Capitolo 34

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Due giorni.
Erano passati due giorni dal disastroso risveglio in casa Montgomery ed erano due giorni che Harry non usciva dal suo appartamento nel centro di Londra.
Colin era preoccupato.
Harry non parlava, non rideva e non piangeva. Era sdraiato nel suo letto a dormire; quando riusciva, spendeva pochi minuti per mangiare quando gli veniva fame, o a guardare la TV se Colin la dimenticava accesa.
Per il resto non faceva nulla. Assolutamente e totalmente nulla.
Colin aveva provato a parlargli, a urlargli anche contro ad un certo punto, a chiedere aiuto a Luke e a Jason, ma nulla aveva scatenato qualche reazione.
L'unica cosa che poteva fare era stringerlo tra le sue braccia e baciargli i capelli che ormai puzzavano, visto che non si lavava nemmeno più. Ma a lui non importava. Harry si lasciava stringere e lui avrebbe continuato a farlo, anche se avesse deciso di non lavarsi per il resto dei suoi giorni.

Le grida vittoriose stavano sfondando le orecchie dei calciatori.
Jason prese nota di quel momento, in modo da non dire mai più di amare le folle calorose, soprattutto se non acclamavano la sua squadra.
"Che cazzo!" Mike scaraventò la bottiglia d'acqua a terra, che si aprì bagnando i piedi di Tom, che era talmente nervoso da non farci nemmeno caso.
"Ragazzi, calma! Abbiamo avuto tutti una settimana difficile, ci hanno distrutto il campo e non ci siamo allenati bene, per non parlare che manca il capitano. Una sconfitta non può che essere l'incentivo per fare sempre meglio. Siete una squadra unita e potete fare di più, ma non buttatevi giù. Il campo sarà pronto tra qualche giorno, così possiamo ricominciare con gli allenamenti. Nel frattempo prendetevi del tempo per voi e state calmi!" Il coach Cooper cercava di rallegrare gli animi, ma non stava facendo un buon lavoro se gli sguardi di fuoco tra Jimmy e Bill erano di qualche indicazione.
Avevano perso la partita.
Nessuno era sorpreso per quello, erano nervosi sì, ma la rabbia era generata da altro.
Ancora non scoprivano chi era stato a distruggere il campo, molti sospettavano ancora di Jimmy e questo non faceva bene alla tranquillità della squadra. Erano tutti preoccupati per Colin che non si faceva vedere da giorni, e Jason, sapendo bene il motivo della sua assenza, era tormentato più degli altri.
Stava pensando a questo mentre tornava nella sua camera, sapendo di trovarla vuota, quando sentì il suo cellulare squillare e si accese in un sorriso quando apparve sullo schermo il nome di Carol seguito da una sua buffissima foto con le guance gonfie d'aria e gli occhi incrociati.
Rispose mettendo da parte le sue preoccupazioni e dedicandosi alla sua bellissima fidanzata.
Era difficile non poterle raccontare tutto, ma da una parte lo preferiva, perché almeno quando parlava con lei poteva fingere che andasse tutto bene, e ne aveva disperatamente bisogno.
"Daphne pensava di venire a qualche vostra partita" Jason rise, capendo che l'idea non era affatto della gemella.
"Quelle di dicembre sono interessanti, e ci servirebbe davvero del tifo in più" la incoraggiò il ragazzo.
"Dicembre? Ma mancano quasi due mesi!" protestò Carol, dall'altro lato del telefono.
"Prima saremo io e Colin a venire da voi!" rispose allegro ricevendo in cambio un urlo felice.
Carol non si poteva definire 'dolce', ma spesso metteva da parte la sua vena acida per parlare con Jason, e forse questa era la prova dei suoi veri sentimenti.
Stava cercando le chiavi della camera con una mano, mentre con l'altra teneva il borsone tenendo il telefono incastrato tra spalla e orecchio, e in tutto questo aveva la forza di sorridere ai suoi stessi pensieri.
"Allora è questa la tua faccia da imbecille innamorato?"
E chi poteva essere se non Luke?!
"Scusa, Carol, ma Luke è appena arrivato a dare fastidio, ci sentiamo dopo, va bene?" e dopo un'infinità di baci virtuali e promesse di sentirsi il prima possibile, Jason staccò e trovò improvvisamente le chiavi.
Uno scappellotto lo colpì alla base della nuca.
"Io non do mai fastidio!" mise un finto broncio il cestista.
Jason rise aprendo la porta e invitandolo ad entrare.
"Novità sul fronte Harry o sul fronte campo?" chiese appena appoggiò il borsone accanto al letto.
"Nulla, Harry sta come sta e il campo sembra essere stato distrutto dai fantasmi." Sbuffò.
Jason si buttò a peso morto sul letto.
"Abbiamo perso." Ammise amareggiato.
Luke, se solo fosse stato qualche mese prima, avrebbe usato quella sconfitta come strumento per umiliare e rendere un inferno la vita della squadra di calcio, ma in quel momento si avvicinò al letto e diede una pacca sulla spalla al ragazzo.
"Andrà meglio la prossima volta, lo sai anche tu." Provò a consolarlo.
Jason sorrise e affondò la faccia nel cuscino.
"Ora ho sonno, quando te ne vai chiudi la porta."
Ma Luke non era dello stesso avviso e si sdraiò sul letto vuoto di Colin.
"Cher non mi parla. Prima dice di amarmi e poi non mi parla."
Jason aprì gli occhi e lo guardò assorto.
"Non l'ha ammesso di sua spontanea volontà, forse ha solo bisogno di tempo."
Luke strinse i pugni e sbuffò rumorosamente: "Mi sono solo rotto le palle di aspettare."
Ed era vero. Aspettava da quando aveva sedici anni, e cosa ne aveva ricavato? Un bel niente.
Cher diceva di amarlo, ma cosa se ne faceva del suo amore se non era disposta a provarci davvero?
Si era stancato. Davvero stancato di attendere a vuoto.

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