28. // promesse chiuse in una scatola

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A svegliarlo quella mattina fu il niente. Quando aprì gli occhi non riuscì a trovare una ragione per cui si fosse svegliato. I cani dormivano ancora, la luce del sole non aveva ancora oltrepassato le tapparelle chiuse e Michael non stava russando così forte da svegliarlo. Anzi, quasi non russava.
Federico non capì perché si fosse svegliato, ma ormai era sveglio e non guardò neanche l'orologio quando si alzò, andò dritto in bagno e si fece una doccia veloce.
Passò per la camera prima di andare in cucina e vide Michael ancora beatamente addormentato, avvinghiato a quel cuscino come se fosse la cosa più morbida di quel mondo. In fondo era davvero morbido, avevano scelto dei cuscini ottimi.
Cominciò a preparare il caffè e quando prese il pane il suo stomaco cominciò a brontolare. Con una rapida occhiata vide che erano le otto e mezza e sorpreso pensò fosse più presto.
"I smell coffee!".
Si girò e vide Michael strisciare i piedi fino alla cucina, un sorriso addormentato sulle labbra.
"Ti ho svegliato?" chiese Federico.
"Mmh, caffè mi ha svegliato. Ma va bene, mi sa che dormivo tanto se non mi svegliavi".
Federico versò il caffè e Michael addentò felicemente il pane con sopra la nutella. Federico ridacchiò a quell'immagine e si sedette davanti all'altro, cominciando una colazione quasi silenziosa, con risate e piccole battute qua e là.
"Quando mi porti fuori per terzo appuntamento?" chiese Michael ad un certo punto.
"Fammi pensare a un bel posto, prima!".
"Ci hai messo cinque giorni per pensare a posto di secondo appuntamento!".
"Come sei impaziente. Lasciami pensare a un posto speciale, non ho fantasia per queste cose".
"Ma non serve posto speciale, sarà speciale il momento perché saremo insieme".
Federico si lasciò quasi scivolare le tazze nel lavandino quando sentì quelle parole. Si girò e trovò Michael a sorridergli, i suoi denti che mordicchiavano la mano.
"Dici sul serio?" chiese Federico.
"Sì, certo" rispose Michael. Federico aveva imparato a distinguere la luce negli occhi di Michael. Quando mentiva diventavano appena più scuri, come rivestiti da una patina opaca e la maggior parte delle volte cercava di tenere lo sguardo più fisso possibile.
Quando era sincero c'era una luce brillante, come se avesse piccoli diamanti attorno all'iride, e spesso i suoi occhi sorridevano con le sue labbra.
Federico fu felice di vedere quei diamanti nei suoi occhi in quel momento.
"Mi fa piacere sentirtelo dire" disse Federico. "Allora magari stasera ti porto fuori a cena".
"Mi farebbe molto piacere".

La giornata non andò come pianificato. Non che avessero fatto questi grandi piani, avevano solo pensato di mangiare qualcosa a casa per pranzo e di andare nel pomeriggio in un museo che Michael voleva vedere. Ne aveva letto su internet e non ricordava di esserci già stato, ma ritornare nei musei era sempre piacevole. Così un piccolo piano se lo erano fatti, ma bastò una chiamata a stravolgere tutto.
Erano finiti sul letto, non sapevano ancora perché, avevano cominciato a parlare su cosa fare a pranzo e improvvisamente si erano ritrovati l'uno attaccato all'altro, a baciarsi. Era un momento alquanto felice, quello, e nessuno dei due sapeva fin dove si sarebbero spinti, ma non importava, finché stavano bene. Federico era finito a cavalcioni su Michael ed era da cinque minuti buoni che non si staccava dalle sue labbra. Poteva sentire il sorriso dell'altro premere contro le sue labbra e questo rendeva Federico solo più felice.
Poi il squillare del cellulare li riportò alla realtà e ne approfittarono di quella pausa per riprendere fiato.
"Chi è?" chiese Michael quando Federico prese il cellulare.
"È mia mamma" rispose. Si distese accanto a Michael e rispose alla chiamata.
"Pronto mamma?".
Michael rimase a fissarlo e dopo neanche un minuto si appoggiò al suo petto, i loro respiri ancora affannati. Sorrise quando sentì il braccio di Federico cingergli la vita, lo trovò un gesto così naturale e silenzioso da dire così tanto allo stesso tempo. Federico cominciò a parlare con la madre, Michael non stava neanche ascoltando, era troppo preso dai suoi pensieri. Ci si perse in mezzo, per un momento, pensando a quel che stava succedendo.
Non si era mai sentito così con Andy.
Non sapeva spiegarselo, era una sensazione strana, ma quando aveva lasciato Andy non era sicuro di poter provare emozioni così forti con Federico. Sapeva che si sarebbe innamorato, perché di quello era sicuro, ed era anche convinto che le emozioni che avrebbe provato sarebbero state più forti di quelle che aveva provato con Andy, ma non si aspettava di sentire così tanto.
Si sentiva bene, davvero bene, con Federico.
C'era qualcosa nel suo modo di fare che gli trasmetteva sicurezza e pace, e quel sentimento che stava ritrovando si avvicinava sempre di più a quell'amore di cui aveva sempre sentito parlare. Sembrava vero amore, quello, e un po' lo spaventava, ma allo stesso tempo lo eccitava.
"Noi avevamo altri piani, ma'".
Michael si risvegliò dal suo stato di trance e guardò il ragazzo roteare gli occhi e sbuffare. In quel momento si rese conto che gli sarebbe venuto naturale chiamarlo il suo ragazzo.
"Aspetta, adesso glielo chiedo" disse Federico e allontanò il telefono dalla bocca. "Mamma chiede se vogliamo andare a pranzo da loro".
"Dalla tua famiglia?" chiese Michael e Federico annuì.
"Non dobbiamo per forza".
"Scherzi? Mi fa piacere! È stata bella ultima volta".
"Sei sicuro? Probabilmente finiremo tardi, non riusciremo ad andare al museo".
"Oh, tua famiglia è meglio di museo. Possiamo andarci un altro giorno".
Federico si accorse che stava sorridendo troppo alle sue parole.

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