Capitolo 12 - Complice

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Mi rannicchiai sul materasso serrando gli occhi; stavo considerando il teletrasporto, ma sappiamo tutti che non è possibile.

Mi chiesi dove fosse il mio telefono...ecco, il mio cellulare! Deve essere da qualche parte in questa casa, forse la polizia può rintracciarlo e trovarmi! Aspetta un minuto...no, non possono, non più.

Ripensai al giorno in cui Jason mi trovò nel campo di grano: disse ad Alex di andare a prendere la pala e rise quando pensai che fosse per me.

Ovviamente l'hanno usata per seppellire il mio telefono, non c'è modo che io venga trovata senza quello. Cioè, non è che ho un dispositivo di localizzazione impiantato sotto pelle.

Mia madre voleva farmelo fare; era un'altra delle cose sulle quali mi ero tirata indietro. Sentii la rabbia montare dentro di me come mai prima. Non era diretta verso Jason o Alex, era diretta verso di me.

Se fossi stata un'altra persona mi sarei presa a schiaffi! Ciò che ho fatto per tutta la mia vita è stato tirarmi indietro dalle cose: troppo spaventata per farle o senza il coraggio di osare.

Ora basta, basta con questa stupidità. Elaborerò un piano, lo seguirò e non avrò paura di niente e nessuno, a partire da ora.

Alex entrò nella stanza e mi tirò su, mi dimenai alla sua presa ma era inutile. Questa cosa del non avere paura è più facile a dirsi che a farsi.

Mentre mi trascinava per il corridoio, presumibilmente verso la mia morte, non potei fare a meno di notare che Jason non era lì. Questo dimostra quanto gli interessa, *notate il mio sarcasmo*.

Non urlai, non piansi, mi lasciai solo trascinare verso una qualche ignota destinazione.

Alex sembrò sorpreso e si fermò per un momento. "Non farai nulla? Cioè, non sei neanche un minimo spaventata per quello che ti farò?"

Scossi la testa alla sua espressione sconcertata. "A quale scopo, morirò comunque" dissi senza mezzi termini.

"Finalmente ci muoviamo nella stessa direzione! Jase non è troppo felice, ma gli passerà, lo fa sempre." Spalancai la bocca mentre lui riprese a trascinarmi lungo il corridoio.

Mi tirai indietro costringendolo a fermarsi, mi fulminò con lo sguardo. "Alex, quante...altre sono state qui?" dissi lentamente.

"Oh, circa 10 o 11... Non lo so, non tengo il conto. Non erano tutte di Jason, alcune di loro erano mie" mi fece l'occhiolino.

Ero disgustata, guardandomi si accigliò. "Metti questa" disse lanciandomi una salopette. Lasciò andare il mio braccio, afferrandomi invece per i capelli.

Rabbrividii e mi sfuggì un lamento nel momento in cui la sensazione di bruciore si diffuse sul cuoio capelluto. Una volta indossata, aprì la porta alla sua sinistra e mi spinse dentro prima di seguirmi anche lui.

La stanza era buia, quasi nera. Non riuscivo a vedere nulla, a parte un debole bagliore in lontananza. Era una piccola lampada vecchio stile; la luce proveniva da una piccola candela che era quasi giunta alla fine.

Accanto ad essa c'era una sedia da ufficio, il tipo di sedia sulla quale starebbe seduto il 'grande capo'. Non potevo dire chi la occupasse poiché tutto ciò che riuscivo a vedere era il retro di essa.

Rimasi seduta sul pavimento non volendo alzarmi. Qualcosa si mosse nell'angolo più lontano della stanza e la mia testa scattò in quella direzione.

Don't Talk To Strangers (Italian Translation) *sospesa*Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora