Capitolo 36

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Harry si svegliò grazie alla solita telefonata da parte di Gwen, ma spense velocemente la chiamata perché subito notò una cosa insolita nella sua stanza, più precisamente nel suo letto: Colin non c'era.
Prima di farsi prendere dal panico girò per tutta la casa, controllando stupidamente anche negli armadi e sotto il letto. Tanto per essere sicuri!
Se fosse stato un giorno qualunque, Harry non si sarebbe incazzato tanto come stava facendo in quel momento. Ma quella mattina era il primo giorno della fine della sospensione ed erano giorni che fantasticavano sulla loro epica entrata all'università mano nella mano.
Dovevano andarci insieme, ma Colin se n'era andato.
Senza rendersene conto si ritrovò a comporre il numero di telefono del biondino, pronto a dirgliene quattro, ma quando quest'ultimo non rispose fu tentato di defenestrare il cellulare.
Non poteva neanche mancare visto che avevano una partita e il coach gli aveva promesso di farlo giocare, giusto per ridargli il bentornato alle lezioni.
Non gli rimase altro che vestirsi velocemente e correre in palestra.
Come d'abitudine, cominciò ad allenarsi da solo due ore prima dell'inizio della partita.
Di solito lo faceva per riscaldarsi, scacciare l'ansia e sentirsi al massimo, ma quella mattina invece lo stava facendo per evitare di commettere un omicidio.
Il problema degli omicidi, oltre al fatto di poter essere scoperti e finire in prigione, era che necessitavano di un corpo morto, ma Harry non riusciva a trovare neanche il corpicino vivo della persona che voleva uccidere con le sue mani.
Precisamente non trovava Colin.
L'aveva cercato nelle aule, ma né lui né il suo ridicolo amico Jason si erano fatti vedere.
Era incazzato, perché davvero ci teneva a far capire all'intera università della loro relazione.
A quanto pare per l'altro non era così importante.

La partita era iniziata da trenta minuti ed erano in vantaggio.
Il capitano stava sfogando tutta la sua frustrazione sulla palla e sugli avversari, quando le porte della palestra si spalancarono ed entrarono fieramente tutti i giocatori della squadra di calcio, preceduti da Colin Evans.
Harry si fermò di colpo con la palla tra le mani, incredulo.
Che diavolo stava succedendo?
Luke gli si avvicinò per richiamarlo alla realtà, capendo benissimo lo scetticismo dell'amico, e soffocando una risata.
"Giuro che se questo è un altro dei loro scherzi idioti, amore o non amore, lo ammazzo davvero con le mie mani!" sbraitò Harry.
Luke non riuscì a trattenere le risate dopo l'affermazione del suo capitano.
Gli posò una mano sulla spalla e nell'orecchio gli sussurrò "Dagli un po' di fiducia."
Harry non capì cosa intendesse l'amico, ma le urla del suo coach gli fecero capire che non c'era tempo per le sue perplessità, doveva giocare e vincere una partita.
Luke tirò la palla che finì dritta nel canestro, seguita dal fischio di fine partita.
Alzò le mani al cielo e si girò per dedicare il punto alla ragazza bionda e scocciata seduta sugli spalti.
Cher lo guardò con sfida e gli mostrò il dito medio smaltato di rosso con un sorriso tiratissimo.
Luke rise e le mandò un bacio volante in risposta.
Cher era alla partita per guardarlo giocare. Non gli parlava e lo evitava, ma era lì. Doveva pur significare qualcosa, no?! A parte il suo essere una pazza bipolare, doveva per forza significare qualcosa!
Ma poiché era intenzionato a dimenticarla, più o meno visto che continuava a stuzzicarla, si lanciò tra le braccia di Madison, la matricola che si era portato a casa qualche sera prima.
Bassina e con corti capelli neri, era riuscita a distrarlo per una notte intera, quindi era perfetta per il suo scopo.
Si lasciò coccolare anche dai suoi amici e notò lo sguardo perso di Harry, ancora terrorizzato e parecchio incazzato dalla presenza dei calciatori e dai loro oscuri progetti.
Sorrise dolcemente della paura dell'amico, preparandosi alla cosa più imbarazzante dell'ultimo secolo.

Harry fissava Colin sugli spalti mentre tutti acclamavano la sua squadra. Non riusciva proprio a capire cosa diavolo avessero in mente quegli idioti.
Indietreggiò lentamente quando vide tutta la squadra alzarsi e scendere verso di loro.
Aveva leggermente paura e non se ne vergognava.
All'improvviso la palestra venne zittita dalla voce di Danny O'Donoghue, cantante dei The script, e dalle note di 'Army of angels'.

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