20. // buona vita

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Federico stava quasi bene, adesso. Era ottobre, il suo compleanno era vicino e si sentiva più leggero. La sua canzone l'aveva scritta, non era completa, e forse non era neanche una vera canzone ma lo stava aiutando, davvero. Le parole che buttava nero su bianco lo liberavano da quel dolore che aveva fisso sullo stomaco e sul cuore e forse un po' non ci pensava neanche più a Michael.
Era quasi felice. Quasi, perché il suo maglione ogni tanto lo metteva ancora e il suo profumo stava pian piano svanendo, ma si disse che non doveva andare avanti subito. Poteva prendersi il suo tempo.
C'erano giornate dove stava proprio bene. La mattina si svegliava con un sorriso, andava in studio con le chihuahue e nel pomeriggio o faceva un giro in città o andava dai suoi. Qualche volta se ne stava a casa a guardare un film e una volta aveva addirittura convinto Ax a fare un giro in macchina per la Lombardia. Si stava divertendo, in qualche modo, e stava tornando ad essere sé stesso e in tutto quello, il ricordo di Michael rimaneva sepolto sotto le sue parole in quel foglio che per ora rimaneva appoggiato sul suo comodino.
Tre giorni prima del suo compleanno si ritrovò in un bar a bere da solo. Non voleva ubriacarsi, voleva semplicemente passare una serata tranquilla. Non aveva chiesto ad Ax di raggiungerlo, c'era Elaina a casa con la febbre e anche se la moglie lo avrebbe lasciato andare senza problemi, Federico non se l'era sentita di separarli. Poi, probabilmente, Ax non avrebbe neanche accettato di uscire, non lasciava mai la moglie quando stava male. Sapeva che poteva chiamare altri amici ma non gli dispiacque passare una serata da solo, con un bicchiere in mano e gli occhi che scrutavano le persone. Poi però un ragazzo si era seduto accanto a lui. Federico non ci fece caso all'inizio, pensò stesse aspettando qualcuno, ma quando ordinò un gin tonic e una ciotola di salatini tutta per sé, Federico vide che non stava aspettando nessuno. Era un po' come lui, da solo in un bar ad osservare la gente normale. Si fermò a guardare il ragazzo per forse troppo tempo e nella sua mente si accese il ricordo di qualche sera prima, che aveva passato proprio in quel bar. Una ragazza si era seduta accanto a lui, era sola, avevano cominciato a parlare e Federico aveva quasi visto una speranza di andare avanti, ma non si erano detti molto il giorno dopo, quando si erano rivisiti, e dopo quello avevano proprio smesso di scriversi. Federico aveva pensato di non essere ancora pronto ad andare avanti, ma non ne era rimasto deluso.
Si ritrovò ben presto catturato dal ragazzo, che non ci mise molto a notare quel paio di occhi che lo fissavano.
"Non è proprio un granché la musica stasera" aveva urlato il ragazzo sporgendosi verso di lui, cercando di sovrastare quella musica decisamente troppo alta.
"Non c'è mai bella musica qui" ribatté Federico. "Ma si beve bene e a un prezzo giusto".
"Su questo hai ragione".
Federico si ritrovò a ridere e il ragazzo fece scivolare il suo sgabello più vicino al suo. Avevano parlato per gran parte della serata, tra risate e scherzi, di musica, di Milano, della vita e degli animali, e alla fine il ragazzo aveva ammesso di averlo riconosciuto ma che aveva preferito far finta di niente.
"Pensavo fosse scortese dire che sapevo già il tuo nome" aveva detto Matteo – questo il suo nome, aveva scoperto subito dopo.
Così avevano parlato e tra una cosa e l'altra si erano incamminati fuori. Matteo si era proposto di accompagnarlo fino a casa, se per lui non era un problema. Federico aveva annuito con un sorriso a quelle parole. Matteo era un bel ragazzo, simpatico, dolce, forse poteva anche provarci. Forse questa volta, con quel buon presentimento in più, poteva anche ricominciare.
"Quindi hai studiato qui a Milano?" chiese Federico. Erano quasi arrivati a casa sua e non avevano smesso per un secondo di parlare.
"Sì, ho studiato studi umanistici, ho finito da poco".
"E adesso cosa fai?".
"Sono un attimo in pausa. Vorrei viaggiare per l'Europa, ma non so bene ancora come fare. Ci sto pensando su".
Federico si sentì leggero quando cominciò a ridere alle sue battute e non gli dispiacque neanche quando Matteo cominciò a toccargli spesso il braccio. Non erano decisamente ubriachi, avevano bevuto qualche birra, un paio di drink e mangiato diversi salatini, erano lucidi. Federico si fermò davanti a casa sua e sorrise.
"Io sono arrivato. Grazie per avermi accompagnato, ho passato una bella serata" disse Federico. Matteo gli sorrise e si avvicinò senza tante cerimonie. Il suo sorriso era terribilmente dolce e forse anche troppo caloroso. O forse era Federico che aveva bisogno di tanto calore in quella fredda notte d'ottobre.
"Anche io" disse Matteo. Federico non lo fermò quando appoggiò la sua mano sulla sua guancia e ancora meno quando avvicinò il suo volto al suo.
Non era la prima persona che baciava dopo Michael, un po' si ricordava di quella sbronza nel bar e si ricordava un altro paio di baci da ubriaco in altre serate, ma questo era diverso.
Il bacio di Matteo era dolce, molto innocente ma la passione comunque non mancava. Federico si ritrovò a chiudere gli occhi quasi subito e le sue mani andarono a posarsi sui fianchi di Matteo, tenendolo fermo. Non lo avvicinò a sé più di tanto, era ancora tutto molto nuovo e non voleva affrettare le cose, se di qualcosa si trattava.
Come primo bacio fu lungo e quando si staccarono entrambi scoppiarono in una risata sussurrata.
"Ti ho lasciato il mio numero, vero?" sussurrò Matteo e Federico annuì. "Allora ci sentiamo".
"Ci sentiamo. Buona notte".
Matteo lo salutò con la mano e la sua sagoma sparì nel buio della notte. Federico sorrise. Non era male, come passo avanti.
Cercò le chiavi in tasca e buttò un occhio anche al cellulare. Erano appena le una e mezza, non male neanche come orario. Non era ubriaco e non era notte fonda, stava migliorando.
Si avviò verso la porta, percorse tutto il vialetto e poi si bloccò, come se i suoi piedi avessero incontrato cemento fresco e non riuscisse più a muoversi.
Michael si alzò dalle scale sulle quali era seduto e il suo sguardo imbarazzato cercò di andare ad incastrarsi ovunque tranne che nei suoi occhi, eppure erano lì che si erano incantati.
"Ciao" disse Michael timidamente. Federico sentì come uno schiaffo al cuore riportarlo alla realtà.
Si sentì protagonista di un orrendo turbine di emozioni. La causa del suo dolore era lì, in piedi sugli scalini di quella che una volta era casa loro – casa che legalmente loro lo era ancora – e appena tre giorni prima del suo compleanno.
Michael, l'uomo che gli aveva fatto capire di essere bisessuale.
Michael, l'uomo che aveva giurato di amarlo e che lo aveva lasciato dopo appena due anni.
Michael, la ragione per cui lui ora aveva baciato un altro ragazzo.
"Io...io sa che forse dovevo avvisare" cominciò Michael, le mani che improvvisamente cominciarono a sudare. Se le pulì ai bordi dei pantaloni e con una andò a sistemarsi un riccio fuori posto.
"Sì, dovevi avvisare" disse Federico quando riuscì finalmente a recuperare la voce. "Cosa ci fai qui?".
"Io ero tornato per lavoro in Italia e ho pensato di...di venire qui. Volevo sapere come stavi".
"Ormai sono passati più di quattro mesi, Mika. Sto bene".
"Sì, io ha visto".
A quelle parole Michael abbassò lo sguardo e cacciò indietro quelle lacrime che avevano quasi provato ad uscire. Aveva sentito un pizzico nello stomaco, gelosia, quando aveva visto Federico baciare un altro ragazzo. Non ne aveva il diritto ma dentro di sé non pensava che Federico avrebbe trovato qualcuno così presto. Non ci aveva pensato, era stato impulsivo, ma aveva quasi dato per scontato di trovare il ragazzo ancora solo e in quel momento si rese conto di quanto egoistico quel pensiero fosse.
"Non pensavi avessi già trovato un altro?" chiese Federico e Michael quasi si spaventò. Sembrava conoscerlo ancora così bene perché aveva appena dato voce ai suoi pensieri.
"Sinceramente, no".
"Ho trovato un modo per andare avanti, Mika. Ci sto riuscendo, davvero. Sto tornando ad essere felice".
"Mi fa piacere. Io sperava tu era felice, almeno un po'".
"Sarebbe tutto più facile se non mi piombassi in casa nel bel mezzo della notte".
"Sì, scusa, dovevo avvisare ma è stato istinto a portarmi qui e a non chiamare, you know? Non ho pensato".
Federico si fece più vicino e i suoi occhi rispecchiarono quelle emozioni che una volta Michael aveva riservato a lui, in un momento d'addio. C'era comprensione e forse un po' di tristezza.
"L'istinto ti porterà sempre qua, Mik. Questa è stata casa tua per un anno e mezzo, anche se non la ricordi forse nel tuo subconscio la senti ancora tua e ti viene normale tornare qui. Ma devi imparare a controllarti, perché io ti sto dimenticando e non posso farlo se continui a tornare qui".
Michael non si era preparato per quello.
Era tornato in Italia per parlargli e sì, doveva ammettere che prendere il primo volo era stata una pessima idea, soprattutto se quel volo atterrava di venerdì sera e conoscendo un po' il ragazzo non sarebbe stato in casa, come effettivamente era successo, ma non ce l'aveva fatta ad aspettare.
Era tornato per dire a Federico che ricordava qualcosa e non vedeva l'ora di poter condividere con lui la felicità di aver ricordato quel loro bacio.
Era anche tornato per dirgli che forse si sarebbe innamorato ancora una volta di lui, perché adesso sentiva che era possibile.
Ma adesso, dopo aver visto Federico baciare un altro, dopo aver sentito quelle parole, adesso non ne era più così sicuro.
Non poteva assicurargli niente. La sua memoria non era stabile, non avrebbe mai ricordato tutto e lui lo aveva accettato, ma qualche cosa sarebbe tornato, così aveva detto Hartnell. Non poteva promettergli di rimanere per sempre accanto perché Dio solo sapeva cos'altro aveva in serbo la vita per lui.
Poteva promettergli di provarci, di ricominciare da capo, ma ne aveva fatte passare troppe a Federico. E adesso, nel vederlo quasi felice e con una possibilità di un futuro stabile davanti, Michael prese la sua ennesima decisione sul momento.
"Hai ragione. Scusa. Non dovevo tornare" disse quasi in un sussurro.
"Forse se mi avessi chiamato ci saremmo potuti incontrare. Non ti avrei respinto".
Michael sorrise. Aveva sempre quel grande cuore.
"Prossima volta ci penserò".
Il silenzio della notte calò attorno a loro e il disagio si fece spazio tra i loro respiri. Federico non ci mise molto a rompere quell'imbarazzo.
"Dove alloggi?" chiese.
"Io ha preso stanza in hotel, in centro".
"Sei con Andy?".
Ah, Andy. Come dirglielo?
"No, sono solo. Lui è rimasto a Londra".
"Come sta?".
"Sta bene". Meglio non dirglielo.
"Mi fa piacere. Uhm, vuoi entrare? Fa freddo qui fuori".
"No, io...io meglio se vado via".
"Okay. Allora, uhm. Buona notte".
"Buona notte".
"Ehi".
Michael non fece neanche in tempo a fare due passi che Federico lo fermò con un sorriso. Era sincero, era pieno di compassione per lui, un sorriso che Michael avrebbe definito bellissimo.
"Mi ha fatto piacere rivederti" disse Federico. "Anche se non è stato proprio il momento giusto, ma mi ha fatto piacere. Tu stai bene?".
"Sì, sto bene".
"Bene. Sono felice per te".
E forse adesso era anche vero e quell'ennesimo sorriso che Federico gli regalò fu troppo da sopportare per Michael. In quel momento capì che gli sarebbe mancato, quel sorriso.
Il cantante annuì velocemente e provò a sorridere. "Ci sentiamo. Ciao Fede".
Michael quasi cominciò a correre per andare via da quel ragazzo che ormai ragazzo non era più. Era un uomo, anche se non ricordava tutta la sua crescita, poteva vederlo in lui in quel momento. Era diventato un vero e proprio uomo.
Arrivò al cancelletto che chiudeva il vialetto e prima di uscire, si girò un'ultima volta.
Federico era ancora fermo sulla soglia di casa a fissarlo.
"Buona vita, Fede".
E con queste ultime parole, anche Michael sparì nel buio della notte.
Federico rientrò in casa e non ci pensò neanche a rincorrerlo. Aveva smesso di farlo.



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ANGOLO HEART
Ecco, sì.
Questo era decisamente angst.

Diciamo che l'ultima scena è abbastanza un cliché ma mi sono divertita troppo a scriverla.
Abbiamo un nuovo personaggio! Ora capite perché i capitoli sono 34?
No comunque, io adoro Matteo, nella mia testa è un altro patatone ma so che lo odierete in molti. O forse no, chissà, in fondo non è colpa sua se Federico ha rifiutato Mik. Cioè, insomma, no dai. 

Ora, probabilmente starete odiando più me, perché vi avevo finalmente dato una gioia e puff, #maiunagioia ritorna. I'm sorrrry.
Ora i ruoli sono davvero invertiti. 

Zitta zitta mi ritiro e mi preparo a ricevere i pomodori in faccia (o meglio, sullo schermo).
A domani gente, sempre che vorrete ancora leggerla questa storia 

- heartcremisi

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