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«Forse è meglio che vada» sussurra Noah mogio.

Stava andando tutto bene prima che i miei genitori riuscissero a scompigliare il tavolo da gioco buttando all'aria le carte.

Spero che il mio sguardo riesca a comunicargli tutte le scuse per quello a cui ha dovuto assistere. Senza farsi vedere da Alex, mi sfiora la schiena ed esce da casa mia.

«Vuoi spiegarmi perché diavolo stavate litigando così?» chiedo a mia madre non appena la porta si richiude.

«Tesoro...» Si sistema una ciocca di capelli dietro l'orecchio. «Non pensavo tornassi così presto».

Decido che non è il momento ideale per parlare, né per me né per lei, e salgo le scale sbattendo con forza la porta, prima che Alex mi raggiunga per spiegarmi la situazione: «Non prendertela con lei. Sai benissimo come sono fatti tutti e due: lui la provoca e lei risponde».

«Ma ti rendi conto di quello che hai appena detto? Hai descritto il comportamento di due bambini dell'asilo, con l'unica differenza che si presuppone che loro non lo siano! Pensavo fossimo riusciti a mettere fra di loro abbastanza chilometri di distanza ormai, no?»

Tale situazione mi tormenta giorno e notte e quando si verificano questi episodi non riesco mai a gestire le mie reazioni: tra me e mio fratello sono sempre quella più emotivamente coinvolta.

Comincio con la mia camminata nervosa avanti e dietro per la stanza, tanto che Alex è costretto ad afferrarmi per le spalle. «Calmati, Claire. Ci sono io qui, ok? Loro lasciali perdere...» dice accarezzandomi una guancia.

Mi avvolge tra le sue braccia permettendomi di appoggiare il viso sul suo petto, come quando ero piccola durante un temporale.

«Ora sì» gli rispondo con voce soffusa, «ma quando tornerai a San Diego? Mi manca non averti in giro».

La mia confessione lo spinge a stringermi ancora più forte. Sfrutta l'altezza per poggiare il mento sulla mia testa e mi tiene così fin quando i battiti del mio cuore non si regolarizzano. Non si possono dividere due fratelli. È come se ti sottraessero un polmone: non riesci più a respirare.

Quando scende al piano inferiore lo sento parlare con mia madre. È calmo ma la sua voce tradisce un tono di rimprovero: «Era proprio necessario farlo davanti a lei?»

La risposta non giunge alle mie orecchie.

So che è sbagliato mancare di rispetto ad una madre e non è certo quello che voglio fare, ma non posso rimanere allo scuro di tutto. Devo sapere che cosa ha provocato l'ennesimo battibecco.

«Vuoi spiegarmi perché discutevate?»

Mentalmente cerco di impormi la calma.

«Nulla di cui preoccuparsi, amore mio. Una piccola incomprensione che però abbiamo chiarito».

«Disse lei sfoderando la spada» recito ironica. «Sembravate di nuovo sul piede di guerra».

Lei si lascia scappare un sospiro amareggiato.

«Mi dispiace se Noah è andato via per colpa mia».

Alex deve averle riferito che c'era anche lui.

«Non è colpa tua, ma di papà, giusto?» Il sarcasmo è davvero troppo da contenere.

***

«Cinque, sei, sette e otto e...» Melanie sta prendendo visione della coreografia che Chase ha preparato per le Regionali. Non è male, ma c'è ancora molto su cui lavorare.

«Forza, Claire, concentrati!» mi riprende un paio di volte. Sono completamente da un'altra parte ma non posso certo permettere che la mia vita abbia il sopravvento sulla danza: è professionalmente sbagliato.

Quando terminiamo le prove di squadra, per me e Noah cominciano quelle per la Duets Cup.

«Se non te la senti possiamo provare in un altro momento o anche rinunciare alla competizione» dice mentre ci dirigiamo nell'Aula Backstage.

«Stai scherzando? Mi hai fatto passare le pene dell'inferno per questa gara» dico tentando di mascherare il mio pessimo umore con una battuta.

Due ore bastano per perfezionare gli ultimi dettagli della coreografia.

È tutto pronto per domani. Eh sì, già domani.

«È una missione suicida» dico accasciandomi a terra stremata. «Tra le Regionali e questo, ormai abito qui».

«Penso ne valga la pena, però». Anche lui segue il mio esempio e si affianca a me.

La profondità di spazio che mi fa percepire quell'enorme specchio davanti a me, avvicina un'insolita stanchezza. Mi lascio circondare dal braccio di Noah poggiando la testa sulla sua spalla e proseguo a fissare il vuoto godendomi la pace di quel momento.

Sto così bene lì che quasi non vorrei andarmene mai. Ma l'orologio segna l'ora giusta. Nel mio tentativo di alzarmi, sento le dita del mio partner stringersi intorno al mio polso, costringendomi a rimanere.

«Mia madre dice che un carico diviso in due pesa di meno» afferma.

La sua allusione alla mia attuale situazione mentale mi porta a ritenere che sappia perfettamente come ci si sente. Lui sa che ho bisogno di parlarne, anche se il mio primo istinto è il rifiuto. Quindi accetto il suo muto invito.

«Sai, ho dei bei ricordi della mia prima infanzia: i miei genitori erano l'emblema dell'amore di coppia e la mia famiglia era perfetta. I problemi subentrarono dopo il mio ingresso alla Superiority. Una scuola per ricchi figli di papà, la definiva mia madre. Quando poi conobbi Dylan, lei lo aveva inquadrato subito e voleva a tutti i costi che mio padre facesse lo stesso. Ma le pareva che non volesse vedere. Quando poi la cosa è degenerata, mamma accusò papà di non avermi protetta e di essersi completamente disinteressato di me e di tutta la famiglia, per stare dietro al suo continuo lavoro di scrivania. La mia situazione di cuore spezzato portò alla repentina rottura di un rapporto fino a quel momento perfetto ai miei occhi». Faccio una pausa fissando un punto lontano e indefinito. «I miei genitori cominciarono a litigare per qualsiasi cosa, tanto che spesso mio fratello mi portava di peso a casa di amici, dove riteneva saremmo stati lontani da tutto quel marasma. Soprattutto io. Non voleva che quella situazione danneggiasse il mio lato sensibile, diventando il mio punto debole. Senza di lui probabilmente sarei impazzita di dolore».

«E tu cosa pensi? Dai la colpa a tuo padre per quello che è successo?» domanda Noah attento alla mia narrazione.

«Io credo che il loro rapporto fosse minato da tempo; io sono stata solo il capro espiatorio, la scusa con cui mettere fine ad una relazione già pericolosamente compromessa».

Noah si alza porgendomi le mani per aiutarmi a fare lo stesso. Lo slancio mi avvicina pericolosamente al suo volto.

«Tu non sei la scusa di nessuno» sussurra.

Passa un pollice sulla mia guancia e un calore soffuso si diffonde in tutto il mio corpo e...

Il cellulare vibra.

È mio padre.

Balla con meDove le storie prendono vita. Scoprilo ora