Capitolo 25

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Fissava quella scena come se non si trovasse anche lui lì.
Vide Harry aiutare Logan a rialzarsi e portarlo in camera, mentre tutti gli altri lo guardavano male.
Era ancora appoggiato al muro su cui era stato scaraventato. Era stato lui a picchiare quel ragazzo, e quasi non si riconosceva.
Jason fu subito accanto a lui e prendendolo per un braccio lo trascinò nella loro camera.
"Mi spieghi che cazzo ti è venuto in mente?"
Colin abbassò lo sguardo.
Non aveva una risposta a quella domanda. O forse si.
Jason si passò le mani nei suoi capelli completamente verdi, e sospirò.
"Colin, io so che hai picchiato Logan perché sei geloso, perché vederlo con un altro che il mondo sa che è gay ti fa male, lo so come lo sa Harry e come lo sai tu, ma tutti gli altri, Logan stesso, penseranno che tu l'hai aggredito perché sei un omofobo del cazzo!"
Colin spalancò gli occhi.
"Io omofobo? Maddai, nessuno lo penserebbe."
Jason lo guardò duro.
"Lo so che stai male, e controllare le emozioni è difficile, ma hai appena aggredito un ragazzo gay senza la minima motivazione."
"Ma lui stava per baciare Harry e io non... non ce l'ho fatta."
Jason gli si avvicinò e lo accarezzò piano.
"Io lo so, ma gli altri no. Gli altri hanno solo visto il capitano della squadra di calcio picchiare un ragazzo gay. Non hanno visto Colin picchiare la persona che stava per baciare l'uomo che ama."
Colin si rese conto di aver fatto un'immensa cazzata.


Harry era furioso. Anzi furioso era poco.
Ma come cazzo si era permesso? Avrebbe voluto fargli tornare la ragione a furia di calci nel culo.
Si passò una mano tra i capelli per poi riappoggiare lo sguardo su Logan sdraiato sul letto della sua camera.
Non era la prima volta che ci entrava, spesso si erano visti quei giorni, erano anche usciti qualche volta, ma non aveva avuto il coraggio di portarlo a casa sua, e quindi Logan aveva messo a disposizione la sua camera del campus, visto che il suo coinquilino era sempre nella camera della fidanzata.
"Come stai?"
"Sono sopravvissuto a cose peggiori."
Harry si ritrovò ad invidiare quel sorriso che aveva illuminato il viso di Logan.
Ne aveva passate davvero tante quel ragazzo, eppure era ancora in grado di sorridere e non lasciarsi sconfiggere da niente e da nessuno.
Conoscendolo aveva scoperto che quando era stato beccato a scuola con il professore, nessuno sapeva che fosse gay, quindi era stato un coming out forzato e non voluto. In realtà non era proprio un professore, era l'aiuto allenatore di palla a nuoto, ma lo stesso era stato licenziato su due piedi, e Logan si era ritrovato espulso e con i genitori che non gli parlavano.
Aveva dovuto frequentare un liceo lontanissimo da casa visto che ormai nel suo paese era impossibile farsi vedere, tutti lo additavano come quello gay che se la faceva con i vecchi professori, quando l'allenatore non aveva neanche trent'anni.
I genitori, dopo mesi di assoluto mutismo, avevano deciso di divorziare perché il padre continuava a non accettare il figlio, mentre la madre non accettava la decisione del padre.
Il college era stata una liberazione per Logan Mars.
"Mi dispiace se Col...Evans ti ha fatto questo."
Logan colpì lo spazio vuoto sul letto per invitarlo a sedersi.
"Sinceramente ero preparato a questo, sai mi sembrava strano che nessun omofobo mi avesse detto nulla, è tutto normale ora."
Harry subito scattò in piedi.
"Ma Evans non è omofobo!"
Logan lo guardò sorpreso.
"Allora perché avrebbe dovuto picchiarmi? Io non ci ho nemmeno mai parlato."
Di certo Harry non poteva dirgli la verità, allora disse l'unica cosa che poteva sembrare convincente.
"L'ha fatto per quella stupida guerra che c'è tra le nostre squadre. Tu sei nuovo, non sai cosa siamo capaci di combinarci, ti ha visto con me e mi dispiace solo che ci sei finito in mezzo, ma ha fatto tutto per innervosire me."
Si sedette sul letto, e gli sorrise, cercando di essere il più convincente possibile.
Logan annuì, anche se non sembrava molto sicuro.
"Ci parlerò io. Anzi vado proprio ora, lo metto al suo posto tranquillo."
Logan lo trattenne per un braccio.
"Non voglio che litighiate per me, non importa, davvero. Sono solo felice che non l'ha fatto perché sono gay, se è vero quello che dici."
Harry gli sorrise. Ma non poteva innamorarsi di lui invece del coglione di Colin?
Stava pensando a questo quando Logan arrossì e farfugliò qualcosa.
"Come scusa?"
Logan si toccò i capelli senza davvero spostarli, come se volesse lasciar nascosto il viso sotto quell'ammasso color cioccolato.
"Ho detto, prima che Evans mi picchiasse, io... io ti... si, insomma, ti stavo per baciare."
Harry gli spostò una ciocca dal viso, incitandolo a continuare.
"Beh, non ne abbiamo mai parlato, ma a te darebbe fastidio se ti baciassi dove qualcuno potrebbe vederci?"
Harry si convinse ancora di più del fatto che se si fosse innamorato di Logan sarebbe stato tutto più facile. Ma invece no, doveva amare l'unico ragazzo che prima faceva la vittima, poi lo rifiutava con delle buone ragioni e poi si faceva venire gli attacchi di gelosia.
A quel pensiero non poté sopprimere un sorriso. Colin era geloso di lui per questo aveva reagito in quel modo. Ben gli sta!
Anche se quel pensiero lo rendeva troppo felice, Colin l'avrebbe sentito al riguardo.
E in quel momento gli mancò il modo particolare in cui erano soliti far pace dopo le discussioni. Gli sembrava quasi un'altra vita.
Guardò Logan e si alzò dal letto.
"Non mi da fastidio, non ho intenzione di nascondermi, ma..."
"Ma non stiamo insieme, lo so. Neanch'io voglio una relazione seria, sono solo felice di poterti baciare quando mi pare."
Harry sorrise.
Logan rendeva tutto così semplice.
Ora doveva solo trovare Evans e dirgliene quattro.


La porta si spalancò.
Dovevano imparare a chiuderla a chiave.
"Evans sei il mio mito!"
Jason fulminò subito Luke.
"Che cazzo ci fai tu qui?"
Luke sorrise.
"Ho assistito al momento di gloria del tuo capitano e sono venuto a congratularmi con lui."
Jason scosse la testa, mentre Colin non riusciva a capire di cosa si stesse congratulando.
Luke guardò Jason seduto sul letto a gambe incrociate e Colin appoggiato alla tastiera del letto con il telefono in mano.
"Sapevo che saresti stato geloso, ma a prenderlo a calci, wow, un mito!"
Jason gli lanciò un cuscino in faccia.
"Ma sei coglione pure tu? Non che avessimo dubbi al riguardo, ma che cazzo!"
"Due parolacce, bravo Jason, stai crescendo bene." Lo beffeggiò accarezzandogli i capelli colorati.
Jason gli scacciò la mano stizzito, chiedendosi quando di preciso loro due fossero diventati così amici.
Colin guardò la scena divertito, per poi rabbuiarsi quando si ricordò che lui e Harry erano soliti chiamarli "bambini" quando si comportavano in quel modo.
Luke, ripreso un minimo di serietà disse:" Non dite ad Harry che sono fiero del piccolo Colin. Ma il fatto è che Logan è bello, simpatico, non fa tutti i drammi che facevi tu per un misero bacio in corridoio, ma beh, non è te. E il mondo sa che tu e Harry dovete stare insieme."
Jason era d'accordo con le parole di Luke, ma in quel momento il problema era un altro.
"Io non ci giurerei. Tra me e Harry è finita..."
Jason e Luke lo guardarono e scoppiarono a ridere.
"Valla a raccontare a qualcun altro, ok?"
"Colin se fosse davvero finita non avresti fatto quella scenata" disse Jason con dolcezza.
Colin a volte odiava quel tono che usava, gli parlava come se parlasse con un bambino, come se da un momento all'altro potesse rompersi. Ma lui era un uomo, non si sarebbe rotto. Non più.
"Io non sono pronto a tutto questo, ma a quanto pare non sono neanche pronto a vedere Harry con un altro."
Jason gli strinse una mano, e Luke lo guardò tristemente pensando che Colin e Cher erano davvero una coppia perfetta, due fifoni che si accontentano.
La porta si spalancò di nuovo. Dovevano assolutamente imparare a chiuderla a chiave.
La chioma scura di Harry entrò nel loro campo visivo, e i suoi occhi di ghiaccio si posarono su ogni persona della camera, soffermandosi un po' troppo sul biondino sul letto, e poi inchiodarsi sul corpo di Luke.
"Che ci fai qui?"
"Potrei farti la stessa domanda" sbuffò Luke.
Harry guardò Colin prima di dire: "Devo parlare con Evans."
Colin si morse il labbro inferiore, aveva davvero paura di quello che Harry potesse dirgli, non era pronto a sentire cose tipo- mi sto innamorando di Logan- No, non era assolutamente pronto, non voleva ascoltare.
Subito si alzò.
"Io non voglio parlare."
Detto questo si chiuse in bagno.
I tre rimasti nella stanza si guardarono per un attimo smarriti.
Colin era appena scappato mettendosi in trappola da solo.
Harry fu il primo a scattare in avanti a bussare alla porta.
"Evans apri la porta." Iniziò con tono diplomatico.
Jason si avvicinò e schiacciò l'orecchio sulla porta, ma non sentì nulla.
"Evans. Apri. La. Porta." Aveva detto addio al tono diplomatico, ma cercò di non alzare troppo la voce. Non voleva spaventarlo.
Luke spintonò via sia Harry che Jason e bussò.
"Colin apri, siamo tutti qui, nessuno vuole farti del male, non farci preoccupare."
In risposta Colin aprì l'acqua della doccia.
Dentro di sé scoppiò a ridere. Luke gli aveva assicurato che nessuno gli avrebbe fatto del male, ma sicuramente parlava del male fisico, mentre Colin era spaventato del male che si sarebbe addossato a quello che già provava se solo avesse ascoltato le parole di Harry.
Come poteva già essersi dimenticato di lui?
Sapeva bene di non poter aprire bocca al riguardo, aveva fatto tutto lui, ma faceva lo stesso dannatamente male tutto quello.

Al di fuori della porta del bagno Harry stava per perdere la pazienza.
Ma che diavolo stava succedendo a Colin? Prima picchiava un ragazzo e poi scappava da lui.
Jason si passò una mano tra i capelli.
"Forse è meglio se andate via."
"Non vado da nessuna parte!"
"Che cosa gli vuoi dire?"
Harry rise.
"Che voglio dirgli? Che deve star lontano da Logan, che non c'entra nulla, non può risolvere così i suoi problemi!"
Jason si lasciò cadere sul letto e Luke accanto a lui.
"Lui ti ama ancora..."
Harry rise ancora più forte, una risata così fredda che fece rabbrividire i due ragazzi seduti sul letto.
"Lui mi ama ancora? A parte che queste parole non hanno mai lasciato la sua bocca, e poi che ne dite di me? Io sono quello che si è umiliato per lui, quello che si è sottomesso a tutti i suoi capricci pur di starci insieme, e questo è quello che ottengo in cambio? Incontro un ragazzo carino, che non vuole né una relazione né nulla, vuole solo la possibilità di baciarmi quando gli pare, e devo anche guardarlo prendersi i calci dal coglione che si chiude in bagno per scappare da Dio solo sa cosa senza fare nulla?!
Non ci sto! Non me ne vado da qua fin quando non esce, fin quando non ne parliamo."
Luke e Jason non osarono dire nulla.
Harry aveva fottutamente ragione.
"Sapete la cosa che più odio in questo momento?" domandò Harry.
"Che io so che lui è geloso, perché conosco benissimo la sensazione, e ne sono felice. E non dovrei! Dovrei odiarlo perché ha picchiato un ragazzo meraviglioso, invece sono felice, perché l'ha fatto per me! Oddio... ma quando la smetterà di fottermi il cervello?!"
Si avvicinò alla porta e sbatté prepotentemente i pugni sul legno.
"Esci subito, Colin, prima che sfondo la porta. Te lo devo dire in faccia che devi smetterla di fottermi il cervello ok? Anzi, devi fare pace con il tuo di cervello, perché non ne posso più!"
In quel preciso momento la porta si aprì e uscì un Colin che in realtà non era Colin, era solo la sua ombra.
"Mi dispiace."
Harry avrebbe voluto dire tante cose in quel momento. Tipo "Ti odio" oppure "Stai lontano da Logan" o meglio "Stai alla larga da me e da Logan". Invece gli suonò solo un rumoroso schiaffo.
Jason e Luke scattarono in piedi, nessuno si aspettava una reazione simile, erano pronti a grida e lacrime, ma non a quello.
Colin con una mano gli fece segno di non avvicinarsi.
Quella era una cosa sua e di Harry.
E quello schiaffo se l'era meritato.
"Mi dispiace." Ripeté.
Aveva ascoltato tutto, Harry aveva gridato così tanto che la sua voce aveva sovrastato quella dello scorrere dell'acqua. Si sentiva in colpa, non poteva pretendere tutto questo. Harry meritava di andare avanti con la sua vita. Lui aveva deciso di uscirci, e così doveva essere.
"Chiederò scusa a Logan, non preoccuparti."
Harry annuì.
Si guardò la mano con cui aveva schiaffeggiato Colin. Ma che cazzo stava succedendo a tutti e due?
Si schiarì la gola prima di parlare, per paura che la sua voce potesse uscire tremante.
"Ho detto a Logan che l'hai fatto per la guerra tra le squadre perché credeva fossi omofobo."
Colin alzò di scatto la testa.
Harry nonostante tutto, l'aveva difeso con il suo nuovo amante? Amico? Conoscente? Non sapeva manco come definirlo. Fu solo contento che Harry si fosse preoccupato e che l'avesse protetto da una cattiva considerazione.
"Grazie" riuscì solo a dire.
Harry lo guardò con quei suoi occhi non più glaciali, e annuì piano.
"Beh allora manteniamo tutti questa versione, anche se non credo tutti ci crederanno" si intromise Jason.
Colin sorrise verso l'amico.
"Almeno è qualcosa."
Harry stava per andarsene, quando si fermò e chiese a Luke e Jason di aspettare un attimo fuori perché voleva dire un'ultima cosa a Colin.
Il cuore del biondino si fermò per un attimo a quella richiesta.
Rimasti soli Harry lo scrutò per bene. Non si sarebbe scusato per lo schiaffo, ma gli doveva dire quello che stava per succedere, anche solo per prepararlo ed evitare altre cose simili in futuro.
"Senti, quello che hai visto prima, io e Logan non stiamo insieme ma probabilmente ci vedrai baciarci o cose simili, e volevo dirtelo, tutto qui."
Colin ingoiò a vuoto.
Quando si erano lasciati pensava che non esistesse dolore peggiore di quello.
Si sbagliava.
Quella era il vero Inferno.
Vedere la persona che ami con un altro, e non avere la forza per riprendertelo perché sai che non puoi dargli quello che davvero meriterebbe.
E Harry ancora una volta si era rivelato superiore a tutta quella situazione avvertendolo per non farlo arrivare impreparato. Ma sapevano entrambi che quando quel momento sarebbe arrivato avrebbe fatto male come niente prima di allora.
Annuì piano.
"Quindi hai deciso di fare outing?"
Harry alzò le spalle.
"Chiamalo come vuoi, semplicemente non voglio nascondermi."
E Colin invidiò il suo coraggio.
"Come stanno Charlotte e Gwen?" chiese veramente interessato.
Harry sorrise, finalmente un vero sorriso.
"Bene, Gwen qualche volta chiede di te."
E Colin avrebbe voluto scusarsi per essergli entrato in quel pezzo di vita, perché non se l'era meritato davvero.
Stava per dire qualcosa quando sentì il suo telefono suonare.
Lo prese e vide che era Stephanie a chiamarlo, ma rifiutò la chiamata intenzionato a chiamarla più tardi.
Harry lo guardò ricordando le volte che rifiutava le chiamate di Cher perché erano impegnati in attività più ricreative.
"Se è Cher puoi rispondere, vado via, ormai non ho più nulla da fare qui."
E lo disse un po' apposta, per vedere la reazione del biondino, che non si fece attendere.
Subito abbassò lo sguardo mortificato, ma gli rispose lo stesso.
Si sentì di nuovo il telefono squillare e Colin lo staccò ancora mentre parlava.
"Non era Cher, era mia sorella."
E Harry notò quella piccola luce che si accendeva sempre nei suoi occhi quando si parlava delle sorelle.
"Potevi rispondere" e dicendolo si avvicinò alla porta.
Vide Colin accigliarsi sentendo il telefono squillare di nuovo.
"Pronto"
Vide solo il viso di Colin sbiancare.
"Steph calma non sto capendo niente."
Il telefono gli cadde di mano e Harry si avvicinò per prenderlo, e vide che la chiamata era ancora in corso.
Gli passò il telefono ma Colin era come su un altro pianeta.
Lo scosse un po' e gli appoggiò l'apparecchio all'orecchio.
Colin prese il telefono e disse solo: "Stai calma, arrivo subito."
Harry lo guardò preoccupato.
"Colin, che è successo?"
Il biondino disse solo poche parole, poche parole che lo fecero scattare fuori dalla porta gridando: "Prendo la macchina."
Mentre correva verso il parcheggio del campus, gli risuonavano ancora le parole di Colin in testa:
"Mio padre è a casa."


Luke e Jason scattarono in piedi sentendo la porta aprirsi e vedendo Harry uscire di corsa gridando: "Prendo la macchina."
Si guardarono stupiti.
Erano da due lati apposti dei corridoi, dovevano ancora fingere di odiarsi.
Loro erano solo amici e quella recita era faticosa, davvero non capivano come Harry e Colin la riuscissero ancora a portare avanti, anche se ormai non c'era quasi nulla da fingere.
Jason entrò velocemente in camera, seguito da Luke, per capire che cavolo stava accadendo, e trovarono Colin con le mani a tirarsi i capelli ripetendo tra sé: "Mio padre è a casa"
Jason capendo la situazione subito gli si avvicinò e lo abbracciò.
"Va tutto bene. Harry è andato a prendere la macchina, andiamo."
Luke pur non capendo nulla decise di seguirli.
Fuori già c'era Harry in auto e tutti e quattro salirono a bordo, incuranti della gente che poteva vederli.

Harry guidò il più velocemente possibile, ma la strada era lunga.
Colin era accanto a lui, con la testa appoggiata al finestrino guardando fuori e torturandosi le mani.
Senza pensarci catturò una mano nella sua per fermarlo.
"Andrà tutto bene."
Colin fissò per un po' le loro mani unite, e poi, guardandolo, gli sorrise.
"Grazie, per tutto."
Harry riportò la mano sul cambio e sorrise verso la strada.
"Avresti fatto lo stesso per me."
Colin annuì e si girò indietro.
Luke aveva la testa appoggiata al sedile dietro di sé e dormiva a bocca aperta, mentre Jason era appoggiato alla sua spalla dormiente, e probabilmente sbavandogli anche addosso.
Sorrise a quella visione.
Luke e Jason erano cane e gatto, ma così, appisolati e angelici, sembravano solo due amici troppo stanchi dopo un gioco durato tutto il pomeriggio.
Harry guardò dallo specchietto retrovisore, e anche lui sorrise a vedere quelle due pesti così pacate.
"Restano dei bambini."
E Colin senza neanche accorgersene rispose: "I nostri bambini."
Appena resosi conto di quello che davvero aveva detto, arrossì e tornò a guardare fuori perdendosi il sorrisetto impertinente di Harry.


Dopo quasi due ore, Harry aveva ignorato molti limiti di velocità, arrivarono a casa di Colin.
Harry riuscì a parcheggiare fuori la casa giusta, e subito Colin si catapultò fuori e corse in casa.
Non bussò e quando entrò si trovò davanti una strana scena.
C'era la madre all'in piedi vicino il camino, Daphne sul divano accanto a quell'uomo che una volta chiamava padre. Stephanie era sulla poltrona e Carol sul bracciolo.
Tutti si erano zittiti vedendolo apparire.
La madre si lasciò andare ad un sospiro sollevato. Carol e Steph lo guardarono grate per essere arrivato il prima possibile.
Daphne, invece, non lo guardò neanche.
Si sentì un tuffo al cuore. Perché Daphne era così distante ultimamente? Era stato distratto da tutti i casini con Harry e non aveva investigato su quello che succedeva alla sorellina.
Un motivo in più, nella sua lunga lista, per sentirsi in colpa.
Dietro di lui apparirono Luke, Jason, che gli appoggiò una mano sulla spalle, e Harry.
Daphne guardò Harry, e solo dopo guardò il fratello, per poi girare la testa di scatto verso le sorelle sulla poltrona scambiandosi un'occhiata.
Dio solo sa cosa avrebbe dato per sapere quello che le sorelle si dicevano con quelle lunghe occhiate.
"Ciao Colin, ti stavamo aspettando."
Colin si irrigidì sentendo quella voce. Una voce che avrebbe preferito non riascoltare mai più in vita sua.
"Colin" la madre si avvicinò e lo abbracciò stretto, regalando anche dei baci ai suoi amici e presentandosi con Luke.
"Che ci fai qui?"
L'uomo seduto sul divano sorrise.
"Non ci vediamo da anni e così mi saluti? Questa è l'educazione che ti ho dato?"
Colin stava per gettarglisi al collo e ucciderlo, ma poi si fermò. Lui non era come suo padre. Era migliore.
"Tu non mi hai dato nessuna educazione, per fortuna."
Il padre provò a rispondere, ma poi ci ripensò e sorrise.
Harry guardava quell'uomo dall'aspetto autoritario. Era seduto ma si poteva vedere bene quanto fosse alto e robusto, e l'unica cosa che gli facesse pensare che fosse imparentato con gli Evans erano i luminosi occhi verdi, induriti da qualcosa, sicuramente l'età, mentre i capelli erano neri come la pece.
Il padre di Colin era lì davanti a lui, e solo al ricordo di quello che gli aveva raccontato gli veniva voglia di prenderlo per quei quattro capelli che gli restavano e trascinarlo per tutta la città.
Si sentì improvvisamente a disagio, come se si fosse appena reso conto che quelle erano questione delicate, ma soprattutto familiari, quindi cercò di tirare gli altri in cucina, ma Colin li fermò. Aveva bisogno di loro lì, nel caso perdesse le staffe qualcuno doveva bloccarlo, e le sorelle erano troppo deboli per fermare la sua furia.
"Ti ho chiesto: che ci fai qui?"
La madre abbassò lo sguardo, come rassegnata.
Carol e Stephanie si guardarono colpevoli, ma fu Daphne a guardarlo dritto negli occhi, per la prima volta da quando era entrato, e rispondere:
"L'ho invitato io."




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