«Per prima cosa, propongo di entrare: io mi sto gelando e tu sembri appena uscita dalla piscina». Il suo è quasi un sussurro e non sembra affatto intenzionato a far valere la sua posizione in modo aggressivo, come probabilmente ho appena fatto io.
Allunga la mano verso di me aprendo la porta-finestra, ma la ignoro completamente ed entro in casa. Mi fa accomodare su una delle sedie di legno della cucina e poi si posiziona di fronte a me a braccia conserte.
«Hai letto bene il biglietto?» chiede semplicemente.
«Certo che l'ho letto...». Ma cominciano a sorgermi dei dubbi: se avessi tralasciato qualcosa? Lo stendo di fronte a me con le mani.
«Qui c'è scritto che fra una settimana si terrà una competizione di ballo...»
«Non è tutto» mi sprona lui.
«Dice che l'iscrizione è stata già effettuata e che non è previsto un rimborso in caso di ritiro dalla gara» comincio a leggere ogni singola riga citando tutte le parole.
Infine lo trovo: dietro al biglietto c'è una nota fondamentale che i miei occhi, accecati dalla rabbia, non avevano visto.
«Avanti, leggi» mi sprona autoritario.
«Alla gara potranno prendere parte solo ed esclusivamente ballerini in coppia. Non potranno partecipare gruppi composti da tre o più membri né ballerini solisti» leggo con il massimo dell'imbarazzo.
Ci separa un confine silenzioso prima che lui sbotti arrabbiato: «Non posso crederci! Hai davvero pensato che ti potessi fare una cosa del genere? Ma che tipo di persona hai creduto che fossi?» esclama lui.
In effetti mai avrebbe avuto senso. Eppure eccomi qua: confusa e sommersa dal senso di colpa.
Noah infila una mano nella tasca dei jeans. Posso solo immaginare quanto si sia offeso per il mio pregiudizio.
«È vero, ti ho iscritta ad una gara di ballo e sì, è vero che l'ho fatto dopo che mi avevi raccontato la tua storia; ma no, non l'ho fatto per farti del male. La mia intenzione è sempre stata quella di aiutarti! Volevo che risolvessi il problema, ma non da sola: io ero disposto ad aiutarti». Fa una pausa e mi prende le mani. «Perché è vero quello che dici. Noi siamo amici e farei di tutto per te».
Sento una tiepida sensazione di rossore pervadermi le guance e il mio primo pensiero è sistemarmi i capelli scompigliati dalla mia folle avventura in terrazza.
«Ma tu non sei un ballerino di Street...» sussurro spaesata.
«E tu non sei una ballerina di Contemporanea, santo cielo! Ma pensi davvero che questo ci avrebbe fermati? Noi abbiamo bisogno di una sola cosa: la musica. Per il resto, al nostro livello, dobbiamo essere malleabili come pezzi di argilla».
Lo guardo imbarazzata.
Sono una ballerina vera oppure no?«Sei entrata alla Tiptoes con l'intenzione di partecipare a gare di un certo calibro, ma come potrai farlo se non reggi il peso della competizione?» continua lui.
«In squadra è diverso: i riflettori non sono puntati solo su di me e non è uno scontro diretto, uno contro uno...» provo a giustificarmi.
«Dobbiamo poter contare su di te. E di certo tu sei l'unica a poter sconfiggere... te stessa; perché ti assicuro che tutto parte dalla tua mente».
Non ho parole. È successo tutto troppo in fretta. Noah lascia la presa sulle mie mani e mi sistema una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
«Vado a tranquillizzare tua madre. Penso che se non ti dovesse vedere tra pochi secondi verrà qui sfondando la porta».
Non sarebbe la prima volta, in effetti.
Non sono ancora convinta di volere partecipare alla gara di ballo con Noah ma al momento c'è qualcosa di molto più urgente da risolvere: una sala piena di invitati abbandonati dalla festeggiata in piena festa.
Salgo rapida in camera per asciugarmi i capelli e salvare il salvabile degli indumenti che ho indosso, ripiegando su un body nero ed un paio di comodi jeans.
Quando torno in salone sono tutti piuttosto incerti sul da farsi. Qualcuno ha un piatto pieno di torta e qualcun altro un bicchiere semivuoto e l'umorismo è decisamente troppo a terra per un diciottesimo compleanno.
«Ragazzi, chi ha abbassato la musica?» chiedo attirando l'attenzione. «Ancora per tre ore è il mio compleanno».
«Animiamo questo mortorio!» dice George, amico di Chase e membro della squadra, aiutando mia madre a spostare il tavolino da quella che sarebbe presto diventata una pista da ballo. In mente mi risuonano ancora le parole di Noah, ma alla sfida, al duetto e alle mie paure ci penserò in un altro momento.
Alexander comincia a sfoderare il suo talento, mentre, avvicinandosi di soppiatto, Noah mi prende da dietro le spalle e mi sussurra all'orecchio: «Balla con me». Nella folla scatenata vedo Chase afferrare mia madre per un braccio e farla girare vorticosamente, coreografando con lei dei passi improvvisati. E la vedo ridere come non mi è più capitato da prima del divorzio.
Noah mi accompagna in un lento fuori luogo con la musica di quel momento, dimostrandomi che, in fondo, non abbiamo nessuno stile che ci identifica: noi balliamo ciò che il nostro umore ci dice di ballare.
I suoi occhi cristallo mi guardano teneramente mentre dalla parte opposta della sala George ci prova spudoratamente con Jenny.
Non avrei mai osato immaginare una festa migliore di questa, perciò quando gli ospiti se ne vanno mi duole dover ritenere conclusa la serata, anche se ne racchiudo il prezioso ricordo in uno dei cassetti più importanti della mia memoria. Chiudo la porta dietro l'ultimo invitato e sento mia madre accasciarsi sul divano in salone, ammirando compiaciuta quel che resta della sua torta.
«E' andata bene, non vi pare?» domanda esaltata.
Mio fratello la raggiunge e si siede pesantemente vicino a lei. «Che dici, le facciamo pulire tutto quanto?». Rivolge lo sguardo verso di me ma parla come se non fossi presente nella stanza.
«Ti piacerebbe!» gli rispondo scompigliandogli i capelli. Poi comincio a raccogliere qualche bicchiere sparso per casa. Nessuno di loro ha ancora fatto domande sul piccolo episodio di questa sera.
Meglio così.
In poco tempo risistemiamo tutto e la casa brilla come non mai.
«Beh, tesori miei, questa povera vecchia vi saluta» dice mia madre, posando l'ultimo canovaccio in cucina e dandoci un bacio ciascuno sulla fronte, come quando eravamo bambini.
Ha gli stessi occhi di mio fratello, belli, di un castano scuro e in quel momento terribilmente addormentati.
«Grazie ancora per tutto» le dico.
Mi squadra per qualche secondo e poi mi dice: «Sai Claire, uno sguardo vale molto più di mille parole. Gli occhi con cui ti guardava quel Noah...» sospende la frase facendomi l'occhiolino.
Scuoto la testa sorridendo. «Buona notte, mamma».
Lei alza le mani in segno di resa e scompare oltre le scale.«Claire, questo ti serve?» mi chiede Alex sventolando il regalo di Noah.
«SÌ!»
Mi catapulto a prendere il pezzo di carta che fino a poco tempo prima avevo così disdegnato. «Cioè sì, potrebbe servirmi» mi correggo ricomponendomi. «Grazie, Alex».
Sono passate due ore e ancora non riesco a prendere sonno: continuo a fissare il biglietto sul comodino senza sapere cosa fare. Quando finalmente mi addormento, per la prima volta sto pensando a Noah.
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Balla con me
RomanceSe la tua vita si sta smembrando, formando un puzzle incompleto, la cosa migliore che puoi fare è comprarne un altro e ricominciare daccapo. È quello che fa Claire che, accompagnata da sua madre, lascia San Diego per trasferirsi in una nuova città...