Capitolo 35 || Hospital

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Sollevare le palpebre mi riesce difficile, come fossero pesanti centinaia di chili.
Le voci che prima arrivavano ovattate ai miei timpani adesso sono ben chiare.
«Dobbiamo portarlo velocemente in ospedale.»
La sirena di un'ambulanza mi fa spalancare gli occhi in una frazione di secondo. Accanto a me una ragazza bionda è intenta a guardare i medici trasportare mio padre, privo di sensi, su una barella. Tutto si muove freneticamente alla mia vista, procurandomi una confusione tale da farmi male alla testa.
«Abigail, sei sveglia...!» Una voce tremante di preoccupazione fa voltare la ragazza verso di me. Tutti mi sarei aspettata di vedere, ma non lei, non dopo stamattina. I suoi occhi verdi mi scrutano attentamente, magari sperando che in qualche modo mi sentissi ancora male, ma non le darò questa soddisfazione.
«Già.» Rispondo alla constatazione di Lorenzo, che con lo sguardo cerca di far smettere Diletta di mandarmi frecciatine. Mi alzo dal divano su cui ero stata sdraiata e esco fuori per avvicinarmi ai medici.
«Come sta? È grave? Rischia...» Inizio a chiedere alla ragazza con una cartella in mano, ma lei mi zittisce con un gesto della mano.
«Dobbiamo portarlo in ospedale, signorina.» Risponde soltanto salendo sul furgoncino e prendendo posto accanto a mio padre. Una mano si appoggia al mio fianco circondandomi il bacino.
«Andrà tutto bene.» Mi sussurra dolcemente all'orecchio il moro, mentre appoggio la testa sulla sua spalla. L'ambulanza parte sotto il nostro sguardo preoccupato. Sospiro non volendo abbandonare il calore delle sue braccia, ma in un momento del genere, quello è l'ultimo dei miei problemi.
«Puoi portarmi in ospedale?» Gli chiedo preoccupata, sperando che sia disponibile.
«Non c'è bisogno di chiedere, su andiamo.» Mi sorride rassicurante aprendo l'auto che presumo sia dei suoi genitori. Richiamo Diletta per invitarla ad uscire, in modo che possa chiudere la porta.
«Ragazzina, non so a che gioco stai giocando, ma sappi che l'hai già perso.» Mi minaccia sull'uscio di casa, dandomi una spallata per passare. Lascio temporaneamente perdere mentre chiudo la porta a chiave, con i guaiti tristi di Jake dall'altra parte della superficie spessa. Salgo in macchina e prendo posto sui sedili posteriori, sotto lo sguardo attento di Lorenzo, seduto al posto del passeggero.
«Non dovresti guidare tu?» Chiedo al moro davanti a me alzando un sopracciglio.
«Non ho la patente.» Alza le spalle sincero.
«La sera del ballo hai guidato tu...» Gli faccio notare preoccupata.
«Già, Diletta mi ha insegnato le basi.» Risponde relativamente tranquillo fissando il paesaggio scorrere fuori dalla nostra auto. Inizio a torturare le mie mani per l'ansia quando la realtà ri-inizia a premere sulle mie spalle.
Prendo il cellulare dalla tasca del jeans e fra le crepe che sono ancora presenti sullo schermo, sono segnate chiamate su chiamate perse di mia madre.
Decido di richiamarla per farle sapere la situazione che si è creata.
«Mamma?» Risponde subito, con un "Abigail" sussurrato fra le lacrime.
«Devo dirti una cosa importante...» Vado dritta al punto, poco volenterosa di spendere una conversazione con lei.
«Dimmi.» Risponde tirando su con il naso.
«Papà... Ecco, lui è in overdose.» Butto fuori l'aria e chiudo gli occhi. Silenzio dall'altra parte, finché un "cavolo..." viene pronunciato da una terza persona.
«Mamma? Con chi sei?» Le chiedo stranita.
«Ehm... Uhm...» Inizia a borbottare sillabe a caso, senza riuscire a farmi capire qualcosa.
«Mamma, con chi sei?» Ripeto con un tono più serio.
«Con... Lo zio.» Sputa fuori con difficoltà. Le stacco la chiamata in faccia, infuriata per ciò che sta combinando. Non può farsi mio zio!
«'Fanculo!» Urlo per sfogarmi. Lo sguardo curioso di Diletta mi scruta dallo specchietto retrovisore, mentre Lorenzo si gira verso di me.
«Tutto ok?» Chiede premuroso.
«Sì, tutto bene.» Rispondo scandendo bene le parole.
Il motore silenzioso dell'auto viene spento dalla ragazza alla guida, facendomi notare che siamo arrivati.
Scendo dalla vettura e sbatto la portiera di un grigio metallizzato, raggiungendo l'entrata dell'ospedale a passo svelto. Fermo la prima infermiera che mi capita a tiro e le chiedo di mio padre.
«Reparto rianimazione, signorina. Terzo piano.» Mi sorride cordiale una volta alzato lo sguardo dalla cartellina rovinata nelle sue mani. Corro verso le scale e salgo i gradini in marmo a due a due, rischiando più volte di inciampare e cadere. Apro la porta del reparto indicatomi. Vengo presto raggiunta da Lorenzo, che col fiatone mi affianca.
Un dottore dall'aria arrabbiata sta vendendo verso di noi così lo fermo e gli chiedo notizie di mio padre.
«Signorina, la prego, non insista, mi serve che venga sua madre!» Mi risponde irritato, senza specificare in quale stanza si trovi.
«Dottore, mia madre non verrà. Per favore, devo sapere almeno come sta!» Lo prego incrociando le mani e assumendo un'espressione più irresistibile possibile.
«Signorina Watson, non mi convincerà. Piuttosto cerchi di convincere sua madre, così saprà le condizioni di suo padre...» Mi sprona, per poi allontanarsi in fretta. Lo guardo sparire dalla mia visuale e rivolgo poi il mio sguardo preoccupato a Lorenzo.
«Ab, fa quello che ha detto il tipo, magari riusciamo a sbloccare la situazione...» Prova a convincermi dolcemente, portando una ciocca dei miei capelli castani dietro l'orecchio.
Sbuffo e prende il cellulare quando proprio in quel momento entra mia madre.
«Abigail, tesoro!» Urla mia madre correndomi incontro.
«Sta lontana. Il dottore dice che può parlare solo con te, quindi vai.» Mantengo le distanze e un tono distaccato, evitando che si faccia un'illusione delle sue.
Gli occhi neri di mia madre si posano su Lorenzo, fermo accanto a me.
«Oh, che bel giovanotto, è il tuo fidanzato?» Mi chiede esaminando il moro a disagio.
«Mamma, non te ne deve fregare nulla della mia vita, va a vedere papà!» Urlo in risposta, infuriata per il suo menefreghismo nei confronti del suo ex marito. Alza gli occhi al cielo e fa come le ho detto.
«Ah, comunque buon compleanno tesoro!» Urla mia madre mentre cammina lungo il corridoio vuoto. Aggrotto le sopracciglia ma poi ricordo che effettivamente è il mio diciottesimo compleanno. Una mano mi afferra per il gomito e mi fa voltare verso il moro al mio fianco.
«Auguri, Abigail.» Mi sorride dolce prima di appoggiare le labbra morbide sulle mie, in un bacio dolce e pieno di amore.

Lunghezza capitolo: 1039 parole.

Spazio autrice:
Dunque, ho un paio di cose da dirvi.
La prima tratta dei commenti. Nello scorso capitolo c'è stato solo un commento. What? C'è qualcosa che non vi piace? Vi prego, mi serve che commentiate per sapere cosa ne pensate della storia e dei capitoli in sé.
La seconda è solo un augurio di buona fortuna per chi dovrà affrontare gli esami in questo mese, o nei prossimi.
Ragazzi, state tranquilli, chi ha studiato non avrà problemi di alcun tipo.
Vi capirò quando starete tutta l'estate con l'ansia per le superiori, anche per me è stato così lol.
E niente, ancora in bocca al lupo a voi esaminati (?)!
Poi ci sono io che la scuola l'avrei dovuta finire oggi, ma non ci vado dal ventisette maggio. Bien.
E per finire, una ragazza tanto "gentile" (fede6fanvij) mi ha taggata in una challeng. L'ennesima, challenge.
Essa consiste nel dire curiosità random su di me. A furia di dire cose su di me, mi conoscete meglio dei miei genitori, rido.
Bene, iniziamo.

1. Amo qualsiasi tipo di animale, soprattutto il gatto di felpato_19, lol.

2. Ho la carnagione scura, tanto che una volta sono andata in Tunisia con la nave (le dieci ore più brutte della mia vita) e il medico mi ha scambiata per una tunisina. È stato epico.

3. Mi mangio le unghia. Il bello è che sono già piccole per fatti loro, io me le mangio e sono tipo troppo piccole (?).

4. Ho avuto un camaleonte per una settimana, poi è morto. Piango la vita.

5. Mi scrocchia qualsiasi parte del corpo (non pensate male...), e le spalle sono quelle che fanno malissimo.

6. Tendo a seguire la massa, ed è una cosa che odio, però boh, è così.

7. Agli esami di terza media ho preso tutti dieci, ma mi hanno fatto uscire con nove per fare le differenze tra gli alunni. Mi avranno sulla loro lurida coscienza.

8. Quando sento le persone di un'altra regione parlare, prendo subito il loro accento.

9. Amo l'accento della Toscana. Mangiano la "c" ed è troppo figo.

10. Riesco a sistemarmi nel giro di dieci minuti, trucco e tutto.

11. Non so più che dire, lol.

12. Direi di finirla qui.

E niente, spero che il capitolo vi sia piaciuto e che abbiate apprezzato il mio sforzo di non dire sempre le stesse curiosità. Vi amo.

Dangerous Woman || Lorenzo OstuniDove le storie prendono vita. Scoprilo ora