Capitolo 1 - Un gran casino

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Ero seduta infreddolita su una sedia, la bocca asciutta e le labbra screpolate. I miei capelli scuri lunghi fino alla vita erano un casino e i miei occhi blu erano vitrei.
Attorno a me c'erano molte altre sedie occupate da persone con la mia stessa espressione sul volto.

La stanza era luminosa, così tanto da far male. L'ho ispezionata, i miei occhi hanno trovato una giovane donna. Le sue labbra tremavano e sembrava completamente terrorizzata, traumatizzata.

Improvvisamente, senza avviso, si scagliò contro di me. Immediatamente mi raggomitolai su me stessa contro la sedia. Non so davvero perché l'ho fatto; forse è stato solo un istinto naturale.

Un uomo all'apparenza alto con indosso una tuta la staccò rapidamente da me. Sembrava sulla cinquantina e aveva un'aria autoritaria. "SICUREZZA" chiamò. La donna scoppiò a piangere lasciandosi andare in singhiozzi incontrollabili mentre io la fissavo scioccata.

Due persone entrarono nella stanza, entrambe con sguardi severi sulle loro facce. La portarono via senza dire una parola. "Dove la stanno portando?" riuscii a chiedere.
"Solamente nella sua stanza" rispose l'uomo gentilmente.

"Mi dispiace per lei" continuò. "È nuova e ancora abbastanza scossa." Gli concessi un debole sorriso mentre mi rimproverai mentalmente per essermi comportata come una bambina.

Erano passati 6 mesi, perché ero ancora spaventata? Ho spedito lettere a mia madre ogni giorno dicendole quanto questo posto fosse giusto per me e quanto meglio mi sentissi.

Ma diciamoci la verità, tutte quelle terapie non stavano facendo effetto con me. Pensavo a tutto questo mentre mi sdraiavo sulla mia brandina. Ero volontaria quindi avrei potuto lasciare questo posto in qualsiasi momento avessi voluto, ma mi sentivo più al sicuro qui.

"Forse è perché non ti stai aprendo." Disse una voce maschile. Fu in quel momento che realizzai che stavo pensando ad alta voce. Un momento... maschile... oh. Ricordavo che il mio vecchio compagno di stanza era stato dichiarato 'sano' qualche giorno prima.

Mi affacciai dalla branda superiore e trovai lui che mi sorrideva, si sorrideva. Come può qualcuno sano di mente trovare un posto come questo allegro? Poi ho avuto l'illuminazione: lui non era sano di mente. Nessuno qui lo era.

Dovetti sembrargli spaventata perché subito dopo disse: "Rilassati principessa, non mordo..."  "Forte" aggiunse a bassa voce e sogghignò.

Mi allontanai da lui come sentii i familiari brividi lungo la colonna vertebrale. Il mio respiro si fece più veloce, considerai di correre dalla sicurezza ma sapevo per esperienza che tentare di scappare non mi avrebbe portata da nessuna parte.

Non sapevo cosa fare e il pensiero di dover dividere la stanza con questo ragazzo per Dio solo sa quanto, mi nauseava. Il letto sembrava essere scosso da un qualche strano tipo di forza, fu allora che realizzai che ero io.

"Oh mio Dio" lo sentii dire mentre saliva sulla brandina. Rimasi lì, paralizzata, aspettando ciò che sarebbe venuto dopo. "Non era mia intenzione spaventarti, stavo solo scherzando" disse in tono di scuse raggiungendomi.

Mi ritrassi dal suo tocco, realizzando finalmente di essere ancora in grado di muovermi. Mi tirai le ginocchia al petto circondandole con le braccia, spostandomi nel punto più lontano della brandina, il più lontano possibile da lui. "Senti, mi dispiace" disse facendosi strada verso di me.

Indietreggiai fino al muro impaurita facendolo fermare. Mi lanciò un'occhiata esasperata, ma non si avvicinò. "Io sono Tyler, come ti chiami?" chiese gentilmente. Non risposi, sospirò.

Un altro sorrisetto gli attraversò il viso. "Se non me lo dici, dovrò chiamarti principessa per il resto della tua vita". Lo fulminai con lo sguardo sentendo tornare la sicurezza. "E cosa ti fa pensare che starò qui per il resto della mia vita?"

Sbuffò. "A giudicare dallo stato in cui ti trovavi qualche secondo fa, penso che starai qui per molto tempo". Uno sguardo compiaciuto mi attraversò il viso. "Beh, indovina un po' cervellone, io sono una VOLONTARIA" dissi, enfatizzando la parola. "Il che significa che posso andarmene quando voglio" aggiunsi con un sorrisetto.

Mi pentii immediatamente poiché si avvicinò ancora. Mi ritrassi il più possibile sperando che il muro mi inghiottisse. Si sporse verso il mio orecchio, non osavo muovermi. Non respiravo nemmeno. "Continua a ripetertelo, principessa." Sussurrò con voce cupa.

Tutta la sicurezza che pensavo di avere, se n'era andata. Sentivo il suo fiato caldo sul collo e iniziai ad andare nel panico. Sentii il suo viso strofinare contro la mia guancia. "Hai un odore molto buono, lo sai?" Oddio.

Dopo quelli che sembrarono anni, si allontanò e scese dalla mia brandina. Non so come riuscii a trattenermi dall'urlare, ma lo feci. "Ci vediamo stasera" mi fece l'occhiolino e se ne andò. Rabbrividii al pensiero.

La mia testa iniziò a girare e mi sentivo come se stessi per vomitare. Almeno una cosa di ciò che disse aveva senso: avevo bisogno di parlarne.

Fino a quel momento non avevo mai avuto il coraggio di parlarne, forse era per questo che non miglioravo. Volevo correre, urlare a tutti, chiedere loro chi era l'incompetente che aveva deciso di farmi dividere la stanza con quella persona!

Ma non potevo, bisognava stare attenti lì. Se dovessi perdere le staffe anche solo una volta, darei loro ragione di credere che io sia tutto tranne che sana. Mi terrebbero qui, contro la mia volontà.

Come ho detto prima, potrei andarmene quando voglio. Ma come ho anche detto, non mi sento abbastanza sicura.

La campanella del pranzo suonò, ma non me la sentivo di mangiare, così restai lì. Gustandomi il silenzio, se così si può chiamare.

Non riuscivo più a sopportare il dolore, quel dolore che tenevo dentro di me da 6 mesi. Una lacrima scese silenziosa lungo la mia guancia, seguita poi da altre. Lasciai uscire tutto, non importava quanto rumorosa fossi, non c'era nessuno lì che potesse sentirmi.

Mi avvicinai al lavandino e, se fosse stato possibile, scesero altre lacrime. Dopo un po' sentii dei passi avvicinarsi.

Mi congelai; i miei singhiozzi si fermarono immediatamente. 'Calmati Jazlyn' continuavo a ripetermi. 'Hai 17 anni, smetti di essere stupida' continuai.

Sentii qualcuno schiarirsi la voce dietro di me, facendomi voltare bruscamente. Tyler era tornato, solo Tyler era tornato.

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Ehilààààààà!

Innanzitutto voglio ringraziarvi per aver letto il primo capitolo di questa storia.
Come già ho scritto nella descrizione, NON è mia ma la sto solo traducendo dall'originale.

Io l'ho letta in inglese e sono convinta che meriti di essere letta perché è veramente bella. Spero di riuscire a trasmettere ciò che l'autrice stessa voleva comunicare, quindi ditemi che ne pensate e se trovate qualcosa che non va.

Vi garantisco che la storia si farà moooolto interessante nei prossimi capitoli!

A presto,
S. 💕

P.s. Se volete leggere l'originale è Don't Talk To Strangers di ibieberbless .

Don't Talk To Strangers (Italian Translation) *sospesa*Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora