Il bacio gli aveva fatto perdere la cognizione del tempo, ma appena si allontanarono per riprendere fiato, furono sbattuti rudemente nella realtà.
Si ritrovarono su quei gradini a tremare per il freddo pungente, e Harry disse le prime cose che pensò.
"Dovresti andare."
Colin lo guardò un po' perso, che cosa avevano appena fatto?
Un bacio, era stato solo un misero bacio, eppure aveva turbato entrambi.
"SI, hai ragione, vado."
Si alzò e si pulì i pantaloni scuri con le mani, mentre Harry faceva lo stesso, desiderosi di schiarirsi le idee, ma non quella sera, quella notte avrebbero portato con loro il ricordo di quel tenero bacio, dal gusto salato delle lacrime, amaro della verità e dolce della 'presenza'.
Colin scese l'ultimo gradino e si girò per l'ultima volta.
"Harry?"
Harry stava risalendo gli ultimi due gradini, era già arrivato al portone quando si sentì chiamare, e si voltò, con il cuore in gola.
Colin, però, disse semplicemente quello che aveva ripetuto per tutta la sera: "Non è colpa tua."
Una morsa stretta e dolorosa cinse il suo cuore, ma cosa poteva dirgli? Non era colpa sua, eppure il senso di colpa lo schiacciava a terra, ogni singola volta.
Sorrise annuendo.
Colin si avvicinò un po', restando sull'ultimo gradino, abbastanza vicino per vedere il suo volto ma troppo lontano per sentire il suo respiro.
"Sei una brava persona, e... mi dispiace. Per tutto."
Quel mi dispiace andava dalla sfuriata prima dell'estate, passando per la canzone infelice che gli aveva dedicato a quella sera, per aver superato ogni limite. Ma si estendeva anche alla sua codardia, si stava scusando per non essere stato in grado di amarlo alla luce del sole.
Harry sembrò capire, infatti annuì ancora e poi esplose in un sorriso caldo ma allo stesso tempo triste.
"Finalmente hai capito."
E Colin si, aveva davvero capito, e per la prima volta si odiò con tutto il suo cuore.
Era davvero troppo tardi per risalire quei gradini e stringere il moro tra le sue braccia?
Forse non era troppo tardi, ma lo stesso lui non era pronto.
Ristringerlo significava non rifare gli stessi errori, e lui non ce la faceva ad immaginare la sua vita da perfetto fidanzato gay. Non riusciva ad essere un fidanzato decente per Cher, figuriamoci per Harry.
Semplicemente non era pronto.
Quando alzò lo sguardo su Harry e vide la sua espressione rassegnata, si rese conto di star facendo uno sbaglio, si stava facendo scivolare dalle dita l'amore della sua vita, ma come poteva riprenderlo con sé se sapeva benissimo di non potergli dare ciò che lui desiderava?
Fu Harry a rompere quel silenzio ricco di significato, sussurrando un flebile: "Buonanotte."
Colin non rispose, restò a guardare Harry entrare nel portone, e lo immaginò avvicinarsi all'ascensore, entrarci, e lasciare fuori i loro drammi.
Quando entrò in macchina non poté far altro che sbattere i pugni sul volante. Perché gli risultava così difficile urlare al mondo che era innamorato del ragazzo migliore che avesse mai incontrato?
Amava quel ragazzo come non aveva mai amato nessun altro, eppure era così difficile renderlo felice.
Harry entrò in ascensore, ma, a differenza di quello che credeva il biondino, si chinò per terra e avvolse il viso tra le mani.
Colin lo amava ancora, e di questo ne era felice, ma ormai doveva rassegnarsi all'idea che non sarebbe tornato, non come lui desiderava.
Entrambi quella sera non dormirono, si rigirarono tra le coperte, Harry strinse Gwen tra le braccia, ma per la prima volta neanche la bambina riusciva a tirarlo su, mentre Colin entrò nel letto di Jason, che, stranamente, non protestò.
Erano entrambi stretti ad altre persone, eppure sentivano un vuoto nel petto.
Un vuoto che portava i loro rispettivi nomi.
"Che cosa hai fatto?"
Jason stava letteralmente sbraitando.
Non era stata una buona idea dirgli che aveva pedinato Harry, e tanto meno che l'aveva baciato, ma doveva parlarne con qualcuno, prima di esplodere.
"Calmati e siediti, non ho fatto niente..."
"Colin ma che cazzo ti dice il cervello?" Si sedette accanto a lui sul letto, si calmò un po' e poi continuò.
"Senti, io sono il tuo migliore amico e sono sempre stato dalla tua parte, ma Harry aveva le sue ragione per tenerti un segreto, e soprattutto, aveva le sue ragioni per lasciarti. Tu, ora, che cosa hai fatto? L'hai pedinato, l'hai costretto a dirti tutto e poi che cazzo fai? Lo baci? Ma sei coglione?!"
Colin lo guardò sbigottito, si potevano contare sulle dita di una mano le volte in cui aveva visto l'amico in quel modo, quindi significava che l'aveva davvero fatta grossa.
"Lo so, ma... e poi lui ha ricambiato! Non è solo colpa mia!"
Jason lo fulminò con lo sguardo.
"Certo che ha ricambiato, lui muore per te, ti ricordo che vi siete lasciati perché tu, e solo tu, non volevi dirlo a tutti. Lui per te avrebbe fatto di tutto, e lo farebbe ancora."
Jason sapeva bene di essere stato duro, ma per entrare nella testa bacata del suo amico doveva per forza comportarsi in questo modo.
Si avvicinò e gli passò un braccio dietro al collo.
"Colin, posso immaginare quanto sia spaventoso dover fare coming out, dire al mondo che sei innamorato di un maschio, per quanto possa essere bello e intelligente, per quanto tutte le ragazze vi invidieranno, ma se non vuoi, lascialo in pace. Vi siete fatti del male, e le ferite ancora non si cicatrizzano. Con quel bacio, hai solo affondato ancora di più il coltello nei vostri petti, stavolta, se non la smettete, sarà ancora più doloroso tirare fuori quel coltello."
Colin si appoggiò all'amico. Aveva ragione, e gli stava solo confermando quello che aveva pensato lui stesso la sera prima. Non poteva illudere Harry, e tantomeno, illudere se stesso.
"Hai ragione, se mi avvicinerò ancora a lui sarà perché ho deciso di andare fino in fondo, fino ad allora, me ne resterò buono al mio posto."
Jason lo guardò un po' preoccupato.
"Ricordati che lui non ti aspetterà per il resto della sua vita, e soprattutto, ma davvero ne vale la pena? Cioè tu lo ami, inutile girarci intorno, e lui prova lo stesso per te, quindi perché non prendere quella briciola di coraggio che serve e provare davvero a stare con lui?"
"Jason, ma ti rendi conto che comporta tutto questo?"
Jason rise piano.
"Certo che lo so! Colin ho visto mio padre fare outing con due figli a carico e una moglie. Tu dovresti solo scaricare Cher e affrontare qualche cattiva voce."
Colin aveva sempre invidiato il coraggio del padre di Jason, un uomo che aveva capito di non amare più la moglie, perché innamorato di tutti i personaggi di genere maschile. Jason spesso gli aveva raccontato la cena che aveva visto protagonista la verità sul padre, la madre, che ormai già sapeva tutto, aveva solo sorriso, mentre la sorella maggiore di Jason aveva urlato e poi era svenuta. Durante una normalissima cena aveva appreso che i genitori stessero per divorziare e che il padre prima o poi avrebbe portato a casa un altro papà. Jason aveva solo sedici anni ed era spaventato, beh, vedere il padre e la madre cercare di rinsavire la figlia non era un bello spettacolo, ma lui era spaventato per quello che avrebbero detto gli altri su suo padre.
Quando la sorella si riprese chiese alla madre e a Jason come potevano accettare una cosa simile, ma Jason le fece solo una sonora risata in faccia mentre la madre guardava la figlia come se fosse un mostro. Come aveva fatto a crescere una persona che la prima cosa che pensava dopo che il padre le aveva detto di essere gay, era questa?
Fu il padre a parlare proprio con la figlia, nessuno seppe mai cosa le disse, ma dopo qualche mese tutto tornò normale.
I genitori divorziarono, Jason ignorava le offese rivolte al padre, spesso difendendolo e suonando qualche pugno giusto per intimorire, la madre non era per nulla turbata, diceva che ormai il matrimonio era finito da un pezzo, e che aveva sempre sospettato qualcosa, quindi riteneva il padre dei suoi figli il suo migliore amico gay, e la sorella se ne fece una ragione, iniziando ad amare il nuovo compagno che il padre le presentò.
Ammirevoli. Coraggiosi.
Questo pensava ogni volta che ricordava questa storia, anche se non era una storia, ma la vita reale del ragazzo accanto a sé.
Avrebbe voluto davvero essere meno codardo, avrebbe davvero voluto uscire fuori dalla sua stanza e correre da Harry, baciarlo per strada, tenergli la mano. Ma poi? Doveva affrontare le voci, gli insulti, la sua squadra che avrebbe pensato, lo avrebbero ancora voluto come capitano?
Troppi rischi. E lui aveva ancora troppa paura.
"Ho paura."
E fu difficilissimo ammetterlo ad alta voce.
Jason lo ingabbiò tra le sue braccia e gli accarezzò piano la schiena.
"Io sarò qui, io non ti abbandono."
E fa male deludere le persone che ami, ma se la paura ti blocca, possono davvero fartene una colpa?
Era lunedì mattina e faceva freddo. Ormai l'autunno era arrivato, e le foglie ricoprivano ogni piccolo spazio aperto, dando al campus un'aria malinconica e triste.
O, almeno, questo pensava Harry.
Luke non si era espresso molto riguardo il bacio, gli aveva solo detto "Stai attento" come se lui fosse un bambino piccolo che si sta per far male cadendo dall'altalena.
E, forse, lo era davvero.
Ma l'altalena è divertente, e anche se non c'è nessuno che ti spinge, puoi prendere velocità da solo, il problema è fermarsi.
Gli piaceva pensare a Colin come la sua altalena.
Così divertente, che ti tenta di andare sempre più veloce, sempre più in alto fino a toccare le nuvole.
Così pericolosa, tanto da sentire l'adrenalina che scorre nelle vene, che ti brucia il sangue.
Consapevole che non vorrai più scendere, e quando sarai catapultato lontano, con le ginocchia sbucciate e la faccia nel terreno, la guardi da lontano, sapendo che non puoi più avvicinarti, perché ti sei fatto troppo male.
Ma poi il dolore si dimentica, almeno un po', e si pensa di essere abbastanza grandi da non poter cadere di nuovo come un moccioso.
Allora ci risali, ma ricadi, ma ogni volta ritorni, e ogni volta credi che sarà diverso.
Vedi i bambini più grandi che si divertono senza cadere, allora hai la certezza che arriverà il giorno in cui non cadrai, e quindi ci riprovi fino a riuscirci. E' solo questione di tempo, giusto?
Colin è la sua altalena, e lui non può non cedere alla tentazione di risalirci e di sentire quel vento nei capelli, e la sensazione di toccare davvero il cielo.
"Luke passa quella dannata palla a Harry"
Il coach stava gridando da esattamente due ore.
Si sentiva sfinito, dovevano allenarsi senza distrazione perché avevano una partita non tanto amichevole con la squadra di Manchester, e avrebbero giocato fuori casa, quindi non c'era posto per i pensieri in quel momento, ma come faceva a non pensare a Cher che le aveva praticamente confessato che lui era diverso, dopo tutti quegli anni, lui restava l'unico.
Non poteva non sorridere ogni volta che ci pensava.
Non la vedeva da giorni, e le mancava tremendamente. Non l'aveva neanche incontrata a lezione, probabilmente stava facendo di tutto per evitarlo, e lui si era ripromesso di concederle i suoi spazi, finché la sua pazienza lo permetteva.
La porta della stanza venne aperta e richiusa con forza.
Colin balzò dalla sedie su cui era seduto e si preparò a rimproverare Jason per aver sbattuto la porta e per averlo spaventato.
"Spogliati."
Ok, di certo Jason non gli avrebbe mai fatto una proposta così sconcia e non aveva quella voce acuta e tremendamente femminile.
"Cher, pensavo avessi la febbre."
Lei si avvicinò e per poco non gli strappò la maglietta da dosso.
"Ehi ehi ehi, ferma" le bloccò le mani "mi dici che ti prende."
Lei sbuffò.
"Voglio scopare con il mio fidanzato, vedi qualche problema?"
Lui la trascinò sul letto e si sdraiò su di lei, in modo da bloccarla con il suo corpo.
"Non ci vedo nessun problema, ma so che c'è."
Lei sbuffò ancora e provò a scrollarselo di dosso, ma anni di allenamenti gli avevano dato abbastanza forza da tenere giù un grissino come lei.
"Allora?"
"Sei un pessimo fidanzato! Ti ho detto che avevo la febbre e non sei neanche venuto da me per vedere se stavo morendo o meno."
Colin rise forte.
"Mi hai palesemente mentito, perché dovevo venire a trovarti?"
Cher provò ad alzare un braccio per tirargli i capelli, ma Colin intercettò al volo la sua mano e la bloccò contro il cuscino.
"Allora Cher, mi dici che ti prende, perché mi hai mentito e perché all'improvviso mi vuoi saltare addosso come un'assatanata oppure restiamo qui tutto il giorno? Io non ho di meglio da fare."
Lei gli riservò lo sguardo più torvo che avesse in repertorio.
"Ma da quando fai tutte queste domande? Sbattimi e basta!"
Lui la lasciò all'improvviso.
Cher era sua amica, ma era anche la sua fidanzata, e aveva ragione, se lei voleva scopare, lui non poteva, e per tutto quello che era successo con Harry, sinceramente, non voleva rifiutarsi.
Si tolse la maglietta e sfilò pantaloni e boxer.
Guardò Cher ancora vestita e pietrificata sul letto per l'improvviso cambiamento d'atteggiamento del biondino.
"E' quello che vuoi, no? Allora spogliati."
L'avrebbe usata per sfogare tutto il suo odio represso verso se stesso.
Avrebbe scopato la sua fidanzata perché era quello che voleva, stava rifiutando il moro per questo, giusto?
Cher, dopo un momento di disagio, si spogliò.
Colin non le diede il tempo neanche di arrivare alle mutandine rosa di pizzo che la prese per i capelli e la girò a pancia sotto sul letto. Le schiacciò la faccia sul cuscino e strappò le mutandine.
Cher non capiva nulla, cosa stava succedendo?
Due minuti prima era lei ad elemosinare per un po' di sesso e Colin non ne voleva sapere, e ora lui sembrava indemoniato e lei si sentiva posseduta dalla persona sbagliata.
Ma infondo che le importava?
Era andata da Colin perché voleva dimenticare il discorso fatto con Luke giorni prima, rivoleva indietro la se stessa che non si faceva problemi per nulla, voleva scopare e dimenticarsi di quegli occhi scuri e di quelle labbra arricchite da un piercing.
Quando Colin entrò dentro di lei, senza una minima carezza, capì che anche Colin la stava usando, e per la prima volta non si stavano usando per del sesso facile, o per la facciata da coppia perfetta, si stavano usando come sfogo. Si stavano scopando come se non ci fosse un domani perché quello che avevano dentro era troppo difficile da affrontare a parole.
Erano entrambi sdraiati sul letto sfatto e pieno dei loro umori, fissavano il soffitto.
"Mi sono innamorata."
Colin sorrise amaramente.
"Anch'io."
E nulla poteva essere più triste del fatto che entrambi erano innamorati, ma lo stesso si erano cercati per del sesso senza sentimenti perché l'amore gli faceva troppa paura.
Colin raggiunse con la sua mano quella di Cher, e la strinse piano.
Lei ricambiò la stretta, sentendosi, per un secondo, più leggera.
Era passata una settimana da quel bacio e ancora ci pensava. Non riusciva a togliersi dalla bocca il sapore dolce delle labbra di Colin, sentiva ancora le sue mani che gli accarezzavano il corpo e il senso di protezione e completezza.
Ci stava pensando quando era seduto al suo posto in aula e vide Colin fuori la porta accarezzare una guancia di Cher.
Quel gesto lo ferì più di tutte le volte in cui l'aveva visto baciarla e toccarla. La carezza era una cosa così intima e affettuosa che non poteva associarla alla loro coppia, proprio no.
I loro occhi si incrociarono per un solo attimo, e Harry poté leggerci tutto il dolore che celavano.
Il piccolo sorriso che Colin gli regalò era un "scusa, se per colpa mia stiamo uno schifo tutti e due" straziante.
Distolse lo sguardo per un po' e quando ritornò con la coda dell'occhio alla porta vedere Cher baciare e abbracciare Colin gli fece salire un senso di rabbia che gli bruciò nel petto.
Sbatté il pugno sul banco, e si rese conto di essere stato lui solo quando sentì il forte rumore e il lieve dolore alla mano.
Un cazzo di bacio poteva far risalire a galla tutti quei sentimenti che aveva provato ad affogare per mesi e mesi? Un solo misero bacio li aveva portati al punto di partenza, ma stavolta faceva dannatamente più male.
Si alzò di scatto e uscì dall'aula, colpendo con la spalla Colin ma senza avere il coraggio di guardarlo per chiedergli scusa o per insultarlo per mantenere su quella stupida recita alla quale nessuno più ci credeva.
Sentì Cher dire "Non andare, non cedere alle sue provocazioni" ma era già troppo lontano per sentire la risposta di Colin.
Si scrollò e mani di Cher dalle spalle.
"Non mi tengo una spallata. Tu stai tranquilla."
La realtà era che lo sguardo di Harry l'aveva letteralmente ucciso e voleva solo parlargli per due minuti e ripetergli quanto gli dispiaceva.
Lo seguì fino a piano terra e lo vide entrare in palestra, deserta a quell'ora del mattino.
Entrò anche lui e lo vide seduto sui gradini degli spalti.
Appena i loro sguardi si incontrarono per la seconda volta quella mattina Harry lasciò il suo posto e andò dietro gli spalti e si appoggiò al muro, in attesa.
Colin lo raggiunse velocemente, ma poi non riuscì ad avvicinarsi molto.
Non sapeva che dire, non sapeva che fare.
"Ciao."
"Ciao."
Silenzio.
"Perché sei qui?"
"Potrei farti la stessa domanda, avevamo deciso che non mi avresti più pedinato, se non sbaglio."
Colin spostò a disagio il peso del suo corpo da un piede all'altro.
"Io non... cioè si, però... volevo sapere come stai"
Harry lo guardò e gli venne l'improvvisa voglia di fumare e riempirsi i polmoni di fumo.
"Sto bene, grazie per l'interessamento. Tu?"
E Colin sapeva che a Harry importava davvero la risposta.
"Bene..."
Nessuno credette a quel loro stare bene.
"Tra qualche giorno avete la partita fuori casa, in bocca al lupo"
Harry alzò lo sguardò e lo inchiodò al suo.
"Crepi."
Colin si morse il labbro inferiore, fino a sentire il sapore amaro del sangue.
"Vi faremo uno scherzo, tipo bucheremo le ruote delle macchine e del pullman con il quale dovete andare."
Harry rise piano.
"Perché me lo stai dicendo?"
Colin giocò un po' con le sue mani prima di rispondere.
"Mi dispiace, Harry. Io vorrei poter cambiare per te" fece un piccolissimo passo avanti "vorrei davvero poterti amare senza avere paura, ma è così difficile..."
Harry lo vide lì, davanti a sé, mentre inciampava tra le parole, e si rese ancora più conto di quanto lo amasse.
"Zitto! Vorrei dire io una cosa, il fatto è che quel bacio è stato, cioè non lo so"
Colin lo guardò, e sentì il gelo scendergli giù per la schiena quando vide gli occhi lucidi di Harry.
"Io... Colin tu..." e la conclusione alla quale era arrivato gli faceva scendere delle lacrime.
Non avrebbe voluto piangere davanti a Colin, mostrandosi ancora così debole, ma ormai erano lì, e voleva dirglielo.
"Che cosa stai cercando di dirmi?"
Vedere la risata bagnata dalle lacrime che inondavano silenziose il viso di Harry lo fecero indietreggiare di un passo.
"Sto cercando di dirti che ti amo. E anche se sono patetico e stupido a dirtelo ora, a dirtelo mentre stiamo entrambi soffrendo, so che ti amo ora, e proprio in questo momento ti amo più di quanto ti abbia mai amato in questi mesi. Ti ho odiato, e anche tanto. Ma alla fine mi sono reso conto di odiarti perché non riuscivo a smettere di amarti, a fermare il battito accelerato del mio cuore ogni volta che ti vedo, a cessare quel dolore che mi sta uccidendo. Mi sto distruggendo per te, e non so nemmeno io perché te lo sto dicendo, quando so che tu non potrai mai amarmi come io vorrei.
Quando abbiamo litigato, quella sera ho provato a dirti quello che provavo. Stavo per pronunciare quelle due paroline, te lo stavo per dire 'ti amo' proprio mentre tu mi urlavi contro, mentre io cercavo di spiegarmi. Te lo stavo per dire perché in quel momento avevo capito che eri tutto per me, e che quest'amore mi stava distruggendo, e volevo che facesse male anche a te.
Ti ho lasciato pensando di salvarmi, di essere in tempo dal non cadere in mille pezzi, e invece mi sbagliavo. Senza di te sono caduto in pezzi, senza di te mi sono ritrovato davvero distrutto. Il fatto è che il dolore che provavo con te è niente in confronto a quello che provo standoti lontano, quindi se proprio devo distruggermi, vorrei farlo tra le tue braccia."
Colin si sentì atterrito a quelle parole.
"No, no, no, no!" si portò le mani ai capelli.
Harry non poteva dirgli che lo amava in quel momento, proprio quando aveva deciso di non illudere nessuno dei due.
"Harry io non posso. Io finalmente ho capito perché mi hai lasciato, e avevi ragione, io non posso farti stare male ancora..."
"No" fece un passo verso il biondino "Te lo sto chiedendo io, non ti farò pressioni basta che stiamo insieme, stavamo bene prima di questo casino, non è vero?"
Colin ingoiò il magone che aveva in gola.
"Harry non stavamo bene, tu non stavi bene. Secondo te non vorrei tornare a dormire nel tuo letto, a farmi stringere da te la notte, a baciarti e ad... amarti. Secondo te non vorrei tutto questo?"
"Allora che aspetti, sono qui." Lo interruppe speranzoso.
"Non posso farti ancora del male, non chiedermi questo. Anche se tornassimo insieme, tu torneresti a soffrire per gli stessi motivi che ti hanno portato a lasciarmi, e io non potrei sopportarlo. Io non posso comportarmi ancora da egoista. Ti prego, stavolta cerca di capirmi tu."
Harry lo fulminò con lo sguardo, per quanto gli era possibile, con le guance rosse e bagnate.
Colin aveva finalmente capito, ma perché proprio quando lui aveva deciso di sotterrare tutti i suoi desideri di libertà solo per riaverlo tra le braccia?
Provò a guardare la situazione dall'esterno.
Quanto risultava patetico in quel momento?
Il ragazzo di ghiaccio ridotto in lacrime e preghiere per un pezzo di merda che si era comportato da egoista appena l'aveva lasciato, senza capire le sue ragioni, e decideva di fare la cosa giusta quando lui era pronto a fare un passo indietro pur di stare insieme.
Come ci erano arrivati a quel punto?
Si asciugò le lacrime con le mani, e poi decise di comportarsi da egoista.
Allungò una mano e prese Colin per la maglietta e se lo trascinò addosso catturando le sue labbra in un bacio violento e passionale. Morse quelle labbra già martoriate che subito sanguinarono. Succhiò il sangue e sentì il biondino abbandonarsi a lui.
Lo girò verso il muro e lo denudò dalla vita in giù.
Gli intrecciò i polsi e li portò in alto, verso il muro, e li imprigionò nella sua forte mano.
Colin non si lamentava, era pronto a subire l'ira che si era meritato.
Harry si abbassò quanto bastava pantaloni della tuta e boxer, e senza pensarci due volte entrò in Colin.
Strinse la prese sui polsi e portò l'altra mano a chiudere la bocca del biondino, per non farlo urlare.
Colin si sentì letteralmente spaccare in due. Non era più abituato a quel sesso, a quella violenza, non era più abituato a Harry.
Harry sentì la sua mano bagnarsi a causa delle lacrime del biondino che scendevano copiose.
Voleva proprio quello, Colin doveva sentire tutto il dolore che stava sentendo lui.
Spinse più velocemente dentro quel corpo così stretto, che gli era mancato come l'aria.
Colin non era più abituato a soffrire, ma non era neanche più abituato a tutto quel piacere che gli partiva dal basso ventre e gli infiammava tutto il corpo.
Prima di quel momento, non ricordava neanche più come si sentisse così vivo.
Avrebbe voluto guardare Harry negli occhi, baciarlo e accompagnarlo nelle sue spinte, ma non se lo meritava, e capiva la rabbia cieca della persona che lo stava possedendo con tanta violenza quanta passione.
Harry portò la mano che teneva imprigionate le mani di Colin verso il suo membro, lo trovò duro e umido, e iniziò ad accarezzarlo a ritmo delle spinte.
Più si spingeva in quel corpo più si sentiva di nuovo potente, più sentiva le grida di Colin soppresse dalla sua mano più si sentiva soddisfatto, più sentiva la sua mano riempirsi del cazzo duro più capiva che nulla poteva davvero sostituire quello che c'era tra loro due.
Le ultime spinte furono date con più vigore e quando venne dentro Colin, quest'ultimo si sentì finalmente pieno e quella sensazione accompagnata dal grugnito della voce profonda di Harry lo fece venire nella mano del moro.
Uscì piano dal suo corpo, e Colin cadde sulle sue ginocchia e quasi scoppiò di nuovo a piangere quando non trovò le braccia forti di Harry a sorreggerlo.
Harry guardò Colin sulle sue ginocchia con la testa appoggiata al muro e si costrinse a non aiutarlo. Si sistemò velocemente e andò via, con le lacrime agli occhi e il macigno che si era fatto ancora più pesante sul cuore.
Colin restò lì a terra per un po', non aveva la forza di muoversi e neanche quella di affrontare la realtà.
Tra un singhiozzo e l'altro, tra il senso di colpa e la sofferenza, riuscì solo a sussurrare a quelle mura vuote un flebile:"Ti amo anch'io".
Il loro amore l'aveva portato a questo.
Ad una lenta e straziante distruzione.
E non era per nulla giusto.
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How many secrets can you keep?
FanficErano anni che,in quell'università, la squadra di calcio e quella di basket erano in guerra,il loro odio veniva tramandato di generazione in generazione. Ci sono dei segreti,però, che devono restare tali, e altri,invece, che continueranno a distrugg...