Capitolo 18

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"Harry"
Sentendosi chiamare accelerò il passo.
"Harry fermati, aspettami!"
Una mano troppo debole e delicata si posò sul suo avambraccio per fermarlo.
Rassegnato si girò, incrociando gli occhi chiari della madre. Lui e Chris avevano preso gli occhi di quell'azzurro particolare, tendenti al grigio ghiaccio, della madre, evitandosi quelli di un anonimo marrone del padre. Ma di quell'uomo avevano preso i capelli scuri e i tratti duri.
"Anche oggi vai in barca?" e aveva allentato la stretta, accarezzando quasi quel tratto di pelle.
"Si mamma, non mi va di venire in spiaggia, e no, non ci sarò per pranzo."
Si liberò dalla stretta della madre e si ravvivò i capelli, ormai troppo lunghi. Avrebbe dovuti tagliarli, ma con la barba che stava crescendo, gli davano un aspetto più incontrollabile e selvaggio. Proprio come si sentiva in quel momento. Li trovava perfetti per quel periodo della sua vita.
"Harry, dimmi solo perché..." accompagno le parole con una carezza sulla guancia.
"Mà, che vuoi sentirti dire? Così facciamo prima."
Jody lo guardò triste.
"Voglio sentirmi dire solo la verità."
Harry rimase sorpreso dal tono mogio della madre.
Lei lo abbracciò senza aspettare una risposta, e mentre gli accarezzava i capelli parlò.
"Ti vedo sempre triste, e vorrei aiutarti. Sono tua madre, e so che negli ultimi anni non sono stata molto presente, ma vorrei che sapessi che ci sarò sempre per il mio bambino."
E Harry finalmente ricambiò l'abbraccio, perché era esattamente quello di cui aveva bisogno.
"Oggi pranzo con voi, io, tu e papà. Va bene?"
Il sorriso della madre lo ripagò per lo sforzo che si stava costringendo a fare.
Mentre si avviava al porto pensò ai suoi genitori. Quando Chris era ancora vivo erano davvero come le famiglie nelle pubblicità della Mulino Bianco. Il padre aveva insegnato ai figli a giocare e ad amare il basket, non passava un fine settimana senza aver almeno fatto due partite insieme, e spesso coinvolgevano la povera donna della madre che non era molto ferrata con quello sport. Erano sempre partite figli contro genitori, e per la gioia della madre, le lasciavano fare qualche canestro. La madre preparava sempre i biscotti fatti in casa, e qualche volta, li costringeva ad aiutarla, e dopo false proteste, si ritrovavano tutti sporchi di zucchero e cioccolato. Erano uniti. Ma le pubblicità della Mulino Bianco non mostrano quello che succede alle famiglie appena le telecamere non gli girano intorno. Loro erano semplicemente crollati dopo la morte di Chris. Il loro equilibrio di famiglia perfetta era andato a mancare, e ora erano solo le ceneri di quello che erano un tempo.
Decise di fare un breve giro in barca, e mentre il sole gli scottava le braccia e il vento gli scompigliava i capelli folti, sorrise. Sorrise al ricordo della depressione che aveva colpito la madre dopo la perdita del figlio, dell'unica soluzione che trovò il padre per superare il lutto: buttarsi nel lavoro. Sorrise perché quella barca l'aveva un po' distratto, perché aveva trovato Gwen e il basket pronti a salvarlo dal baratro in cui si stava lanciando a capofitto. Ma soprattutto, sorrise perché ne erano usciti. La madre aveva superato il periodo buio, il padre aveva iniziato a tornare a casa per cena e a non lavorare di domenica, e lui aveva iniziato ad ignorare del tutto il dolore pur di non affrontarlo. Ce l'avevano fatta, ma qualcosa era cambiato. In un certo senso aveva perso un pezzo dei suoi genitori insieme a Chris. Aveva perso la sua bella famiglia del Mulino Bianco. Ma continuò a sorridere, perché quel giorno avrebbe pranzato con loro, e anche se avessero finto di essere una famigliola perfetta, non gli importava più di tanto, era sempre stato bravo a fingere, e quel giorno l'avrebbe fatto per una giusta causa.

"Come mai Luke è rimasto così poco?"
"Sai com'è il signor Taylor, ama averlo intorno durante l'estate"
"Si, hai ragione. Ma sai com'è, siete sempre impegnati, agosto è l'unico mese in cui possiamo sequestrarvi."
Anche la madre sorrise raggiante a quelle parole.
"Harry, sono contento che ti sei unito a noi oggi. Tra qualche giorno io e tua madre torniamo a casa, vieni con noi?"
Harry fece una piccola smorfia al pensiero di dover lasciare quella bolla che si era creato.
"Si, torno anch'io. Devo sistemare alcune cose per l'università, ad ottobre ricominciano i corsi."
I genitori annuirono, fieri della responsabilità del figlio.


"Coliiiiin"
Sotterrò la faccia nel cuscino, ma l'uragano che investì il suo letto, facendolo cadere col sedere a terra, gli fece capire che Carol pretendeva la sua attenzione.
"Carol, ma ti sembra il modo?!"
"Ti sto chiamando da un'ora, non ti alzavi più."
Colin si rialzò avviandosi al bagno.
"Sono in vacanza e tra qualche giorno devo ritornare al campus, scusami se voglio dormire tutto il giorno!"
Daphne proprio in quel momento entrò in bagno chiudendo a chiave.
Bene, era stato sbattuto fuori dal suo letto e non poteva manco pisciare. Ed erano le dieci del mattino. Le dieci!
"Comunque ti ho svegliato per una ragione"
"Ovviamente" e alzò gli occhi al cielo ritornando seduto sul letto.
"Alzati da lì, altrimenti ti riaddormenti!"
Le riservò uno sguardo torvo.
"Stà sicura che con la tua voce nelle orecchie non riuscirei a dormire neanche se prendessi dei sonniferi."
Carol non si lasciò scalfire dall'acidità mattutina del fratello.
"Devi accompagnarci al supermercato, dobbiamo preparare una torta."
Il fratello maggiore sbuffò, sapendo di non riuscire a dire no a una delle sue sorelle.
"Va bene, mi vesto e andiamo."
Carol saltò tutta felice, e raccomandandosi che facesse velocemente, andò ad avvertire Stephanie che presto sarebbero uscite.
Daphne uscì dal bagno, e vedendo il fratello indaffarato a scegliere una t-shirt si fermò sull'uscio della porta.
"Deduco che ci accompagnerai al supermercato."
Colin si voltò a guardarla, e sorrise nel vedere il bellissimo biondo dei capelli che gli era mancato qualche mese prima.
"Non ghignare, sapete sempre come convincermi!"
Daphne si avvicinò e gli scoccò un bacio sulla guancia.
"Mi chiedo solo perché è venuta Carol a chiederlo, di solito mandano te a fare il lavoro sporco."
Mentre parlavano, lui cercava i vecchi jeans.
"Perché ci siamo rese conto che cedi con tutte. Le donne saranno la tua rovina!"
Colin si bloccò, pensando che la sua rovina erano invece occhi chiari e pettorali fin troppo scolpiti, prima di rilassarsi e sorridere.
"Voi siete la mia rovina!"
Daphne lo guardò per un po', come se non fosse sicura della risposta del fratello, pur capendo la sua ironia.
Colin stava per esultare per aver trovato i suoi jeans, e con la maglietta, che aveva scelto prima, si avvicinò al bagno.
"Lo sai che non ti credo, vero?"
Colin rise, rispondendo con un semplice: "Ovvio che lo so."
Si fermò vicino la porta, per chiedere un'ultima cosa:" Per chi è la torta?"
Daphne fece finta di non sentirlo, correndo giù per le scale.
Chiusosi in bagno pensò al fatto che probabilmente le sue sorelle, essendo delle adolescenti, avessero dei piccoli segreti. Ne era un po' geloso, aveva sempre saputo tutto di loro, anche quando avessero il ciclo, e ora, anche se era una stupida torta per chissà chi, beh, voleva saperlo.
Uscì dal bagno e si parò di fronte alle sorelle, tutte bionde e bellissime ai suoi occhi, i loro stessi occhi.
Doveva ancora uccidere Jason per aver colorato delle ciocche di Carol di rosso.
"Per chi è la torta?" disse con un tono un po' minaccioso, forse.
Carol sbuffò.
"Per te."
Le sorelle scoppiarono a ridere.
"La verità, grazie."
Carol fulminò Daphne con lo sguardo accusatorio, e lei gli rispose con una scrollata di spalle.
"E' per la sua cotta."
Stephanie continuò rivolgendosi alla sorella: "Questo è per la cena in cui hai detto che Tyler era il mio fidanzato"
Carol la guardò sbigottita.
"Ma l'avrebbe scoperto lo stesso, ho solo accelerato i tempi."
Stephanie sorrise.
"Anche questo lo verrà a sapere, stanne sicura. Ho solo accelerato i tempi."
E le fece una linguaccia mentre apriva la porta di casa.
Colin lasciò uscire Daphne e poi fermò Carol.
"Oh no, Colin no, non ne voglio parlare, non con te!"
"Mi chiedevo solo chi possa essere questo fantomatico ragazzo, sai, per piacere a te. Devo aspettarmi un principe?"
Lei scoppiò a ridere pensando al ragazzo che le piaceva, che tutto era, tranne che un principe.
"E' un tipo a posto. Ti piace... cioè ti piacerà, se mai succedesse qualcosa."
Poi lo guardò scocciata.
"Ora basta, andiamo. Non ho bisogno di nessun discorso, quello che hai fatto a Steph è bastato per tutte, tranquillo."
Le scompigliò i capelli, non poteva pretendere di più dalla piccola vipera che era la sua sorellina.
Ma lei inaspettatamente continuò, incamminandosi verso l'auto.
"Tanto non succederà nulla tra di noi, lui non mi vede nemmeno. Comunque preparo la torta in questi giorni, per assaggiarla, se viene bene poi la faccio a lui. Sappi che sarai una delle mie cavie."
Colin rise.
"Bene, rischio anche l'avvelenamento per questo principino!" e mettendo il braccio intorno le spalle della sorellina continuò:" E poi se non ti vedo, è un principino stupido e cieco" e facendogli un occhiolino salirono in auto.

Quel giorno a pranzo la madre aveva invitato Rachel, la sua amica di infanzia, ad unirsi a loro.
Per l'occasione avevano preparato insieme il piatto preferito della ragazza, maccheroni zucchine e gamberetti.
Fu molto felice di poter passare del tempo con lei, mettendo bene in chiaro di avere una fidanzata, e Rachel non sembrò affatto sorpresa, anzi, scherzando disse:" Arrivo sempre nei momenti sbagliati, magari un giorno sarà la volta buona!"
Colin rispose con una risata, sperando sul serio che scherzasse.
Era il giorno della partenza, e Jason era andato a prenderlo approfittandone per passare una giornata con le sorelle Evans. Colin sapeva benissimo che il suo amico volesse più bene le sorelle che lui.
Quel giorno c'era anche Rachel a casa, e presentarla a Jason fu un brutto affare.
Subito andarono d'accordo, beh tutti adoravano Jason anche se era la persona più strana del mondo, e la stava per convincere a colorarsi i capelli. Ancora non la capiva sta fissa per i capelli colorati.
L'amico ripeté più volte a Colin di essere troppo fortunato ad aver avuto la prima volta con un 'bocconcino' simile. E Colin dovette sorvolare su quell'orribile appellativo.
Carol preparò la torta sacher, che Colin già aveva assaggiato pochi giorni prima, e diede una prima grande fetta a Jason, che fiondò il viso nella sua porzione. Le sorelle scoppiarono a ridere, Jason sembrava proprio un bambino, e si giustificò dicendo che le torte al cioccolato lo facevano impazzire. E Carol, arrossendo leggermente rispose con un debole: "Lo so."
Daphne e Stephanie guardarono la scena divertite e allo stesso tempo un po' preoccupate.
Colin, invece, si accigliò non capendo molto bene il comportamento delle gemelle, ma ci pensò Daphne a distrarlo, invitandolo a seguirlo nella sua camera. Era l'ora del regalo.

Daphne aveva tra le mani un album da disegno di un tenue verde bottiglia. Lui si appoggiò al letto, battendo i palmi sulle sue stesse gambe. Aveva sedici anni suonati, quasi diciassette, ma durante quei momenti diventava la sua piccola sorellina di sette anni, e lui amava poterla cullare e proteggere.
Lei aprì l'album mostrandogli i primi disegni. Alcuni ritraevano loro quattro che dormivano nei letti attaccati, e lui la strinse più forte. Con quel disegno le stava solo dimostrando di aver custodito nell'album solo i momenti più belli, tenendo per lei i disegni che ritraevano il fratello triste, e quell'estate ne aveva fatti davvero troppi.
Molti altri disegni ritraevano tutta la famiglia con Rob sul prato a guardare le stelle, in uno o due c'era anche Jason, e poi nell'ultimo c'erano lui e Harry. Daphne percepì l'irrigidirsi di Colin, e scosse la testa rassegnata ad una verità che forse conosceva solo lei. Lo guardò negli occhi e gli spiegò che ne aveva fatti vari dopo che erano stati da loro, e aveva poi fatto questo perché gli sembravano amici stretti, e dopo quelle parole aspettò, in attesa di una qualche spiegazione che non sarebbe arrivata. Colin sorrise tristemente ringraziandola. Daphne, però, strappò l'ultimo disegno, lo piegò e lo posò nel primo cassetto della sua scrivania.
Si girò verso il fratello e sorrise.
"Terremo noi il disegno, quando vorrai, saprai dove trovarlo."
E Colin non poté che alzarsi e stringersela al petto. Non era sicuro di cosa le sorelle avessero capito, ma non gli importava, erano state capaci di riempirlo d'affetto senza pretendere alcuna spiegazione, e questo gli bastava.

Quando tornarono dagli altri evitò di studiare le occhiate che si scambiarono le sorelle, e salutò Rachel e il resto della sua famiglia.
Aveva il suo album con un pezzo mancante, ma aveva ancora il sorriso dolce delle sorelle e i loro profumi appiccicati alla pelle, la guancia ancora arrossata per i baci della madre e la spalla dolorante per le pacche affettuose di Rob. Con tutto quello era pronto a tornare al campus, era pronto per affrontare il suo inferno personale.

Era appena entrato nel suo appartamento, era un mese e mezzo, se non di più, che non ci metteva piede, eppure riusciva ancora a sentire la presenza di Colin in ogni angolo.
Lasciò la valigia in camera e accese la tv ad un volume altissimo pur di non sentire i suoi stessi pensieri.
Dopo quel litigio, dopo tutto il dolore di quella sera, quando Colin la mattina dopo aveva preso il treno che lo portava così lontano da lui, aveva fatto le valigie ed era andato da Charlotte e Gwen, sperando di riprendersi un pezzo di quella vita che non ricordava più come si vivesse senza il biondino.
Ora invece era tornato, ed era più forte. Aveva affrontato di peggio, poteva farcela.
Si era quasi stancato di ripeterselo.
Iniziò ad aprire tutte le finestre e lavò le lenzuola tre volte.
Facendo queste assurde faccende, trovò il disegno della sorella di Colin, e decise di non guardarlo nemmeno, vedersi sorridente accanto alla persona che considerava il suo uomo gli avrebbe fatto troppo male, quindi lo mise in quella scatola che custodiva ancora i cocci del suo amore finito, e con gli occhi velati di lacrime ci aggiunse anche la maglietta di Colin. Quella, però, non la lavò, voleva che portasse con sé ancora quel dolce profumo di Colin che nel tempo si era mischiato al suo, ma evitò di annusarla. Non poteva farsi questo.
Poteva farcela.
Continuò a ripeterselo nella sua testa.


Jason l'aveva trascinato nel solito pub fuori dal campus, dicendogli che non potevano assolutamente perdersi la serata karaoke, visto che potevano mettersi in imbarazzo ancora per pochi giorni, poi sarebbero arrivati tutti, e dovevano riprendere la parte del capitano e del suo perfetto amico. Colin avrebbe contestato quel 'perfetto', ma aveva cose più importante di cui contestare. Infatti avrebbe preferito di gran lunga fare dieci giri dell'intero campus senza scarpe pur di evitare quella serata, ma l'amico era stato irremovibile al riguardo.
Erano tornati all''università solo il giorno prima e davvero avrebbe voluto solo riposarsi e preparare un piano per evitare di vedere Montgomery. Si, anche nei suoi pensieri lo chiamava così. Credeva che iniziando ad ottenere le distanze nella sua mente sarebbe stato più facile anche da vicino.
Si sbagliava, oh quanto si sbagliava.
E lo capì quando seduto ad un tavolo ascoltando una ragazza che dedicava "All of me" di John Legend al fidanzato quasi in lacrime per la commozione- oddio dov'era finita la dignità di quell'uomo? – vide la porta aprirsi e una chioma scura e fluente incorniciare il viso un po' trascurato dell'uomo che cercava di allontanare dal suo cuore.
Harry, ancora non notandolo, rideva di gusto con Luke, che si guardava intorno.
Quando gli occhi ghiaccio incontrarono quelli smeraldo il tempo si fermò, come il cuore di entrambi, non pronti ancora a quell'incontro. Colin dovette distogliere lo sguardo per non scoppiare in un pianto isterico –oddio, dov'era finita la sua dignità? -.
Jason e Luke si scambiarono uno sguardo d'intesa, prima che quest'ultimo si avvicinasse al tavolo. Harry non ci pensò nemmeno, salutò da lontano, con un cenno del capo, Jason, e poi andò al bancone, deciso a berci su.
La barista gli sorrise e subito gli servì da bere. Doveva essere nuova, non l'aveva mai vista lì prima dell'estate.
Scambiarono poche parole commentando la voce della ragazza che cantava con sentimento, o scommettendo su chi sarebbe salito sul palco subito dopo.
Quando la ragazza finì, Harry tutti si aspettava tranne di vedere Colin avvicinarsi al microfono.
Quando partì la base di Breakeven dei The Script e Colin iniziò a cantare fissandolo negli occhi, non sapeva se essere furioso o perdersi in quelle note.

I'm still alive but I'm barely breathing, just prayed to a god that I don't believe in, cos I got time while she got freedom. Cos when a heart breaks no it don't break even (Sono ancora vivo ma respiro a malapena, pregando un Dio in cui non credo, perché io ho ottenuto del tempo e lei la libertà. Perché quando un cuore si spezza non si soffre mai tutte e due allo stesso modo).
Her best days will be some of my worst. She finally met a man that's gonna put her 1st. While I'm wide awake she's no trouble sleeping (I suoi giorni migliori saranno alcuni tra i miei giorni peggiori. Ha incontrato un uomo che la metterà finalmente al primo posto. Lei non ha problemi a dormire, mentre io sono perfettamente sveglio).
Era arrabbiato, Harry aveva avuto il coraggio di provarci con la barista avanti ai suoi occhi. Ridendo con quella sconosciuta gli voleva dimostrare di aver superato la loro storia? Forse proprio Gwen e Charlotte, il suo segreto, quello che non voleva condividere, l'aveva aiutato. E cantò più forte il suo dolore, perché lui doveva saperlo come l'aveva lasciato affogare nel suo dolore.
What am I supposed to do when the best part of me was always you and what am I supposed to say when I'm all choked up and your ok. I'm falling to pieces. They say bad things happen for a reason, but no wise words gonna stop the bleeding. (Cosa dovrei fare, se la parte migliore che avevo eri sempre stata tu? Che cosa dovrei dire quando io sono sconvolto e tu stai bene? Sto cadendo in pezzi. Dicono che le cose brutte accadono per un motivo, ma non c'è parola saggia che faccia smettere di sanguinare).
E faceva male stonarle quelle parole, perché erano così vere da farlo davvero cedere, ancora, ancora e ancora.
You took your suitcase, I took the blame. Now I'm try'na make sense of what little remains. (Tu hai preso la valigia, e io la colpa. E ora sto cercando di dare un senso a quel poco che rimane).

Harry non ci vide più. Davvero Colin pensava che lui non stesse soffrendo quanto lui? Davvero gli stava rinfacciando il suo dolore facendo la vittima? Prendendosi la colpa che gli aveva dato e usarla contro di lui? Come cazzo faceva a pensare davvero di essere l'unico a cadere in pezzi? Davvero amava quell'uomo che gli stava cantando quel dolore credendo di non essere compreso?
Si mosse senza neanche accorgersene.
Si ritrovò sul palco, mentre Colin continuava a cantare, ma gli ultimi versi della canzone furono interrotti dal pugno che gli arrivò dritto sul naso.
La guerra era iniziata prima del previsto.



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