CAPITOLO VIII

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Margaret si guardò di nuovo allo specchio. Notò immediatamente gli occhi stanchi, le occhiaie e le guance rosse come il fuoco, tuttavia si stupì che, con quelle due ciocche ondulate che le incorniciavano il viso, non stava affatto male.

Ricordò quando, qualche anno prima, mentre ancora andava a scuola, si era tagliata i capelli. O meglio, doveva essere una semplice spuntata, ma la madre aveva sbagliato un passaggio, costringendo poi a rimediare tagliando molto di più.

La ragazza rammentò che aveva pianto per il dispiacere. Erano così lunghi, i suoi capelli! Una cascata color cioccolato, piena di riflessi, che copriva l'intera schiena. Almeno le si erano allungati, e oggi erano pressoché l'unica cosa che le piaceva di se stessa.

Margaret era sempre stata una ragazza poco sicura, timida e introversa; non amava farsi notare né osservare, anzi, preferiva sgattaiolare via indisturbata se intuiva che poteva, in qualche modo, attirare l'attenzione. Per questo non aveva scelto di lavorare come cameriera, ma solo come aiutante in cucina, e il semplice fatto di aver già, per ben due volte, dovuto fare proprio ciò che in partenza avrebbe voluto evitare, la infastidiva parecchio.

Aveva preso questo lato del suo carattere dalla madre Agnes, una donna pacata e comprensiva, che sapeva sorridere sempre, anche nei momenti peggiori.

Tuttavia negli ultimi tempi, rifletté la ragazza, era piuttosto nervosa e chiusa, preoccupata, e sapeva bene per che cosa; era in ansia anche lei. Ormai suo padre Antony stava diffondendo troppo le sue idee e stava istigando la gente a sollevarsi. In teoria non doveva esortare alla rivoluzione, ma la ragazza iniziava a sospettare che già, fin da subito, le intenzioni del padre erano state proprio quelle.

Insorgere per ribellarsi contro i padroni delle fabbriche che sfruttavano senza scrupoli i poveri operai: questo era il suo obiettivo. Una lotta che stava andando avanti da secoli, ma che ancora non aveva ottenuto pressoché alcun risultato. Certo, si viveva meglio di un tempo; ora c'erano il telefono, il cinematografo, qualche automobile..., ma le condizioni dei lavoratori erano sempre le medesime, per quanto si insorgesse o si fosse insorti. Non capiva, lui, che era tutto inutile? La storia stessa lo insegnava, e Margaret non capiva davvero perché bisognasse tanto smuoversi per uno scopo simile, soprattutto sapendo che le conseguenze potevano essere disastrose.

Il padre era stato sempre un po' fuori dagli schemi, pensò ancora, ma non fino a quel punto! Era un uomo alto e robusto, dalle mani che, anche se forti e ruvide dal lavoro, sapevano accarezzare; un uomo senza paure, senza riserve, quello che ognuno vedeva in lui, quello era; un uomo umile, leale e buono, ma che ultimamente aveva fatto propria una battaglia che lo aveva cambiato.

Diceva che era stato il padre, il nonno di Margaret, ad aprirgli gli occhi; era infatti morto da poco, e Antony sosteneva che gli aveva chiesto di giurare che la lotta per la quale lui si era tanto affaticato la portasse a termine lui.

Margaret capiva che il desiderio ultimo del nonno, in punto di morte, era stata una cosa importantissima per il padre, ma ancora non comprendeva come lui avesse accettato di giurare e portare avanti quella follia.

Perché di follia, si trattava; semplice follia.

Si massaggiò le tempie e prese un respiro profondo per calmare i nervi.

Quel problema la aveva portata a riflettere anche su se stessa, e sulla sua vita. Appena aveva iniziato a ragionare con la propria testa, lei stessa si era resa conto che la sua esistenza era già segnata prima ancora di venire alla luce. Con una madre casalinga, un padre operaio in fabbrica e una casa in un paese arretrato, quale sarebbe stato il suo destino, se non vivere e morire in quel posto?

Una vita priva di novità, questo era quello che si aspettava e al quale si era rassegnata, fin da subito. Prima la scuola, poi, a quindici anni, il lavoro.

Ci sono sempre stataDove le storie prendono vita. Scoprilo ora