capitolo 22

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La biblioteca del campus è meno affollata del solito e questo strano evento mi perseguita fino a quando l'evidenziatore non è quasi del tutto scarico; osservo i paragrafi che ho davanti e qualcosa non mi quadra: c'è più rosa che verde e accade raramente.

Sbuffo talmente forte che una ciocca di capelli mi svolazza sul viso; conosco benissimo il motivo per il quale sono distratta e non riesco nemmeno a ricordare tutto quello che ho letto fino a un minuto fa. Ashton Irwin non mi permette di concentrarmi come realmente vorrei.

Prendo un lungo respiro e il mio sguardo si ferma proprio sul display del mio cellulare illuminato. Sono quasi le otto ed è tardissimo. Mi alzo in fretta, infilando nella borsa in modo brusco tutti i libri che ho sparso sul tavolo. Ho quasi paura che mi abbiano chiuso dentro.

L'aria fresca mi dà i brividi, non mi ero accorta di quanto tempo abbia realmente passato al caldo tra le mura della biblioteca; corro verso la pensilina dell'autobus, ma il telefono prendere a squillare frenetico all'interno della tasca dei jeans. La poca copertura all'interno della biblioteca non mi ha permesso di ricevere i messaggi in tempo reale.

Ci sono Kate, Lydia, persino un'immagine stupida inviata da Michael più di tre ore fa. L'ultimo è invece di Calum, vuole sapere se tornerò a casa per cena ed è una semplice risposta affermativa quella che gli mando. O almeno, spero di avergliela mandata perché qualcuno mi viene addosso con così tanta violenza da farmi volare il telefono dalle mani; lo guardo atterrare con lo schermo rivolto verso il suolo a qualche metro di distanza.

«Oh merda, scusami!» È la voce di un ragazzo quella che sovrasta la mia imprecazione; non ho idea di chi sia. «Non ti ho proprio visto.» Gli faccio un cenno svelto con la mano, a dirgli che non è successo niente.

«Tranquillo.» Lo liquido in fretta, abbassandomi a recuperare il cellulare; l'autobus è sicuramente in arrivo ed io sto solo perdendo tempo. Tiro dritto senza nemmeno salutare, ma lui deve essere molto più veloce di me perché me lo ritrovo accanto qualche secondo più tardi.

«Sei Hayden, non è vero?» Lo guardo con la coda dell'occhio, senza accennare a rallentare. «La coinquilina di Hemmings.» Aggiunge, sperando forse di essere più convincente e di stare parlando con la persona giusta. Mi fermo all'improvviso quando pronuncia il cognome di Luke.

«Sono io, sì» l'autobus mi passa davanti ed io lo guardo sparire lungo la strada. «Ci conosciamo?» Il ragazzo mi porge la mano con il solo intento di presentarsi.

«Andrew» me lo dice con educazione. «Frequentiamo lo stesso corso di economia; conosco Luke da un paio di anni. Mi ha parlato di te e ti ho visto a lezione nelle ultime settimane.» Parla tanto velocemente che quasi fatico a stargli dietro.

«Okay» replico infine e lo osservo sorridere per poi grattarsi distrattamente il collo. «È per caso una tecnica di abbordaggio? Perché in quel caso, ti assicuro che non sta funzionando per niente e ho appena perso l'ultimo autobus per tornare a casa.»

«Cosa? No, no. Certo che no» scoppia a ridere Andrew, sollevando le mani in segno di resa. «Nessuna tecnica di abbordaggio, promesso. Ti stavo cercando in realtà e posso offrirti un passaggio fino a casa per farmi perdonare.» Si chiude la zip della giacca mentre io mi aggiusto la borsa sulla spalla.

«Conosci davvero Luke?»

«Alto, goffo e con qualche mania di protagonismo fuori controllo?» Andrew conta sulle dita ogni parola.

«Sì okay, lo conosci davvero» la sua non è una domanda reale, ma annuisce. «Perché mi cercavi?»

«Accetta il mio passaggio, te lo spiego strada facendo.» Annuisco solo perché l'idea di tornare a casa non mi entusiasma per niente.

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