11. // quando il cuore chiede tregua

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Sapeva che quella settimana sarebbe stata difficile, vedere Michael preparare le sue cose per andare via, decidere come sistemare i vari contratti per le case, decidere come separarsi. Alla stampa non volevano neanche pensarci, erano riusciti a tenerli lontani e i loro manager avevano annunciato che avrebbero rilasciato interviste a tempo debito, era un momento delicato e avevano bisogno della privacy che gli spettava. Sapeva che sarebbe stata una delle settimane peggiori della sua vita, ma non si aspettava di vedere Andy in tutto quello. Fu almeno grato che Michael lo avesse avvisato per tempo.
"Devo chiederti una cosa" aveva detto un pomeriggio. Erano in salotto e Federico aveva appena portato in casa scatoloni vuoti da riempire.
"Dimmi" disse Federico. Michael lo guardò, insicuro, la mano che continuava a picchiettare sul bancone della cucina. "Mika, dimmelo e basta".
"Andy domani arriva in Italia" disse quasi troppo in fretta. "Deve finire un lavoro e ha detto che dato che è qua, può aiutare me con trasloco. La sua compagnia ha un grande furgone".
Federico capì dove voleva arrivare e gli facilitò il passaggio. "Ho capito. Non c'è problema se qualche volta viene qui ad aiutarti".
"Sei sicuro? Io non vuole disturbare te. So che è chiedere tanto".
"No, figurati. Mi fa piacere sapere che ti vuole aiutare".
Non capì da dove fossero uscite quelle strane parole e quasi non gli sembrò la sua voce.
"Comunque io ho parecchio da fare questa settimana, non starò molto in casa".
Non era vero e un po' si maledì nei giorni successivi per aver acconsentito ad averlo in casa.
Il primo giorno non riuscì a inventarsi un impegno e si ritrovò Andy sulla porta di casa. Almeno aveva aperto Michael.
Disse che era di passaggio, rimase appena un'ora e tutto il tempo lo passò con Michael in cucina. Tennero le giuste distanze dato che Federico si aggirava per il salotto come un avvoltoio. Il ragazzo semplicemente non sapeva cosa fare e le sue gambe lo stavano portando in giro senza un motivo. Ad un certo punto si nascose in bagno e si diede dello stupido da solo per quel suo strano comportamento. Sentì le voci oltre la porta farsi più alte, ma non di tanto, i due rimasero comunque a sussurrare e Federico ne approfittò per aprire appena la porta e dare un'occhiata a quella situazione. I suoi occhi caddero sul greco e la sua mente cominciò a pensare troppo.
Andy era gentile, premuroso, Federico non aveva mai capito come Michael avesse fatto a lasciarlo per stare con lui. Erano così diversi, l'uno l'opposto dell'altro e agli occhi di Federico Andy era sempre stato perfetto. E adesso eccolo là, nella sua cucina con un sorriso sul volto e occhi solo per Michael.
Pensò di chiudere la porta del bagno ma non riuscì a staccarsi da quella scena. Forse era un po' un modo per lasciare andare via quella vita, forse vedere la nuova realtà di Michael lo avrebbe fatto andare avanti più facilmente. Federico dovette tirarsi uno schiaffo da solo per averci anche solo pensato, perché quando Andy si sporse in avanti per lasciare un bacio veloce sulla guancia di Michael, lui dovette girarsi e chiudere la porta. Riusciva a sopportare fino a un certo punto.
Nei giorni successivi la presenza di Andy si fece meno pesante, e Federico fu felice di aver trovato un accordo silenzioso con entrambi. La mattina portava fuori i cani e dopo pranzo usciva per andare a lavoro. Andy passava appena lui se ne andava e quando Federico rientrava, nell'aria si poteva appena sentire il suo profumo. Almeno aveva la decenza di rimanere poco in quella casa.
Federico trovò uno strano nuovo ritmo nelle sue giornate. La mattina la passava quasi tutta fuori con i cani, con qualche rara visita a casa dei suoi – visite che interruppe ben presto, perché gli sguardi dispiaciuti di sua madre stavano diventando troppo pesanti.
Il pomeriggio non lavorava mai veramente, se ne stava chiuso nel suo studio con Ax che gli portava un caffè ogni tanto. Non protestava, il suo amico, sapeva perché era lì e non aveva mai detto niente. Sapeva che se Federico ne avesse voluto parlare, lo avrebbe fatto.
La sera tornava a casa e dopo aver mangiato qualcosa al volo, si buttava sotto le coperte sul divano e si addormentava. Non che fosse facile, dato che era letteralmente circondato dagli scatoloni quasi pieni di Michael.
Un pomeriggio si ritrovò in mezzo a una brutta situazione. Michael aveva una delle sue giornate no e il buon umore non si era fatto vedere quel giorno. L'atmosfera era così pesante che l'aria era fisicamente densa e Federico decise di portare fuori i quattro cani anche se era decisamente troppo presto per farlo. In teoria doveva essere già a lavoro ma aveva bisogno di fare due passi e aveva bisogno di portare i cani fuori da tutta quella tristezza. Prese i guinzagli e non disse niente a Michael e quando uscì di casa, si ritrovò davanti Andy. Si scambiarono un veloce sguardo, quello di Federico freddo come il ghiaccio, e senza dirgli niente lasciò la porta aperta e si avviò verso il cancelletto. Sentì la porta chiudersi e finalmente riuscì a respirare. Frugò nelle sue tasche per prendere l'ipod e un'imprecazione gli sfuggì soffocata dalla sua bocca quando si ricordò di averlo lasciato sul bancone in cucina. Si girò per tornare indietro ma quel che vide dalla grande finestra che mostrava il soggiorno lo fermò.
Michael stava piangendo, per lo stress, per quella situazione, per qualsiasi ragione data, e Andy era lì a confortarlo, compito che pochi mesi prima spettava a lui. Quell'immagine lo fece tornare sui suoi passi e per una volta non sentì neanche la mancanza della sua musica.
Un altro pomeriggio, a tre giorni dalla partenza stabilita per l'Inghilterra, Federico rientrò in casa prima del previsto. Non aveva dato un orario a Michael quando era uscito, non glielo dava mai, ma avevano ormai imparato tutti i suoi orari e di solito rientrava sempre prima di cena.
Quel pomeriggio non era andato come voleva. A lavoro non era andata bene, c'erano problemi e lui quell'atmosfera proprio non riusciva a reggerla e il temporale improvviso gli aveva rovinato i piani di andare al parco. Così rientrò a casa un paio d'ore prima di cena e quello che si trovò davanti fu qualcosa che fece fatica a dimenticare.
Michael era in cucina, occhi chiusi e schiena premuta contro il bancone. Andy gli era quasi in braccio, le sue mani che viaggiavano lente lungo tutta la sua schiena. Le loro labbra erano occupate a ricordarsi e anche se quel bacio era in qualche modo calmo, il gemito appena udibile che scappò dalla bocca di Michael fece venire la nausea a Federico. Perché una volta era lui a fargli quell'effetto e vedere quella scena non era di certo qualcosa che avrebbe tenuto a freno il suo voltastomaco che lo tormentava da quando Andy era tornato.
I due non sembrarono notare la sua presenza e quando vide la mano di Andy afferrare con più forza il fianco Michael, la sua borsa cadde sonoramente a terra e i due finalmente si staccarono.
"Fede..." sussurrò Michael. Andy si allontanò appena, staccò le mani dalla vita di Michael e cominciò a sistemarsi. Michael, invece, cercò molto freneticamente di sistemarsi i vestiti, come ad andare a eliminare la scena del crimine. "Sei...sei arrivato prima".
"Sì, sai com'è, il temporale. Non sapevo dove andare".
Michael aprì la bocca per rispondere ma non riuscì a trovare le parole giuste, i suoi occhi che viaggiavano tra i due uomini davanti a lui. Federico raccolse la sua borsa e si avviò in camera, passando i due ragazzi veloce come il fulmine fuori che aveva appena trafitto il cielo.
Cercò in tutti i modi di placare la nausea e i baci di Chewie e Gue un po' lo calmarono, ma quando sentì il muso di Amira appoggiarsi sulla sua gamba, un groppo alla gola lo minacciò di scoppiare in un pianto. Quel cane, quei due meravigliosi cani che aveva imparato ad amare, che aveva imparato a conoscere, anche quei due cani lo stavano per lasciare e per quanto non ne avessero colpa, in quel momento gli ricordavano solo a cosa stesse dicendo addio.
Sentì una mano bussare alla porta e alzando gli occhi vide Michael fermo sulla porta.
"Mi dispiace" cominciò subito Michael. "Io non voleva che tu vedeva questo".
"Dimmi, da quanto tempo te lo fai in casa nostra mentre io sono fuori?" chiese diretto Federico. Da una parte sentiva di non avere il diritto di usare quel tono, come se avesse appena beccato il suo ragazzo a tradirlo con un altro, perché ormai si erano lasciati. Non aveva capito bene come fosse successo, ma era successo, da qualche parte tra il decidere quando partire per l'Inghilterra e come lui sarebbe tornato in Italia da solo. Ma dall'altra sapeva di averne pieno diritto e fu quella sensazione che prese in considerazione.
"Noi non ha mai fatto niente di inappropriato quando tu non c'era".
"A me quello non sembrava proprio appropriato e se non fossi arrivato non vi sareste fermati. So come vanno a finire quelle situazioni".
"Avrei fermato io noi. Non farei mai qualcosa così in casa tua".
Federico sentì un colpo al cuore, letteralmente. Le lacrime ormai stavano bagnando le sue guance e sentì un conato di vomito invaderlo, accompagnato dal dolore.
Casa tua. Non serviva a niente prepararsi al peggio perché quando il peggio arrivava, lui crollava comunque.
"Non importa. Tra poco te ne andrai e tutto questo finirà. Ti chiedo solo di non farlo più finché sei ancora qui".
Non gli sembrò neanche la sua voce, eppure le stava dicendo sul serio, quelle parole.
"Sì, certo. I'm sorry".
"Ti sarei anche grato se limitassi le visite di Andreas. Sono felice che voglia stare con te ma preferirei non vederlo così spesso".
"Sì, scusa. Sono stato proprio uno stronzo a lasciarlo qui così tanto".
"Uno stronzo di merda".
Era un po' un ultimo test, quella frase, ma Michael non la capì e il suo viso rimase ricoperto dalla colpa.
"Lasciami solo, per favore" chiese Federico e Michael non se lo fece ripetere due volte. Chiuse la porta alle sue spalle e Federico si lasciò andare, per un momento. Dopo aver fissato la porta per diversi secondi, prese un cuscino e lo tirò con tutta la forza rimasta contro la porta e il sordo rumore che creò l'impatto catturò anche l'attenzione dell'uomo oltre quel legno.
Michael rimase per un attimo fermo lì, la mano ancora sulla maniglia della porta, il cuore che sprofondava nel suo petto. Quel tonfo lo aveva sentito e come un tuono aveva scosso tutto il suo corpo. Guardò Andy seduto in cucina e l'uomo gli lanciò uno sguardo di comprensione, mostrandogli quanto dispiaciuto fosse per quel caos appena creato. Michael provò a sorridergli ma non ne trovò la forza o forse neanche la volontà, perché sentì i singhiozzi di Federico rompere il silenzio e li sentì soffocarsi nell'altro cuscino. Aveva tutto il diritto di piangere, di urlare, di gridare a squarcia gola il suo odio per lui, eppure era ancora una volta lui quello che si tratteneva per non disturbare loro.
Michael si allontanò dalla porta e propose ad Andy di fare un giro, perché un po' di pace a Federico gliela dovevano. Presero le giacche e Michael lanciò un'ultima occhiata alla porta della camera.
Se una volta potevano ancora definirsi amici, forse adesso non erano più neanche quello.



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ANGOLO HEART
Ecco, beh. Scusate.
Diciamo che questo capitolo era ancora più angst, ma ho passato la mattina a revisionarlo e a "calmarlo" un po' perché prima era troppo. Non che adesso sia poco.
Buon lunedì, insomma!

Ah, il titolo originale era "pugnalate al cuore", che sono quelle che riceverò io dopo questo aggiornamento. Ho pensato di cambiarlo perché dai, era troppo angst (e anche qui, non che questo sia meno angst). Insomma ho cercato di affievolire un po' il tutto - il che mi è andato bene anche per la narrazione, a dire il vero.

Bene, vi avviso che domani potrei aggiornare più tardi perché lavoro tutta la notte e anche domani mattina (le gioie del fare un documentario), quindi probabilmente aggiornerò verso sera.

Spero di vedervi domani ♥
Ciao!

- heartcremisi

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