Capitolo 28 - Quando la vita ti dà limoni

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Cercai sul suo volto un segno di divertimento, qualcosa che mi dicesse che non era sincero. Ma non trovai nulla, era completamente serio e quello mi spaventò.

"I tuoi...i tuoi cosa?" Farfugliai sconcertata. "Ho detto i miei figli!" Rispose a denti stretti prima di spingermi a terra.

"Hai problemi di udito? Perché in caso sarei molto felice di procurarteli!" Mi schernì.

Sollevò il piede e lo stampò sulla mia gamba, proprio nel punto in cui la mia pelle era lacerata.

La sua forte risata rimbombò, seguita subito da quelle degli altri, mentre urlavo dal dolore.

Afferrai la mia gamba e sussultai per l'incredibile dolore quando provai a muoverla. L'osso era indubbiamente rotto.

Come lo sapevo? Me l'ero già rotto in precedenza quando mi ero schiantata in bicicletta contro un muro di mattoni.

Non accadde al momento dell'impatto, bensì quando il mio piede rimase impigliato in un cespuglio e si contorse, facendo voltare tutto il mio corpo e quando caddi era ormai rotto.

Infatti, praticamente tutta la mia vita non è stata altro che sfortuna. Quando si tratta di me credo che Dio abbia senso dell'umorismo.

I miei occhi scattarono su di lui quando i flashback sbiadirono e ricordai dove mi trovavo.

"Ma come...perché?" Dissi trattenendo il respiro e guardandolo a bocca aperta.

"Oh, ho agitato una bacchetta magica e bam...TU CHE CREDI, IDIOTA?!" urlò. Aprii la bocca per replicare, ma cambiai idea decidendo che fosse meglio non rispondere.

Volevo chiedergli chi potesse mai considerare di fare sesso con lui, ma diciamo solo che alcune cose è meglio che rimangano non dette.

Un piccolo sorriso apparve sulla sua faccia mentre fissava il vuoto ricordando qualcosa.

Dopo quelle che sembrarono ore finalmente parlò.

"Sai quante ragazze sono abbastanza stupide da girovagare per questi boschi ogni anno?" Ammiccò puntandomi contro un dito mentre lo diceva, come a sottintendere che fossi una di quelle stupide ragazze.

Spostai lo sguardo ma lo riportai rapidamente su di lui, ricordando che non gli piaceva quando lo facevo non appena iniziò a picchiettare impazientemente il piede a terra.

Emise un piccolo sbuffo di scherno, mormorando sottovoce una serie di parole incoerenti.

Era palese che gli piacesse raccontare questa storia e volesse la mia completa attenzione in modo da vedere la mia reazione.

"Avevo bisogno di fondare un esercito. Come, ti chiederai? Beh, non potevo solo reclutare persone a caso. Dovevo essere sicuro della loro eterna fedeltà nei miei confronti. Come i cani, dovevano essere allevati nel modo giusto. L'unico modo per farlo era crescerli io stesso."

Fece una pausa incurvando le sue labbra in un ghigno.

"È davvero incredibile come quante persone si perdano in questi boschi..." mormorò pensieroso.

Con la coda dell'occhio intravidi qualcosa di lucido e di metallo.

Uno degli uomini teneva un grosso coltello da cucina davanti alla bocca, in attesa del resto della storia...lo stesso coltello che aveva usato per ferire Jason.

A quel punto sentivo il bisogno di vomitare, fottuti bastardi schifosi!

Tornai alla realtà grazie al suono della voce roca di Henry.

Don't Talk To Strangers (Italian Translation) *sospesa*Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora