Capitolo 28

2.9K 127 4
                                    

Che diavolo era appena successo?
Colin se lo stava chiedendo da cinque minuti buoni.
Era successo tutto troppo velocemente.
Il padre, ancora una volta, lo aveva incolpato dell'allontanamento dalla sua famiglia, usando la sorella come mezzo per arrivare a lui, distruggerlo emotivamente, e dimostrargli che loro due erano uguali.
Era davvero figlio dell'uomo capace di pensare a tutto questo e di coinvolgere ancora le sue sorelle?
Harry aveva colpito il padre prima di lui, forse immaginando cosa sarebbe successo se non si fosse fatto avanti per primo.
Harry, come spesso era successo, l'aveva salvato da se stesso. Sapeva benissimo che se avesse picchiato il padre si sarebbe sentito un mostro come lui, pensando che il sangue che gli scorreva nelle vene non potesse mentire su chi fosse davvero. Invece Harry si era esposto, aveva fatto esattamente quello che avrebbe fatto Colin, con l'unica differenza che lui non era suo figlio, e quindi non poteva essere divorato dai sensi di colpa.
Vide Rob che entrava in casa e aiutava Luke e Jason a fermare Harry, mentre la madre restava immobile, proprio come lui, a guardare quella scena, ad osservare l'uomo che più odiavano ridotto in mille pezzi sul pavimento della loro cucina. Sarebbe stata una piccola soddisfazione, se non ci fosse stata la voce distrutta di Daphne a fermare tutto quello.
Era assurdo come le cose sembrassero uguali a quella sera di molti anni prima.
Solo che quella volta erano lui e la mamma quelli a terra che venivano picchiati, e Daphne non aveva supplicato nessuno di fermarsi, ma aveva solo chiesto con innocenza cosa stesse succedendo.
In quel momento invece, lì in piedi con le guance piene di lacrime, c'era una donna che pregava per il proprio padre.
Daphne non vedeva il mostro che era quell'uomo, si era lasciata incantare da quella piccola recita, troppo buona o troppo desiderosa di avere finalmente un uomo da chiamare padre nella proprio vita.
Su quel pavimento ricoperto di sangue lei vedeva soltanto il suo papà finalmente ritrovato.
Rob alzò per il colletto l'uomo sul pavimento e lo scaraventò fuori, sordo alle suppliche di Daphne che gli chiedeva di fermarsi, o almeno di lasciarlo curare.
Rob non si sarebbe mai fidato di quell'uomo, proprio come la madre, per questo non avevano neanche chiesto cosa fosse successo, lo immaginavano fin troppo bene.
La madre guardò dritta negli occhi della figlia e disse poche parole: "Quell'uomo ha riportato la violenza nella nostra casa. Non posso impedirti di vedere tuo padre, ma tienilo lontano da qui." Poi alzando un po' la voce aggiunse. "Sono stata chiara?"
Daphne la guardò sconvolta.
"E' stato Harry a picchiarlo, lui non si è nemmeno difeso! Colin non ha alzato un dito per fermare il suo amico e tu te la prendi con papà perché non vuoi credere che sia cambiato." Aveva la voce rotta dal pianto ma la madre non si fece convincere.
"Ti sei chiesta perché Harry l'ha colpito? Non è impazzito" disse Colin con un filo di voce.
Daphne lo incenerì con lo sguardo.
"Basta Daphne, questa storia sta durando troppo. Vai in camera tua."
La ragazza si sentì oltraggiata da tutta la situazione e corse in camera sua, scavalcando le sorelle sedute in silenzio sui gradini delle scale.
Hannah chiuse gli occhi, come se volesse dimenticare anche solo per un attimo il passato che le era ripiombato addosso vedendo quella scena, e poi li riaprì, più sicura di prima, consapevole di poter fare qualcosa, di poter davvero cambiare il futuro non solo suo, ma anche quello dei suoi figli. Tutti quei sacrifici non sarebbero volati via, non l'avrebbe permesso.
In quella casa, nella sua casa, il passato sarebbe rimasto tale.
Si avvicinò velocemente ad Harry per controllare le sue ferite, mentre lui continuava a guardarsi le mani sanguinanti.
Cosa aveva fatto? Aveva colpito un uomo, si era accanito contro di lui, punendolo per le sue colpe.
Non era compito suo, eppure l'avrebbe rifatto altre trecento volte. Solo per Colin.
Si girò piano e lo fissò. Si guardavano, ma in realtà non si vedevano. Quella situazione andava ben oltre la loro portata. Nei loro occhi si poteva benissimo leggere la paura. La paura di non riuscire a superare tutto quello.
Riportò gli occhi sulle sue mani, su quel sangue che gli sporcava le dita, e riuscì solo a pensare che per Colin avrebbe fatto di tutto, pur sapendo che non avrebbe ricevuto più nulla in cambio.
"Come stai?" chiese gentilmente.
Harry sobbalzò alle parole della donna.
"B...Bene, credo."
Hannah gli sorrise tristemente, e guardando tutti i presenti fece un piccolo cenno.
"Jason e Luke, per favore, potete salire sopra dalle gemelle, mentre noi parliamo di quello che è successo?"
Entrambi annuirono e salirono lentamente al piano di sopra, ancora increduli per quello che avevano appena visto.
Rob prese del ghiaccio e un panno bagnato per pulire il sangue, ma Colin gli rubò velocemente tutto e iniziò a curare le ferite di Harry.
Rob, allora, afferrò un altro panno e iniziò a pulire il pavimento da quelle piccole macchioline rosse, non chiedendosi di chi dei due fosse il sangue.
Hannah, a quel punto, scoppiò in un pianto silenzioso. Nella sua casa era tornata la violenza e lei non avrebbe retto di nuovo, voleva solo due secondi per sentirsi fragile e poi tornare ad essere la mamma forte che si era convinta di essere pochi minuti prima.
Tutti e tre si fermarono all'improvviso e quando sia Colin che Rob provarono ad avvicinarsi lei li fermò.
"No..." si asciugò lentamente le lacrime. "Ditemi solo quello che è successo."
"Han non credi che sia meglio calmarci un attimo e..." provò Rob.
"No, voglio saperlo ora! Ho appena alzato la voce contro una delle mie figlie e vorrei tanto aver avuto ragione sul credere alla vostra assoluta innocenza, quindi parlate."
Harry stava per aprire bocca per scusarsi, non per aver picchiato quell'uomo, ma per averlo fatto sotto il suo tetto, mentre lei era spettatrice. Quella donna non meritava quella scena.
"Papà, beh se posso ancora chiamarlo così, mi ha insultato e..." Colin lo anticipò, ma non riusciva ancora a credere a quello che aveva appreso poco prima, gli faceva male dover dire quelle parole.
Harry gli strinse la mano, incurante dei piccoli tagli che gli bruciavano, e soprattutto degli sguardi di Rob e Hannah.
Era lì per Colin, e lì sarebbe rimasto fin quando necessario.
"...e mi incolpa ancora per tutto. Mamma" alzò gli occhi su di lei e si perse in quegli occhi lucidi come i suoi. "Mamma, lui mi odia."
La madre corse ad abbracciarlo e Harry lasciò lentamente la mano di Colin, sorridendo perché, ne era sicuro, lui non l'avrebbe mai lasciata.
Ormai era la sua ancora. Gli piaceva troppo essere quello per il ragazzo, ma era terrorizzato dall'idea di essere solo quello e nient'altro.


Al piano di sopra Luke, Jason, Carol e Stephanie erano in camera di Colin dal momento che Daphne si era chiusa nella sua stanza e non faceva entrare nessuno.
Luke era seduto sulla sedia accanto alla scrivania, mentre le gemelle erano sdraiate sul letto e Jason era a terra sul tappeto.
Nessuno aveva il coraggio di spezzare quel silenzio innaturale. Luke aveva troppa poca confidenza anche solo per poterle consolare, mentre Jason non sapeva proprio come comportarsi in una situazione simile, soprattutto con Carol.
"Non capisco perché Daph se la sia presa tanto, sapevamo sarebbe finita così!" tuonò Carol.
"Perché lei crede davvero che sia cambiato." Steph sbuffò. "E poi pensavamo l'avrebbe colpito Colin non Harry."
Carol rise.
"Già, avrei voluto vedere la scena dall'inizio."
Jason tossì per attirare l'attenzione, non gli piaceva che Carol scherzasse su un argomento del genere.
"Perché avete accettato il passaggio?"
"L'alternativa era tornare a piedi" alzò le spalle Carol.
"Non avremmo lasciato Daphne da sola con lui." Disse seriamente Stephanie.
"Lei si vede da mesi con vostro padre e ora vi preoccupate se sta da sola con lui?" chiese Luke con tono quasi accusatorio.
Carol lo guardò alzando le sopracciglia, pronta a dare qualche risposta acida, ma Steph fu più veloce.
"Diciamo che ci sentiamo in colpa per non esserle state accanto." Ci penso un po' prima di trovare le parole giuste per continuare. "Noi non eravamo d'accordo fin dall'inizio, ma lei si è fidata di noi raccontandoci tutto, e noi non avremmo mai osato tradirla, ma lo stesso non le siamo state davvero vicine. Era tornato papà e lei... beh"
"Lei si è ritrovata solo lui." Finì Carol con una smorfia.
Jason annuì piano, mentre Luke aveva ancora troppe domande per la testa.
"Ma perché vostro padre è ostile verso Colin?" alla fine chiese.
"Perché Colin è tutto quello che papà non è riuscito ad essere per noi."
E, in quel momento, Jason vide che bellissima donna fosse Carol.
Luke sorrise, quell'Evans che tanto aveva giudicato si stava scoprendo un bel tipetto. Ora capiva perché Harry se ne fosse innamorato così profondamente.
"Perché Harry l'ha colpito?" chiese Stephanie.
Luke e Jason si guardarono e tacitamente decisero di non essere le persone adatte a dire la verità alle ragazze.
"Ve lo spiegherà Colin." Tagliò corto Jason.
Carol lo guardò, e quando Jason ricambiò lo sguardo lei arrossì timidamente. Trovava bellissimo vedere quella donna così forte e sarcastica diventare una semplice ragazzina di sedici anni davanti a lui.
Lei, sentendosi il viso andare in fiamme, si alzò e si diresse verso il bagno, decisa a fuggire per un po' dallo sguardo del ragazzo.
Luke allungò un piede verso di lui e gli diede un calcio incitandolo a seguire Carol, mentre Steph soffocava una risata facendo finta di non aver visto nulla.
Jason si alzò e raggiunse la ragazza, trovandola in bagno a guardarsi allo specchio.
"Ehi."
"Ehi."
Il silenzio imbarazzante stava facendo arrossire addirittura Jason.
"Come stai?" chiese pur di dire qualcosa.
Lei alzò le spalle, appoggiandosi con il bacino al lavandino.
"Sinceramente non lo so."
Jason chiuse la porta del bagno e si sedette sulla tavoletta abbassata.
"Senti Carol, lo so che state passando un casino ma davvero volevo parlare di ieri e..."
Lei arrossì e subito disse:"Mi dispiace."
Poi prese un lungo respiro.
"No, non mi scuso. Voglio dire, mi scuso per la situazione, non per il bacio."
Jason sorrise. Sempre la solita Carol.
Provò a dire qualcosa, senza alzarsi, vedendola troneggiare su di sé.
"No, ora mi dirai che sono la sorellina di Colin, che non mi vedi in quel modo, o peggio, che mi vedi come una sorella."
Rise spostandosi con una mano i capelli dal viso.
"Ma sai che ti dico? Volevo baciarti, volevo togliermi questo sfizio, e mi scuso per averlo ottenuto a tradimento, ma..."
Jason rise forte, facendola fermare.
Le prese una mano e la trascinò in ginocchio in modo da averla al suo stesso livello.
"Carol, io volevo solo dirti che non me l'aspettavo. È vero, non ti ho mai vista in quel modo perché non mi ero reso conto della bellissima donna che sei diventata. Sono il migliore amico di Colin, ma ho parlato anche con lui, ed è tutto a posto, ma io penso davvero che tu debba pensarci. Ora è tutto un casino nella tua famiglia e lo capisco, e se vuoi una persona più grande accanto per dei consigli io sono qui, ma non vorrei scambiassi questo bisogno per piacere. Non so se mi sono spiegato..."
Carol prima lo guardò sconcertata e poi si lasciò andare ad una sonora risata.
"Jason mi piaci da quasi un anno, forse tutto questo casino mi ha fatto essere sconsiderata, ma io quel bacio lo volevo, e l'avrei ottenuto anche se non fosse tornato mio padre."
"Ti piaccio da un anno?" chiese sorpreso.
Carol arrossì, aveva parlato troppo. Odiava sembrare un peperone davanti a lui, soprattutto perché voleva che lui capisse che era una donna e non una sciacquetta da quattro soldi che si comprava con due paroline dolci. Provò a nascondere il viso dietro i capelli ma Jason glieli spostò delicatamente dietro le orecchie.
Se avesse visto una scena simile in un film avrebbe riso per il noioso cliché, ma in quel momento, era stato Jason a sistemarle i capelli, ad accarezzarle involontariamente l'orecchio con le dita, e per quei due occhi castani lei avrebbe amato per sempre quel gesto stupido e romantico.
"Colin mi ha detto che ti piacevo da un po', ma non pensavo così tanto, e non me ne sono mai accorto."
"Perché sei cieco! Ti ho addirittura preparato la torta al cioccolato!" cercò di scherzare per riprendere il controllo.
Entrambi risero.
"Scusa allora se sono stato così cieco."
E dicendolo le si avvicinò, le accarezzò una guancia e fece toccare le loro labbra.
Questa volta chiuse gli occhi e si godette il sapore dolce di quella bocca piccola e morbida.
Carol si appoggiò con le mani sulle ginocchia del ragazzo per tenersi in equilibrio, lasciando che lui la accarezzasse.
Sentiva le mani di Jason sulle sue guance e tra i suoi capelli, e soprattutto avvertiva le loro lingue scontrarsi e giocare insieme.
Stava baciando il ragazzo per il quale aveva una cotta al limite dell'imbarazzante da tanto tempo, e non le sembrava vero che lui fosse lì a baciarla.
Si staccarono lentamente e Jason le sorrise.
"Il nostro primo vero bacio in un cesso, che cosa romantica."
Jason scoppiò a ridere, amava il modo sfrontato di Carol nel dire tutto ciò che pensava.
In quel momento la porta si spalancò ed entrò Stephanie che chiese di lasciarle il bagno.
Dietro di lei c'era Luke piegato in due dalle risate nel vedere Carol in ginocchio, pensando a tutte le battute volgari che poteva fare, ma evitò per rispetto delle ragazze.


Hannah e Rob stavano finendo di preparare il pranzo, visto che ancora nessuno aveva mangiato, mentre Harry e Colin si erano spostati sul divano in salotto.
Colin stava ancora medicando Harry quando gli fece la domanda che gli frullava in testa:"Perché l'hai fatto?"
"Lo sai perché, è inutile chiedere."
"No" rispose Colin, lanciando il ghiaccio sul suo grembo. "Perché continui a fare tutto per me? Hai colpito mio padre, Harry! Non è come quando mi lasci il letto o mi dai un passaggio in macchina!"
Harry lasciò perdere il ghiaccio e strinse forte i pugni, facendo riaprire qualche piccola ferita.
"Secondo te, perché? Allora Colin, perché?"
Era strano discutere a bassa voce per non essere sentiti da nessuno, per loro due che erano abituati a gridarsi addosso senza il minimo controllo.
Colin scosse la testa e si alzò, iniziando a camminare avanti e dietro.
"Facciamo sempre lo stesso discorso. Tu sai la risposta, ma continui a chiederlo perché speri che la risposta cambi!"
"No!" si fermò Colin. "Forse continuo a chiederlo perché ho paura che la risposta cambi."
Harry sentì il mondo finirgli dritto sulla faccia.
"Che cazzo stai dicendo, Colin? A che cazzo di gioco stai giocando? Prima mi dici di dimenticarti, e poi non vuoi che vada avanti?"
Colin si portò le mani tra i capelli. Avrebbe davvero voluto sapere pure lui che diavolo gli passasse per la testa.
Stava per rispondere, stava per dirgli che non voleva che lui smettesse di amarlo, perché era egoista e lo voleva tutto per sé e che avrebbe superato ogni paura, ma la madre li chiamò per andare a tavola, e tutte quelle parole gli morirono in gola.
Harry lo guardò scuotendo la testa, ormai stava perdendo ogni speranza di capirlo.
Scesero tutti tranne Daphne, come sospettavano.
La madre lasciò tutti a tavola e salì le scale. Quella era sua figlia e dovevano parlarne, dovevano affrontare tutto insieme come una vera famiglia.
Arrivò davanti la porta e bussò.
Dopo aver bussato tre volte si stancò e aprì la porta e ciò che vide, anzi, quello che non vide, la spaventò: Daphne non era in camera.
Controllò il bagno e le altre stanze della casa prima di farsi prendere dal panico.
Sua figlia era scappata di casa.
Corse giù trovando tutti silenziosi intorno alla tavola.
"Daphne..."
"Mamma, che succede?" le si avvicinò velocemente il figlio.
Tutti si alzarono per capire cosa fosse successo.
"Daphne non è da nessuna parte."
Colin si bloccò.
Davvero Daphne era anche scappata? Non la riconosceva proprio più.
"Andiamo a cercarla. Forza, tutti in auto, ragazze voi restate qui nel caso torni." Istruì Rob.
Tutti annuirono tranne Carol che li guardò scocciata.
"Non dovete cercarla perché sappiamo benissimo dov'è. E' andata da papà."
"Hai ragione, qualcuno sa dove abita?" chiese la madre.
Tutti scossero la testa, tranne Carol che diede l'indirizzo.
"E tu come lo sai?" chiese Colin.
Lei alzò le spalle.
"Mi sono informata, immaginavo avrebbe fatto una cosa simile" poi lo guardò andandosi a sedere di nuovo al suo posto. "L'avrei fatto anch'io se fossi sicura della sua innocenza, e l'avresti fatto anche tu, quindi non essere così sorpreso."
Colin non le rispose, perché aveva dannatamente ragione.
Era stato proprio lui ad insegnare alle sorelle a seguire il bene, a fare le cose che pensavano fossero giuste. Solo che ora quello che era giusto per Daphne non era giusto per il resto della famiglia.


Rob, Hannah e Colin andarono a recuperare Daphne.
In auto nessuno fiatò.
La madre continuava a pensare che la figlia non si fidasse di lei se aveva deciso di scappare, Rob avrebbe voluto trovare le parole giuste per consolare la donna che amava e il ragazzo che considerava quasi figlio suo, mentre Colin pregava di riuscire a trattenersi dall'uccidere quella merda del padre.
Arrivarono all'indirizzo che Carol aveva dato loro, e si trovarono davanti ad una piccola villetta con il tetto rosso e un giardino molto grande e curato.
Hannah camminava avanti a Rob e Colin, come per dimostrare che ce l'avrebbe fatta ad affrontare l'ex-marito senza crollare.
Bussarono alla porta e aprì una bellissima donna con un delizioso caschetto nero.
Hannah indietreggiò pronta a scusarsi per aver sbagliato casa, quando la donna forzò un sorriso e disse: "Devi essere la madre di Daphne."
Il gelo calò sui tre fuori dalla porta.
La donna, notando la loro reazione, si spostò dalla porta e fece loro cenno di entrare mentre si presentava:" Sono Amanda, la moglie di Karl."
Moglie.
Colin voleva ridere. Quel pezzo di merda aveva avuto il coraggio di sposare un'altra donna e magari di rovinare la vita anche a lei?
La madre ingoiò a vuoto scrutando la donna, cercando i segni di una violenza che lei stessa aveva subito, ma che non trovò.
Amanda era tranquilla, un po' imbarazzata per la situazione, ma non sembrava spaventata.
"Prego accomodatevi, vi preparo del thè o del caffè?"
Ma stava scherzando?
"Ah... no. Dov'è Daphne?"
Amanda si guardò intorno e indicò le scale.
"È di sopra con Karl. È tornato un'oretta fa un po' ammaccato. Mi ha detto che un amico del figlio l'ha aggredito, spiegandomi bene la situazione, e posso capire perché il ragazzo sia scattato. Mi ha avvertito che sarebbe arrivata Daphne perché era preoccupata. Ma quando lei è venuta qui, mi ha detto che probabilmente sarebbe arrivato qualcuno a cercarla, e mi ha chiesto di mentire raccontandovi che lei non era qui."
"Ma ha appena detto che è di sopra." Disse Colin.
La donna sorrise cordialmente.
"Non avrei mai ingannato sapendo di lasciarvi preoccupati. Daphne è qui e sta bene, sta aiutando il padre a disinfettarsi, è inutile mentire su questo."
Inutile mentire su questo.
Amanda davvero non aveva la minima idea di chi fosse il vero Karl?
Gli faceva strano pensarlo come Karl Sullivan e non come papà.
Non usava quella parola da anni ormai, ma essendosi sempre riferito a lui pensandolo come 'papà', aveva quasi dimenticato che quell'uomo aveva un nome, un'identità e, a quanto pareva, una vita.
Rob tossì per schiarirsi la gola.
"Amanda, tu cosa sai di Karl?"
Lei non sembrò sorpresa dalla domanda, anzi, si accomodò sul divano e li invitò a farle compagnia "Tanto Daphne non scenderà presto", così gli aveva detto.
"Sicuro di non voler niente da bere?" chiese per la centesima volta.
"No" risposero cordialmente, volevano solo prendere Daphne e andarsene a casa, ma allo stesso tempo erano curiosi di sapere quella storia.
"Ho conosciuto Karl due anni fa, all'epoca lavoravamo entrambi in una banca a Bristol e beh, eravamo colleghi e presto siamo diventati qualcosa di più. Meno di un anno fa mi ha chiesto di sposarlo, e abbiamo deciso di tornare qui nella sua città natale perché voleva riallacciare i rapporti con i suoi figli. So che avete avuto un passato difficile e che lui vi ha lasciato, mi ha raccontato tutto, ma è tornato per voi" si rivolse a Colin "ma sta male perché solo Daphne ha voluto rivederlo. Io capisco che avete passato degli anni bruttissimi con un padre violento, ma lui è davvero cambiato, io stessa non lo riconoscevo nelle storie del suo passato. È un uomo nuovo che sta cercando perdono prima della sua dipartita."
Colin voleva vomitare. Karl si era costruito davvero una vita nuova mantenendo la parte dell'uomo nuovo, quando in realtà il suo scopo era mettere tutta la sua famiglia contro il figlio.
Era davvero figlio di un mostro, e questa consapevolezza gli fece inumidire gli occhi di lacrime e girare lo stomaco.
Ora capiva perché Daphne credesse ciecamente al padre, sicuramente aveva amato Amanda, una donna così gentile e carina che garantiva per Karl. Se non fosse successo quel che era successo poco prima a casa sua, e se non provasse tutto quel rancore, forse anche lui avrebbe creduto a tutta quella sceneggiata.
Spaventato all'idea che anche la madre e Rob potessero bersi quella recita, si girò a guardarli ma dall'espressione penosa di Rob e quella nervosa della madre capì che avevano capito benissimo la situazione.
Infondo Hannah Evans era la donna che meglio conosceva Karl Sullivan, e solo con il suo aiuto poteva smascherare quell'uomo, che non avrebbe mai più chiamato papà.
Anche se tutto questo significava distruggere la vita di una donna meravigliosa come Amanda e i sentimenti di Daphne, anche se avesse preferito farsi odiare che spezzarle ancora il cuore rovinandole la bellissima idea che si era creata del padre, ma non sopportava l'idea di Karl accanto a lei.
Lo voleva fuori dalla sua vita, e questa volta per sempre.
Era immerso nelle sue riflessioni quando un grido arrivò dal piano di sopra.
La paura attanagliò le viscere di tutti i presenti quando capirono che quell'urlo disperato proveniva dalla piccola Daphne.




How many secrets can you keep?Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora