capitolo 13

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Resto impalata nell'atrio per dei minuti che mi sembrano interminabili; Luke sbuffa e quando Ashton esce di casa lo segue quasi correndo, forse a cercare di fargli cambiare idea. Quando però sento le portiere del pick up di Calum chiudersi e le gomme stridere appena sulla ghiaia, capisco che non ho scampo, che Luke non ha vinto ed è lui a essere andato via con Calum.

«Bambolina, non te lo ripeterò una seconda volta» la voce di Ashton proviene dal garage appena accanto alla porta di casa. «Se vuoi andare a quella festa, porta qui da me quel tuo bel culetto e assicurati di chiudere a chiave la porta.»

Arrossisco fino alla punta dei capelli, ma immagino Ashton ridacchiare alle sue stesse parole mentre io mi ritrovo a borbottare frasi senza senso, alla ricerca delle dannatissime chiavi di casa. Mi assicuro di far fare due giri alla serratura e lo raggiungo. Sta trafficando con qualcosa che mi sfugge alla vista, quindi mi fermo esattamente alle sue spalle, con le braccia incrociate al petto.

«Non salirò su quella moto.» Glielo dico seria, ma lui non si prende nemmeno la briga di far sparire quel suo ghigno dalle labbra quando si volta finalmente nella mia direzione. Schiocca semplicemente la lingua e si pizzica la punta del naso con le dita.

«Non mi sembra che tu abbia molte altre alternative.»

«Posso sempre prendere un taxi.»

«Ti costerebbe una fortuna» ribatte, assumendo poi la mia stessa posizione. «Non ti resta che venire con me, principessa

«Smettila con questi stupidi soprannomi.» Ashton scoppia a ridere, ma spero che non noti le mie guance assumere una leggerissima sfumatura rossastra.

«Non ti lamenti mai quando è Mike a farlo.» Sembra persino piccato mentre me lo dice.

«Tu non sei Michael» abbasso lo sguardo sulle mie scarpe solo un secondo prima di riportarlo su di lui. «Dico sul serio Ashton, non voglio salire su quella tua dannata moto.»

Ashton si schiarisce la voce, poi oltrepassa la motocicletta solo per potervisi appoggiare con il fondoschiena proprio sul sedile. Incrocia di nuovo le braccia al petto e solo in quel momento faccio caso al suo abbigliamento. È completamente vestito di nero, persino le Converse alte che porta sono dello stesso colore. Nemmeno io sfoggio un arcobaleno di colori e con un sorriso che mi si forma appena sulle labbra, penso che sembriamo una di quelle coppie di ragazzi punk amanti delle corse in moto.

«Hai paura?» Questa volta Ashton non me lo chiede con scherno.

«Perché non ti sei preso Luke?» Ignoro la sua domanda per porre la mia.

«Luke è troppo alto e troppo pesante per stare dietro di me» si passa una mano tra i capelli, poi sento i suoi occhi scorrermi addosso dalla testa ai piedi. «Tu invece sei uno scricciolo, non mi creeresti nessun problema né di peso né di visuale. Sii sincera, però. Hai paura? Prometto di non prenderti in giro.» Si porta una mano sul petto in segno di giuramento.

«No, è che...»

«Ci sei mai almeno salita su una di queste?» Quando scuoto la testa, Ashton sospira e alza totalmente la serranda del garage per spingere fuori la moto e fermarla sul vialetto. «Ho capito. Hai paura perché non sai come sia?»

«Sì, è per questo.» Replico infine, perché Ashton una risposta la aspetta davvero.

«È come andare in bicicletta» allunga una mano nella mia direzione perché mi avvicini. «Solo un po' più veloce.»

«Se cado da una bicicletta non rischio di morire.»

«Non esserne poi tanto sicura.» Borbotta, quando le risate si sono placate. «Ascolta: ti fidi di me?»

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