Fu strano ricominciare, non tanto per l'imbarazzo di dover riprendere una relazione di due anni da zero, ma un po' perché Michael quasi pretese di ricominciare dalla base, ovvero dai primi appuntamenti.
"Fammi capire una cosa, Freud" disse Federico. Erano in aeroporto a Londra, Michael lo aveva accompagnato il giorno dopo per ritornare a Milano. Quella prima notte l'avevano passata a parlare sul divano, a ridere e scherzare, lasciandosi i pesanti discorsi alle spalle. "Vuoi che ti porti fuori per un primo appuntamento?".
"Certo! Primo appuntamento è importante per relazioni" esclamò Michael. Si spostò per far passare un uomo che correva con una borsa sopra le spalle e Federico imitò i suoi movimenti, appartandosi vicino alle sedie. "Aspetta, perché mi hai chiamato Freud?".
"Al nostro secondo anno insieme a X-Factor ti comportavi da psicologo con i concorretti. Ho cominciato a chiamarti Freud lì".
"Ah, that's nice! Mi piace soprannomi. Comunque che problema hai tu con primo appuntamento?".
"Io abito a Milano, tu a Londra? Bisogna organizzarsi giorni prima per un appuntamento!".
"È normale".
"Sì, ma poi a fine serata ti dovrei riaccompagnare a casa. Da Milano a Londra è lunga, sai?".
"Io posso dormire nel tuo letto, l'ho fatto per più di un mese!".
"Sarà uno strano primo appuntamento".
"Noi siamo strani".
Sì, lo erano davvero.xxx
Il primo appuntamento fu molto strano, più che altro fu molto fuori dalle righe.
Federico invitò Michael a cena due giorni dopo il suo ritorno a Milano. Aveva prenotato in un bel ristorante in periferia, un posto un po' sconosciuto ma ne aveva sentito parlare bene, e loro lì non ci erano mai stati. Dovevano ricominciare e Federico non aveva più intenzione di portarlo in posti che avrebbero dovuto ricordargli di loro. Lo aveva già fatto, era stato doloroso ed era arrivato il momento di ricominciare da zero.
Così Michael si presentò due giorni dopo davanti a casa di Federico – casa che risultava ancora loro, i loro avvocati avevano appena fermato le carte che avrebbero definitivamente stabilito che la casa sarebbe stata solo di Federico. Quindi fu Michael che, appena atterrato, andò a prendere Federico per il loro appuntamento, ma fu Federico a condurlo fino al ristorante. Quel giro di parole fece sorridere il tatuato, era tutto così strano.
Erano le sette e mezzo e Federico stava guardando per l'ennesima volta il suo riflesso nello specchio. Aveva optato per qualcosa di semplice, sapeva che Michael sarebbe venuto vestito elegante, così si era messo una semplice camicia nera con dei jeans neri eleganti. Era nervoso, si vedeva dalle sue mani che continuavano a giocare con i bottoni della camicia.
Cominciò a pensare di cambiarsi quando il campanello risvegliò la sua ansia e Chewie e Gue corsero alla porta. Federico sorrise perché loro non sapevano chi è che c'era dietro quella porta e quando finalmente andò ad aprire, Amira e Melachi invasero quel soggiorno che tanto conoscevano e ci fu un via vai di code agitate e felici per almeno cinque minuti.
"Ciao" disse Michael entrando. Si chiuse la porta dietro e Federico gli sorrise.
"Ciao" rispose. "Com'è andato il viaggio?".
"Oh bene, stancante. Ma non troppo".
La loro attenzione venne catturata dai quattro cani che non la smettevano di saltarsi addosso e abbaiare felici.
"Direi che sono felici" disse Michael.
"Sì, Gue e Chewie sentivano molto la loro mancanza".
Michael si accucciò a salutare le due chihuahua e Federico prese le chiavi.
"Quando vuoi possiamo partire" disse.
"Mi cambio veloce".
Federico fece per dirgli dov'era il bagno ma Michael prese la sua valigia e si diresse a passo sicuro verso il bagno e Federico sorrise. Era stupido, perché un mese lì lo aveva passato, ma non pensava si sarebbe ricordato.
Rimase sul divano con i cani per neanche cinque minuti, poi Michael lo raggiunse e dopo aver controllato che tutti e quattro i cani avessero cibo e acqua a sufficienza, presero le giacche e uscirono. L'ultima cosa che videro prima di chiudere la porta fu i quattro cani distesi una sopra l'altra sul divano e a Federico era mancata quella visione.
"Spero si mangia bene in tuo ristorante, ho fame!" esclamò Michael.
"È un buon ristorante, sarai soddisfatto fidati" rispose Federico e con una risata entrarono nella macchina. Quando sentì il click automatico delle cinture allacciate, Federico andò nel panico.
Non ci aveva pensato. Non gli era neanche passato per la testa e questo non andava bene.
Aveva una mano fissa sul volante e l'altra sulla chiave per accendere il motore, ma proprio non ci riusciva.
"Hai dimenticato qualcosa?" chiese Michael. Federico si sbloccò dal suo stato pietrificato e guardò l'uomo con occhi spalancati. Aprì la bocca ma l'aria nei polmoni gli morì subito.
"Fede? Stai bene?" continuò Michael, questa volta leggermente preoccupato.
"Il ristorante non è troppo lontano" cominciò Federico. Balle, è dall'altra parte della città. "Forse possiamo prendere un bus. O la metro". Non ci entri da anni in metro, è assurdo.
E a Michael bastarono quelle parole per capire. Appoggiò una mano sul braccio teso di Federico e questi sussultò.
"È tutto okay, Fede. I trust you".
Quelle parole mandarono in crisi Federico perché come poteva fidarsi di lui dopo quello che gli aveva fatto? Era stato lui, con quella macchina, a farlo diventare com'era.
"Possiamo chiamare un taxi" sussurrò Federico.
"Va bene. Se ti senti meglio allora va bene".
Federico annuì e prese il telefono. Con una voce ancora tremante chiamò un taxi e quando chiuse la chiamata si rese conto che Michael non aveva mai spostato la sua mano dal suo braccio.
"Scusa" disse Federico. "Come primo appuntamento sta cominciando proprio male".
"Non è vero" rispose Michael e gli regalò un sorriso sincero. "E non scusarti. Posso capire".
Federico sentì l'ansia calare. Era sempre stato bravo a fargliela sparire.
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Amnesia
Hayran KurguIn un futuro prossimo dove Fedez e Mika stanno insieme e insieme cercano di affrontare le conseguenze che ha portato un incidente stradale in cui sono stati coinvolti. WARNING: questa storia sarà prevalentemente angst, in alcuni punti forse troppo a...