Capitolo 21

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Dei colpi fortissimi alla porta la svegliarono, riducendo a brandelli il bellissimo sogno con Ian Somerhalder.
Doveva smetterla di rivedere le puntate di The vampire diaries, decisamente.
Aprì gli occhi intenzionata ad uccidere chiunque avesse osato strapparla dalle braccia del suo bel Ian.
Davanti la porta spalancata vide Julia, la sua compagna di stanza, completamente vestita e pronta ad uscire, che dava il buongiorno a qualcuno.
Appena riconobbe la voce di Luke si sotterrò sotto le coperte, se si fosse alzata l'avrebbe davvero ucciso, e ci teneva a non finire in prigione a vent'anni, quindi meglio stargli alla larga.
Ma, ovviamente, Luke era lì per lei, solo per lei, quindi Julia si liquidò velocemente lasciandolo entrare.
"So che sei sveglia, alzati."
Non solo la svegliava sfondando quasi la sua porta, ma voleva anche farla alzare dal suo caldissimo letto alle nove e mezza di un sabato mattina. Assolutamente inconcepibile.
"Che vuoi?"
"Se non esci da quell'ammasso di coperte non capisco quello che dici."
E le tirò via coperte e cuscino.
Lei restò rannicchiata sul letto, sentendo improvvisamente freddo.
Sentì lo sguardo ammiccante di Luke su di sé, e si rese conto di indossare solo dei miseri pantaloncini blu e una t-shirt con una scritta abbastanza volgare. Non volendo dare spettacolo si alzò di scatto chiudendosi in bagno.
Venti minuti, una doccia e una maglia più pesante dopo ritornò in camera.
"Sei ancora qui?"
Luke alzò gli occhi dalle foto che stava guardando e le sorrise rilassato.
"Sono venuto qui per parlare, non vado via fin quando non lo facciamo."
Lei sbuffò ma si avvicinò a togliergli la cornice dalle mani e rimettendola al suo posto, poi si sedette sulla scrivania a gambe accavallate, mentre Luke si accomodava sulla sedia vuota, spostandola un po' per non starle troppo vicino.
"Bella quella foto, è il diploma vero? Mi ricordo quel vestito azzurro, sicuramente ti ha costretto tua madre ad indossarlo."
Vero, lei avrebbe voluto mettere il vestito nero, stretto e leggermente scollato, senza risultare eccessivo, mentre la madre le aveva consigliato di indossare quello azzurro che la faceva sembrare una ragazza tutta casa e chiesa, cosa lontanissima dal suo vero essere ma non le andava di discutere con sua madre.
In ogni caso, il ragazzo di fronte a lei stava divagando, e lei non aveva voglia di fare due chiacchiere inutili.
"Luke che vuoi da me?"
"Che voglio? Voglio che la smetti!"
Era calmo, fin troppo.
"Vuoi che la smetta di fare la puttana?"
E poi scoppiò a ridere. Una risata da perfetta oca giuliva.
"Smettila, cazzo!"
La calma era andata a farsi benedire.
Lei si fermò, senza togliersi quel sorrisino a presa per il culo dalle labbra.
"Dammi un motivo per farlo"
Luke avrebbe voluto gridare che l'unico motivo che conosceva era smetterla per provarci solo loro due. Provare ad amarsi. Ma ancora non era pronto a quello. Allora disse la prima cosa che gli passò per la testa.
"Fai l'amore con me"
Il sorriso di Cher le morì sulle labbra.
"Ti piace scoparti il mondo quindi fallo con me."
"No, Luke, non chiedermi questo."
Faceva di tutto per non incrociare i suoi occhi, si era alzata e si muoveva a disagio per la stanza.
Che cavolo gli saltava in mente a quell'idiota?!
"Perché?"
Lei lo guardò sconvolta, come se stesse chiedendo l'ovvio.
Lui si avvicinò, le prese una guancia tra le mani e le sfiorò le labbra con il pollice.
Cher si stava beando di quel contatto, ma quando cedette facendo incrociare i loro occhi, capì che non poteva illuderlo ancora.
Si scansò bruscamente da quel dolce tocco.
Luke restò con la mano a mezz'aria, troppo deluso per avere anche solo la forza per arrabbiarsi.
"Non posso. Tu non sei come gli altri."
Lui sorrise debolmente.
"Potrei diventare l'unico"
Cher sospirò un "Non voglio."
E si sedette sul letto ancora sfatto.
Luke era all'in piedi accanto a lei e non si muoveva, quasi non respirava.
Quella mattina si era svegliato deciso a mettere un punto a tutta quell'assurda situazione.
Cavolo, quella era Cher! Non poteva finire così, non poteva commettere altri errori.
Con gentilezza si sedette al suo fianco e le fece l'unica domanda davvero importante: "Perché?"
Cher sussultò, ma fu felice che Luke avesse capito l'importanza di quella domanda, anche se arrivata con anni di ritardo.
"Perché so che se facessi l'amore con te tutta la mia vita cambierebbe. E' cambiata a sedici anni e cambierebbe ancora. E io non credo di essere pronta ad un altro cambiamento."
Vide la confusione negli occhi dell'amico, ma non riusciva a spiegarsi meglio.
Lei non andava con chiunque perché aveva avuto un passato difficile, non si comportava così per ribellarsi, no, lei voleva farlo e basta.
Sarà stupido, ma quando a sedici anni scoprì che la madre era stata solo con il padre e che a quarant'anni si ritrovava incastrata in un matrimonio normale, così normale da esser diventato asfissiante, beh, aveva deciso che prima di fare quel grande passo doveva divertirsi, darla in giro e decidere per bene la persona con la quale condividere il resto della propria vita.
Ma non aveva messo in conto Luke.
Con lui era tutto perfetto, e a sedici anni se n'era resa conto, capendo che se iniziava, la loro storia non sarebbe mai più finita.
Egoista, superficiale, troia, stronza, e chi ne ha più ne metta. Si era sentita chiamare in tanti modi, eppure c'era sempre Luke al di fuori di tutto. Aveva scelto lui per la sua prima volta perché gli voleva bene, era il suo migliore amico, un fratello, il ragazzo di cui si sarebbe innamorata se non avesse iniziato a fare la puttana. E non poteva innamorarsi a sedici anni, tutti i suoi piani sarebbero saltati, perché se avesse iniziato ad amarlo, non avrebbe mai più smesso.
Guardandolo capì che quella stupida vendetta stava facendo del male ad entrambi, quindi prima che Luke pretendesse altre spiegazioni o altro decise di dargli almeno un po' di quello che voleva.
"Senti Luke, io la smetto di provarci con il tuo amico e di sbatterti in faccia le mie conquiste, però tu devi lasciarmi in pace, non puoi venire qui a farmi sti discorsi, a chiedermi di fare l'amore. Non voglio, fattene una ragione!"
Luke la fissò a bocca aperta.
"Dimmi perché!"
Ma che voleva sentirsi dire?
"Perché no! Con te sarebbe fare l'amore, mentre io voglio scopare! Contento ora?"
Luke avrebbe ammesso che si, un po' contento lo era, ma Cher lo fulminò con lo sguardo prima che potesse aprire bocca.
"Puoi uscire dalla mia stanza, per favore?"
Il basso tono gli fece capire che lei non era stata felice di quello che la sua bocca aveva confessato, quindi decise di assecondarla.
Aveva ottenuto qualche risposta, ma soprattutto Cher gli aveva confessato che lui era ancora l'unico in un certo modo.
Non si sarebbe arreso, ma per il momento si sarebbe accontentato di quel poco.


Era lì. Era vestito completamente di nero, jeans neri, vans scure e maglione a collo alto, anche se non faceva moltissimo freddo.
Era nell'auto di Mike, e stava seguendo il Range Rover di Harry.
Era perfettamente entrato nella modalità stalker.
Si, lo stava pedinando.
Era stanco di crogiolarsi tra le domande: Chi è Gwen? Chi è Charlotte? Perché tiene quel segreto? Che hanno più di me?
Si, era semplicemente stanco. Se Montgomery non voleva parlargliene, lui l'avrebbe scoperto. Solo per mettersi l'anima in pace. Solo per quello.
Avevano sostato dal pasticciere dove Montgomery ne era uscito con una busta piena di leccornie.
Erano arrivati in una zona di periferia, c'erano tanti palazzi e Montgomery aveva parcheggiato proprio sotto uno di questi. Colin aveva parcheggiato abbastanza lontano, per non farsi vedere.
Harry era sceso e con la colazione tra le mani si era avvicinato al portone di un palazzo alto e rosso.
Non era messo molto male, anzi era molto bello, ma si capiva che non ci vivessero dei ricconi.

Erano passate due ore e da quel palazzo erano entrate e uscite parecchie persone, ma di Harry neanche l'ombra. Gli era pure venuta fame, ed era quasi ora di pranzo.
Si avvicinò al palazzo, sistemando il cappellino sul capo, rigorosamente nero.
Lesse tutti i cognomi, ma nessuno gli sembrava familiare.
Sentì il portone aprirsi e si appiattì al muro lì accanto, pregando tutti i santi che nessuno lo vedesse conciato in quel modo, sembrava un ladro e avrebbero sicuramente chiamato la polizia.
Fortunatamente era una vecchietta che si incamminò dall'altro lato della strada.
Non sapeva che fare, non era bravo in queste cose, non aveva mai sentito il bisogno di pedinare qualcuno, a parte le sorelle durante le loro prime uscite serali, ma quella era tutt'altra storia.
Decise di comprarsi un panino tenendo sempre d'occhio il palazzo, ma ovviamente non successe nulla.
Erano le 4 ed erano ore che stava lì sotto, aveva rischiato di addormentarsi tre volte, iniziava a sentire caldo con quel maglione e stava per andare a suonare tutti i campanelli o per rinunciare a tutto, quando vide Harry uscire dal palazzo con in braccio una bambina. Una bambina?
Da quella distanza non riusciva a vedere bene, quindi mise in moto pronto a seguire l'auto.
Durante il tragitto pensò a tremila cose.
Chi era quella bambina? Gwen o Charlotte? Ma soprattutto che c'entrava nella sua vita?
Era arrivato a tantissime conclusioni, ma solo una gli sembrava quella più ragionevole.
Si fermarono in un parco e vide la bambina scendere al volo dalla macchina, lanciare il giubbottino leggero a Harry e correre da altri bambini nella casetta con lo scivolo.
Parcheggiò.
L'idea di restare in auto a fissare i bambini del parco non lo entusiasmava molto, anche perché avrebbe rischiato delle denunce e poi pretendeva delle spiegazioni da Montgomery.
Era pronto a qualche pugno e a qualche scenata, ma ne valeva la pena per delle risposte.

Si avvicinò alla panchina su cui era seduto Montgomery e si sedette.
Harry gli diede un'occhiata distratta, per poi entrare in panico appena resosi conto chi gli era seduto accanto.
"Che cazzo ci fai qua? Mi stavi pedinando o hai deciso di vestirti da Diabolik e spaventare i bambini al parco?"
Colin guardò attentamente gli occhi ghiacciati del moro. Gli era mancato guardarlo da così vicino, era ancora più bello di come lo ricordasse.
"Potevi dirmi di avere una figlia."
Harry sbarrò gli occhi.
"Figlia? Ma quale figlia? Oddio, non mi dire che sei arrivato a delle tue conclusioni. Ti prego risparmiami questa volta, le tue conclusione risultano sempre errate, pensavo l'avessi imparato!"
"Ma allora chi diamine è?!"
Harry si girò verso di lui e gli levò il cappello, forse per farlo sembrare meno un pedofilo.
"Ho tre domande, e pretendo che tu risponda a tutte e tre in tre secondi, altrimenti ti ritrovi a mangiare la sabbia in cui stanno giocando i bambini e non me ne fotte proprio di spaventarli, dirò che sei un pedofilo e ti farò passare i peggiori guai. A te la scelta."
Colin annuì piano. Harry era ancora capace di minacciare mantenendo una calma apparente che lo terrorizzava.
"Che cazzo ci fai qui? Perché mi hai seguito? E soprattutto perché sei stato tanto stupido da farti vedere da me, quando sai benissimo che non te la faccio passare liscia. Hai appena superato il limite, Evans."
"Volevo sapere, ok? Tutti questi segreti mi stavano uccidendo, dovevo sapere chi contava più di me! Per questo sono qui, e per questo ti ho seguito. Mi sono seduto qui perché volevo chiederti perché non mi hai parlato di tua figlia, ma ora che mi hai detto che non lo è, sono ancora più curioso!"
Harry lo guardò così male da farlo tremare.
Ma come era possibile che gli mancavano anche quegli sguardi assassini?
"Alza il culo e togliti dalla mia vista prima che ti uccida con le mie mani! Colin cazzo la devi smettere, la tua curiosità mi ha rotto le palle."
Stava alzando la voce, e Colin si stava davvero sentendo in colpa.
Non era suo diritto fare quello che aveva fatto, ma perché tenere nascosta una bambina? Era tanto sbagliato desiderare la verità?
Aspetta, l'aveva chiamato Colin, vero?
La prima volta che l'aveva chiamato per nome era nel pieno di una scenata, e per quanto potesse essere incazzato era comunque tutto dettato da un sentimento perfido ma bellissimo come la gelosia, quindi forse anche questa volta poteva interpretarlo come un buon segno, o no?
"Ciao! Tu chi sei?"
Una vocetta squillante li fece voltare verso una bambina paffutella con bellissimi ricci rossi costretti in due codini ai lati della testa. Il vestitino blu era sporco di sabbia, e le calze avevano preso un colore ben lontano dal bianco originale.
Colin sorrise, senza nemmeno rendersene conto, quando notò il viso ricoperto di lentiggini della piccolina lì davanti.
"Io sono Colin. E tu chi sei?"
"Gwen perché non torni a giocare?"
La bambina si mise le manine sui fianchi e lo guardò con l'aria più seria che riuscisse a fare.
"Harry non lo vedi che sto parlando con Colin, non lo sai che è maleducazione interrompere gli altri mentre parlano?"
Harry alzò gli occhi al cielo, mentre Colin rideva nel vederlo bacchettato da una bambina di massimo sei anni.
"Scusalo, a volte non sa proprio comportarsi."
"Non so se posso perdonarlo, sai."
Harry lo fulminò con lo sguardo, ma lui gli fece una linguaccia facendo ridere Gwen.
Finalmente quella Gwen aveva un volto, un adorabile e lentigginoso volto. E lui ne era stato così geloso, perché Harry non gliene aveva mai voluto parlare? Perché tenere nascosta una dolcezza del genere?
"Sei amico di Harry?"
"No!"
"Si."
Lei spostò lo sguardo prima sul moro e poi sul biondo, prima di sbuffare e incrociare le braccia.
"Vi conoscete?"
"Si."
"Allora siete amici!" e batté le mani come se avesse appena scoperto il mondo di Narnia.
"Quanti anni hai piccola?"
Doveva scoprire più informazioni possibili da lei, visto che Harry non voleva essere d'aiuto.
Ok, aveva superato il limite ormai, tanto valeva andare fino in fondo.
Gwen si accomodò sulle gambe di Harry e gli scoccò un bacino sul naso, prima di rispondere:"Quattro." Mostrò le dita, prima di aggiungerci un altro ditino. "Quasi cinque."
Sulle labbra gli nacque un sorriso ancora più grande, quella bambina era adorabile, ma lo sguardo glaciale di Harry lo metteva a disagio.
Allora, facendo due calcoli mentali Harry aveva 17 anni quando è nata Gwen e...
"Hai dei capelli morbidissimi"
E si sporse per mettersi tra le sue braccia e continuare ad accarezzargli i capelli.
Harry guardò incantato la sua piccola Gwen che affondava le manine grassottelle tra quei capelli, quei capelli che aveva accarezzato e amava ancora con tutto il suo cuore.
Perché Colin gli stava facendo tutto questo?
"Gwen, tra un po' dobbiamo tornare, sta per fare buio, puoi approfittarne per giocare un altro po'"
La bambina subito scattò in piedi e, strappandogli la promessa di non muoversi da lì, tornò a giocare sullo scivolo.
"Vattene, le dirò che sei dovuto scappare."
Colin si sistemò meglio sulla panchina.
"Le ho promesso di non muovermi, io mantengo le promesse a differenza di qualcun altro..."
Che frecciatina.
Harry rise piano.
"Perché tu stai mantenendo la promessa di aspettare il momento in cui io mi sentissi pronto per parlarti di tutto, vero?"
"No, quella promessa era prima che tu infrangessi le altre. Quindi non mi venire a dire queste cose!"
"Non siamo più niente, sei stato proprio tu a farmelo capire, quindi perché ti interessa tanto?!"
Perché ti amo.
"Perché sono curioso!"
Curioso? L'avrebbe strozzato volentieri.
"La tua curiosità ti ucciderà un giorno, sempre che non lo faccia prima io."
Ma il suo miglior sguardo glaciale non preoccupò per nulla Colin, che tenne gli occhi puntati nei suoi, in un chiaro segno di sfida.
Harry scosse la testa. Era stanco di giocare con il biondino. Stanco di farsi del male.
"Sei un egoista."
E Colin sapeva bene di esserlo, l'aveva capito nel momento in cui aveva ignorato tutti i campanelli d'allarme nella sua testa che gli facevano presente che il suo comportamento poteva ferire il moro. Ma lui stava male, e davvero credeva che conoscere la verità poteva farlo star meglio, o almeno, farlo sentire ancora per un po' vicino al ragazzo che tanto amava e odiava.
Era egoista, ma solo quando si trattava del suo Harry.
"Hai ragione, ma ormai sono qui e se non mi dirai chi è sai che mi farò molti film mentali. Tipo potrebbe essere la figlia di tuo fratello Chris oppure tua sorella! Potrei continuare con trecento teorie diverse e..."
Harry sbuffò e lo interruppe.
"E' solo la figlia di un'amica."
Colin non parlò più. Harry aveva risposto alla sua domanda, ma lui sapeva benissimo che non era "solo" la figlia di un'amica.

Un'oretta dopo erano ancora seduti su quella panchina a guardare Gwen giocare, che li chiamava per fargli vedere questa o quella cosa, e per Harry era assurdo essere lì con Colin e la bambina.
Aveva immaginato qualche volta uno scenario simile, ma nelle sue fantasie Colin gli stringeva la mano e gli lasciava teneri baci sulla guancia.
Ultimamente i suoi desideri si avveravano, in ritardo e un po' diversi, ma si avveravano.
Appena vide l'ennesimo sorriso che si scambiavano Gwen e Colin capì di non poter più sopportare oltre.
"Gwen, Gwen, vieni, saluta i tuoi amichetti, è tardi."
La bambina protestò un po', ma dieci minuti dopo era tra le braccia di Harry.
"Noi andiamo."
Colin si alzò per salutare la bambina.
Le diede un bacio sulla guancia e fece un inchino chiamandola principessa.
Gwen rise accarezzandogli ancora i capelli.
"Perché non vieni a casa con noi? Mamma ha cucinato le lasagne."
Harry non sapeva come fermare quelle parole, e vide che Colin non sapeva come rifiutare.
Stupido com'era avrebbe ceduto al piccolo broncio che stava mettendo la bambina.
"Se vieni ti posso presentare Eric, Sebastian e Aiel"
"Va bene, se per Harry va bene..."
Appunto.
Guardò Gwen, e...ok, anche lui cedeva a quegli occhi dolci.
Quella bambina era troppo brava a rigirarsi le persone.
"Va bene, seguici in auto."
Gwen batté le mani tutta felice.

Stava di nuovo seguendo il Range Rover.
Erano cambiate alcune cose in un paio di ore, ed era un po' scosso.
Gwen era una bellissima bambina che probabilmente aveva dei fratelli, altrimenti non sapeva davvero spiegarsi chi fossero Eric e gli altri, e forse Charlotte era la madre.
Ma tutto questo lo riportavano ad una sola domanda: Perché?
Davvero quella semplice parola era alla base di tutto.
Mancavano pochi minuti al palazzo sotto cui era stato ore intere quel giorno, e stava, finalmente, per scoprire un altro pezzo di verità.


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