capitolo 8

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Ashton si accorge della mia presenza solo in un secondo momento, nonostante il volume della televisione sia così basso da permettermi di sentire i miei stessi pensieri. Mi osserva per un po' e non c'è più traccia della rabbia della mattina appena trascorsa ed io non so se fingermi sorpresa o se invece ignorarlo.

È la seconda opzione quella che scelgo e, schiarendomi la voce, mi avvicino alle scale diretta verso la mia camera da letto, ad attendere che Luke o Calum tornino a casa così da poter tornare nuovamente al piano di sotto ed evitare di stare da sola con Ashton.

Lui però non sembra essere del mio stesso parere perché spegne il televisore, getta il mozzicone di sigaretta nel posacenere e si alza dal divano. Capisco che si sta dirigendo verso di me solo quando i suoi passi si arrestano a poca distanza dai miei. Mi rendo conto di non potermi più muovere, né tantomeno schivarlo: alla mia destra c'è il divano e lo spazio tra noi due non è abbastanza perché io possa passare di lì.

Abbasso lo sguardo perché continua a intimorirmi; la percepisco la sua tensione, così tanto da sentirmela addosso. Se non fossimo così vicini non lo sentirei nemmeno pronunciare il mio nome. È solo un sussurro appena accennato, ma mi basta per scuotere la testa. Non voglio che mi rivolga la parola, non voglio nemmeno che mi guardi in faccia.

«Per favore, fammi passare.» Ashton deglutisce e più che allontanarsi, sembra essersi avvicinando ulteriormente.

«Aspetta.» La voce di Ashton è bassa, quasi volesse tenere la conversazione solo tra noi due. Chiudo gli occhi per un secondo, poi alzo lo sguardo nel suo; Ashton ha delle occhiaie così marcate da creare due ombre scure sotto i suoi occhi castano chiaro.

«Che cosa vuoi?» Glielo chiedo brusca, ma lui non si scompone nonostante sembri in difficoltà.

«Mi dispiace per questa mattina, non avrei dovuto...»

«Non mi servono le tue scuse.» Lo interrompo bruscamente e lo vedo serrare la mascella, come se si stesse trattenendo dal dire qualcosa.

Riesco in qualche modo a sorpassarlo, ma Ashton è sempre più veloce di me e la sua mano si chiude attorno al mio polso, trattenendomi ulteriormente. Quando mi volto nuovamente nella sua direzione, lui è ancora più vicino di quanto mi aspettassi. La punta del mio naso quasi sfiora il suo e questa volta, l'odore di fumo che aleggia intorno alla sua persona è fastidioso.

«Hayden.»

«Lasciami andare.» Spero che non colga la supplica nella mia voce e che non si accorga che l'anello che porta al dito mi sta pizzicando la pelle.

«Dico davvero...»

«Ti prego, lasciami andare.» Ashton questa volta lo prende come un ordine al quale obbedire perché molla la presa.

«Sto cercando di chiederti scusa, dannazione.»

«Non m'importa delle tue scuse del cazzo» questa volta ad alzare la voce sono io, così come sono sempre io ad avvicinarmi ancora di più, sollevando il mento. «Levati da qui o sarò io a non pensare alle conseguenze.»

Ashton a quelle parole sgrana gli occhi, ma fa un leggero passo indietro, a ristabilire lo spazio personale e sicuro che mi spetta. Si passa una mano tra i capelli e mi fa cenno affermativo con il capo, quasi a dirmi che sono libera di poter salire le scale. Cosa che faccio, nonostante sia costretta a fermarmi a metà perché chiama il mio nome di nuovo. Ho il buon senso di voltarmi solo perché voglio essere chiara una volta per tutte.

«Non provare a toccarmi di nuovo; non parlarmi, fa' finta che io non esista» Ashton mi osserva dal basso e lo fa in modo tanto serio da assottigliare lo sguardo. «Non voglio avere niente a che fare con te.»

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