiaro?». Ho un tono di voce alto ed autoritario e sono disposta a mantenerlo così per tutto il tempo necessario. «Avanti, sfogatevi!»

Loro mi guardano spaesati, come due pesci fuor d'acqua, probabilmente per l'inattesa reazione da parte mia.

«Allora?» li incito ancora una volta.

«Claire, ti senti bene?» domanda Noah tranquillamente.

Li guardo scioccata.

Non stavano per aprire nuovamente le ostilità?

«Io... beh, pensavo che voleste...»

«... parlare Claire, solo parlare. Volevo scambiare due parole con te. Ma non con le intenzioni che credete entrambi» comincia Chase rivolgendosi a Noah. «In privato, se possibile».

Noah annuisce sereno ma io mi rimetto in posizione d'attacco.

«Forse non mi sono spiegata: a costo di sembrare prepotente, questa volta parlerete davanti a me». Chase cede e consente la mia presenza alla loro conversazione segreta.

«Va bene» dice sospirando. «Noah, hai vinto. Ti lascio il campo da gioco, a patto che usi bene le tue carte. Claire deve recuperare la forma e dovrai fare in modo che ci riesca».

Noah lo squadra da capo a piedi non riuscendo però a stare dietro al suo discorso. Anche io mi sono persa.

Così continua: «Non penso che tu lo sappia ma se Claire non riuscirà a fare i lift come prima sarà fuori dalla squadra». Quelle parole, dette così in maniera schietta e rapida, sono una dura consapevolezza e fonte di immensa vergogna per me. Noah schiude la bocca incredulo.

«Che cosa?!» Mi guarda cercando con lo sguardo una conferma della veridicità di quelle parole.

«Ieri sera ti ho guardata ballare» ammette Chase, questa volta rivolgendosi direttamente a me. «Ci hai messo passione, sentimento, emozione. Una cosa che non avevi mai fatto a questi livelli e mi sono accorto che non posso competere con chi fa sbocciare questo sentimento in te».

Scocca una rapida occhiata a Noah mentre né io né lui ci rendiamo conto del vero significato di quelle sue parole.

«La mia posizione nei tuoi confronti non è cambiata, Claire, ma non posso essere io a riparare al danno che ho fatto, perché non ci riuscirei». Mi prende la mani e con la coda dell'occhio intravedo Noah controllare l'impulso di prenderlo a schiaffi.

«Io ti ho fatta cadere e questa cosa mi perseguiterà per tutta la vita, ma non posso permettere che tu venga anche cacciata dalla squadra, quindi ti lascio nelle mani di cui ti fidi di più». Mi lascia andare e porge la mano a Noah il quale, dopo averlo fissato per alcuni secondi, ammorbidisce lo sguardo e gliela stringe.

«Salvala da se stessa» conclude Chase. Poi si gira e se ne va, lasciando il campo di battaglia come un vero uomo d'onore, un cavaliere dal sangue blu che accetta coraggiosamente la sconfitta.

***

Nel silenzio del corridoio aspetto che sia lui a parlare.

«Perché non me lo hai detto?» domanda. È semplice comprendere che ha finalmente deposto l'armatura e sfilato l'elmo tornando a coprirsi di pura timidezza, quella dolce ed innocente timidezza che lo ha caratterizzato fin dal nostro primo incontro; qualcosa di cui, sinceramente, vado pazza.

«Tu non mi hai detto di aver vegliato su di me per tutto il tempo che sono rimasta fuori gioco» ribatto.

Gli angoli della sua bocca si inclinano in un sorriso appena accennato.

«Non volevo che lo sapessi; per questo ho chiesto a tuo fratello e a tua madre di non dirtelo. Immagino dunque che Jenny se lo sia lasciato scappare...»

«Melanie» asserisco sorridendo. «Jenny sa mantenere i segreti meglio di quanto credi».

Lo guardo come cercando di risolvere un difficilissimo enigma. Dal momento che non aggiungo nulla è di nuovo lui a parlare.

«Comunque non importa. Ora dobbiamo solo evitare che la squadra di Street Dance perda la migliore ballerina di cui può vantare la presenza».

«Ma come faccio? Non riesco a saltare, Noah. Ho paura!»

«Oh, andiamo! Non è la prima volta che sento una cosa del genere uscire dalla tua bocca».

Continuo a guardarlo perché non posso proprio farne a meno.

«Claire» dice prendendomi per le spalle, «tu sei come una bomba: devi solo essere innescata»

Balla con meDove le storie prendono vita. Scoprilo ora